La necropoli rupestre di Norchia, dove due tombe etrusche sono crollate nel dicembre scorso. Cerveteri, dove l’acqua piovana ha allagato gran parte delle antiche sepolture. E Tarquinia, dove i nuovi impianti elettrici sono terminati, ma mancano i soldi per le lampadine che ifiuminino i dipinti. Viaggio in Etruria, dopo l’sos della Soprintendenza al ministro per i Beni culturali Rutelli.
E allarme anche per Tarquinia e Cerveteri.
Dieci anni fa i turisti erano 120 mila, oggi arrivano a stento a 70 mila, colpa anche dello stato di conservazione dei luoghi Per descrivere Norchia le guide fanno ricorso all’iperbole delle iperboli: «La più bella necropoli rupestre del mondo», scrivono.
Il luogo, come lo defini George Dennis, «più suggestivo nell’arco dei cimiteri etruschi».
E di posti così se ne intendeva Sir Dennis, diplomatico inglese e gran studioso di antichità che nell’Ottocento attraversò la Tuscia per scrivere il celebre The Cities and Cemeteries of Etruria.
A quei tempi Norchia non era luogo facile da attraversare. E non lo è oggi, con le aspre scoscese che precipitano a valle, dove il torrente Biedano attraversa una vege tazione fittissima, zone impervie e fossi al di qua dell’antico tracciato della via Clodia.
Da qui può iniziare il viaggio all’interno di un’Etruria avvilita e abbandonata a se stessa, di cui i funzionari della soprintendenza competente per l’etruscologia hanno parlato in un appello al ministro dei Beni Culturali Rutelli. Un grido d’allarme di cui il Corriere ha dato notizia domenica scorsa. Norchia è solo una delle emergenze segnalate in quest’ennesimo s.o.s: ed è un posto pazzesco a pochi chilometri da Roma, sulla strada che da Vetralla va a Monte Romano. Luogo bello e selvaggio, Norchia. Forse troppo. Dove l’assenza di manutenzione, dove gli interventi a singhiozzo, dove la mancanza di finanziamenti strutturali, soprattutto negli ultimi anni, stanno provocando danni visibifi. «Le tombe crollano – conferma il custode che vi guida a valle – una è venuta giù lo scorso dicembre, l’altra un mese dopo. Guardi quegli enormi massi, sono caduti all’improviso, e nessuno è intervenuto. Ci vorrebbero tanti soldi, ma non c’è una lira».
E Norchia – sulla quale ricadono competenze varie (Comune, Provincia di Viterbo, Regione e ministero per la parte archeologica) – sta morendo in solitudine. Con le tombe più famose (le spettacolari sepolture a tempio) irraggiungibili, col ponticello sul torrente che ha le assi marce (»Cammini al centro – il consiglio – dove il rinforzo in ferro»), con la segnaletica che non esiste o, per paradosso, esiste due volte, con identici testi di spiegazione: «Perché anni fa ci fu l’appalto per nuovi cartelli, ma non l’appalto per togliere i vecchi».
E se queste tombe scavate nel tufo agonizzano, le cose non vanno meglio né a Tarquinia, né a Cerveteri, dove dieci anni fa i turisti erano 120 mila. E oggi 70 mila, nonostante la fama dell’area tra la necropoli della Banditaccia e dintorni, altro scenario etrusco famoso nel mondo. Il motivo, forse, sta anche nello stato di conservazione dei luoghi.
A Cerveteri c’è una parte di necropoli che ha usufruito di fondi regionali e comunali, dove le cose volgono al meglio: con due cooperative che se ne occupano e dove c’è anche un trenino che non sarà il massimo dell’eleganza, ma che fa del suo portando in giro i turisti in un’area assai vasta.
L’altra parte invece, quella su cui sovrintende unicamente il ministero, sta lì, con scale fuori norma e gran parte delle tombe inaccessibili perché totalmente invase dall’acqua piovana: «Un tempo si chiamava la ditta che asportava l’acqua. Ora non si può più fare». E per mancanza di fondi non si fanno neanche altri interventi di manutenzione: le crepe aumentano ogni giorno, i croffi non sono un’eccezione, vegetazione e radici invadono i grandi tumuli fino a ricoprirli, un tratto di percorso di cento metri è chiuso da dieci amai pr una frana. E sempre qui, un mese fa, operai al lavoro sul sistema antincendio (quello è stato completato) si sono intossicati per via della processionaria che sta decimando le alberature.
E annaspa anche Tarquinia, per gli stessi problemi. Qui però è da poco terminato l’intervento con speciali porte trasparenti a tenuta stagna che permettono di osservare i dipinti delle tombe attraverso un vetro. Il sistema elettrico è stato rinnovato. Ma le tombe (chiuse in gran parte) restano al buio: «Non ci sono i soldi per comprare le lampadine».
Fonte: Corriere della Sera 21/07/2006
Autore: Edoardo Sassi
Cronologia: Arch. Italica