Una domus patrizia sotto l’Arco dei Gavi. Ieri la soprintendente ai beni archeologici, Giuliana Cavalieri Manasse, ha compiuto un sopralluogo al cantiere dove si sta scavando un fossato profondo due metri e mezzo intorno al monumento per proteggerlo da vandali e imbrattatori. Durante i lavori, nei giorni scorsi, erano emersi elementi archeologici di un certo interesse.
«La soprintendente, durante la sua visita al cantiere», fa sapere l’assessore ai lavori pubblici Vittorio Di Dio, «ha ipotizzato che i resti, che si trovano tre metri sotto il piano stradale, risalgano a un’abitazione di epoca romana, appartenente ad una famiglia di una certa importanza considerato lo spessore dei muri e il fatto che si affacci sull’Adige. Tutto fa ritenere», sottolinea Di Dio, «che il ritrovamento sia di un certo rilievo. Ora si tratta di decidere come e quanto estendere gli scavi. Una volta ultimati potremmo coprire i reperti con una vetrata per permettere a tutti di ammirarli».
Ad aggiungere interesse alla scoperta, inoltre, è il fatto che gli scavi hanno portato alla luce il brandello di un mosaico, dettaglio che avvalora la tesi che era un’antica casa patrizia. Si potrebbe perfino trattare, e se fosse così il ritrovamento sarebbe eccezionale, della dimora di quella «gens Gavia», una delle famiglie più influenti della Verona romana, per celebrare la quale sulla via Postumia fu costruito l’Arco.
«Il mosaico, di cui ora è visibile solo una piccolissima parte», continua l’assessore, «secondo i primi rilievi si dovrebbe estendere nella zona sottostante due alberi». L’assessorato nei prossimi giorni invierà alla soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici, Gianna Gaudini, il permesso di «spostare» le due piante.
La scoperta, quindi, potrebbe riservare sorprese molto interessanti. I reperti furono rilevati una prima volta, in modo sommario, nel 1932, quando il monumento, che era stato demolito e spostato negli arcovoli dell’Arena, venne ricostruito nell’attuale sito, l’area verde affacciata sull’Adige sul lato destro di Castelvecchio. «Ma lo scavo venne coperto e non venne stilata nessuna documentazione dettagliata», afferma Di Dio, «quindi adesso non ci resta che andare a vedere».
L’Arco, eretto intorno la metà del I secolo d.C., è opera dell’architetto Lucio Vitruvio Cerdone. In origine era posto sulla via Postumia, nella zona vicina alla Torre dell’orologio di Castelvecchio. Nel 1805, durante l’occupazione napoleonica, il monumento fu demolito perché d’intralcio al movimento delle truppe.
Ad aggiungere interesse alla scoperta, inoltre, è il fatto che gli scavi hanno portato alla luce il brandello di un mosaico, dettaglio che avvalora la tesi che era un’antica casa patrizia. Si potrebbe perfino trattare, e se fosse così il ritrovamento sarebbe eccezionale, della dimora di quella «gens Gavia», una delle famiglie più influenti della Verona romana, per celebrare la quale sulla via Postumia fu costruito l’Arco.
«Il mosaico, di cui ora è visibile solo una piccolissima parte», continua l’assessore, «secondo i primi rilievi si dovrebbe estendere nella zona sottostante due alberi». L’assessorato nei prossimi giorni invierà alla soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici, Gianna Gaudini, il permesso di «spostare» le due piante.
La scoperta, quindi, potrebbe riservare sorprese molto interessanti. I reperti furono rilevati una prima volta, in modo sommario, nel 1932, quando il monumento, che era stato demolito e spostato negli arcovoli dell’Arena, venne ricostruito nell’attuale sito, l’area verde affacciata sull’Adige sul lato destro di Castelvecchio. «Ma lo scavo venne coperto e non venne stilata nessuna documentazione dettagliata», afferma Di Dio, «quindi adesso non ci resta che andare a vedere».
L’Arco, eretto intorno la metà del I secolo d.C., è opera dell’architetto Lucio Vitruvio Cerdone. In origine era posto sulla via Postumia, nella zona vicina alla Torre dell’orologio di Castelvecchio. Nel 1805, durante l’occupazione napoleonica, il monumento fu demolito perché d’intralcio al movimento delle truppe.
Autore: Enrico Santi
Fonte: L’Arena.it, 14 luglio 2011