Di scoprirlo, recuperarlo, portarlo alla luce e, soprattutto, valorizzarlo, si parlava da decenni. Adesso l’operazione è partita: l’anfiteatro di Vercelli sarà una delle attrattive della città nei prossimi anni e secoli.
L’annuncio è stato dato dal sindaco Andrea Corsaro durante il convegno di ieri mattina sulla via Francigena al Salone Dugentesco. Aspettavano tutti l’ex ministro Buttiglione e la Bresso, è invece arrivato il sindaco in compagnia dell’architetto direttore della Soprintendenza ai Beni architettonici del Piemonte Giuseppina Spagnolo: da poco meno di due anni la Soprintendenza stava monitorando una vasta area tra viale Rimembranza via Massaua, corso De Rege e corso Salamano per riportare in luce l’anfiteatro, e nell’ultimo mese si è partiti con gli scavi.
«Quello che è già riemerso – ha detto il sindaco – ci ha lasciati senza parole». Aggiunge l’architetto Spagnolo, che ha aperto e sta dirigendo il cantiere: «Si tratta di uno dei più grandi e importanti anfiteatri romani. Ha un’ellisse di circa 130 metri, 50 in più rispetto a quello di Verona. Per restare in Piemonte, è grande come quello di Pollenzo, ma è assai più monumentale. Penso che appartenga alla classica età Flavia e che quindi sia catalogabile fra la fine del I secolo e la metà del II. L’imponenza di questo anfiteatro, i materiali con cui è stato realizzato, riaffermano l’opulenza di Vercelli nell’era romana».
Dopo l’annuncio dato all’assemblea, Corsaro, la Spagnolo e l’assessore ai Lavori pubblici Roberto Scheda sono andati a visitare il cantiere.
Si entra da un cancello da viale Rimembranza, appena sopra la roggia Molinara, e si percorre un tratto di prato e di orti. Oltrepassata una passerella, ecco l’anfiteatro: già la «precintia» esterna è enorme, si vedono i muri radiali e gli scavi presentano tracce di sepolture medievali. Corsaro e Scheda hanno rilevato come sia stata dunque felice la scelta di inserire quest’area in quelle «strategiche» del nuovo piano regolatore.
In tal modo, trattando con i proprietari dei terreni, il Comune potrà a poco a poco acquisire l’intera area e recuperare l’anfiteatro ovviamente con la Soprintendenza e l’appoggio della Regione, di altri enti locali (alla Provincia è già stato chiesto esplicitamente) e delle Fondazioni bancarie.
Che l’area in questione ricopra i resti di un grande anfiteatro, era cosa nota almeno sin dal 1560, all’epoca dell’ampliamento della cittadella ordinato dal duca Emanuele Filiberto, quando erano stati visti «i fondamenti di un amplissimo anfiteatro».
Poco più di un secolo dopo, nel 1682, un manoscritto documenta la presenza nella zona di ruderi imponenti; nel 1713 su un disegno stampato a Padova compare una struttura in pianta a forma circolare, tangente il fossato delle mura, a Ovest della città; ne ha trattato padre Luigi Bruzza, e anche Vittorio Viale torna sull’argomento ricordando che nel 1928 vennero scoperti due dei muri radiali eretti a sostegno delle volte sulle quali poggiavano le gradinate; e le testate sulle quali poggia la passerella che si vede da viale Rimembranza altro non sarebbero che tratti del muro del monumento. Giuseppe Bo ne ha parlato diffusamente in un suo recente libro; ricerche dei fratelli Dario e Daniele Gaviglio hanno fotografato resti delle strutture murarie formate da ciottoli di fiume disposti ordinatamente in modo parallelo e intervallati da due file di mattoni sesquipedali; una fotografia aerea agli infrarossi, scattata sempre dai Gaviglio, documenta un’area ellittica di grandi dimensioni, con l’asse maggiore in direzione Est-Ovest tra viale Rimembranza e corso Salamano.
Fonte: La Stampa 09/07/2006
Autore: Walter Camurati
Cronologia: Arch. Romana