“Il continuo sviluppo, gli impatti dei cambiamenti climatici e del turismo di massa rischiano di provocare cambiamenti irreversibili all’eccezionale valore universale di Venezia“, ha dichiarato seccamente il World Heritage Centre dell’Unesco. Che ha raccomandato anche di effettuare “la sua iscrizione nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità in pericolo“. Un pesante monito, che l’agenzia dell’Onu spera funzioni da spinta per una diversa gestione della secolare città sull’acqua.
Questa non è la prima volta che Venezia rischia di finire nella “lista nera” dell’Unesco: già due anni fa era stato lanciato un allarme, poi rientrato. Le misure adottate da allora per combattere il deterioramento sono però “insufficienti” per il World Heritage Centre, perché non bastano a contrastare la massa di turisti giornalieri e le frequentissime acque alte (anche influenzate dall’innalzamento del mare Adriatico), che rischiano di compromettere in toto l’integrità del sito. Non solo: a scopo estetico e storico, anche gli edifici alti avrebbero, secondo l’agenzia internazionale, “un notevole impatto visuale negativo” sul centro, e dovrebbero essere costruiti molto più lontano.
Contrastanti le reazioni italiane: “Che l’Unesco possa decidere sull’inserimento di Venezia nella black list, non posso che interpretarlo come la stigmatizzazione di un fallimento perché ci troviamo di fronte a una serie di problemi che via via si stanno aggravando e che finora non sono stati affrontati affatto“, ha commentato Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. “Pensiamo al turismo e all’uso sconsiderato di Venezia da parte di chi, proprio grazie a questo tipo di turismo, si sta arricchendo. O al tema della residenzialità, fortemente condizionata da una destinazione d’uso degli appartamenti legata al soggiorno breve. Elemento che dice tanto di una città che ha svenduto se stessa“.
Di tutt’altro parere la scena veneziana: Salvatore Pisani, presidente di Confindustria-Turismo Veneto Est, ha polemicamente invitato l’Unesco a “dare una mano alla salvaguardia della città“, aggiungendo che “Venezia sta già facendo tanto, è già molto avanti rispetto ad altre città con problemi simili, e si vedono i primi risultati“.
Amareggiato anche il sovrintendente del Teatro La Fenice, Fortunato Ortombina, che ha aggiunto: “Onestamente dispiace che l’Unesco giunga a certe conclusioni più che altro per una questione di immagine. Se il timore per la città è quello statico, personalmente non penso che il flusso dei turisti metta in serio pericolo Venezia“. Ortombina ha chiosato però con una nota più propositiva: “Forse dovremmo chiederci un po’ tutti cosa potremmo fare in più, perché risorse e potenzialità non mancano“.
Gli esperti del WHC ritengono tuttavia che Venezia, entrata nel Patrimonio Universale dei Beni Culturali nel 1987, si trovi oggi di fronte a un “rischio reale” di alterazione permanente, da cui la raccomandazione di iscrivere la città lagunare nella lista dei beni in pericolo, dove affiancherebbe siti come Cirene (in Siria), Assur (in Iraq) e la città vecchia di Gerusalemme. Nonostante il parere sia per il momento indicativo, dall’agenzia hanno precisato, severamente, che la risoluzione dei problemi di mantenimento della città è sistematicamente “ostacolata dall’assenza di una visione strategica comune globale” e da una “scarsa efficacia e coordinamento” tra le autorità locali e nazionali. Ora saranno gli Stati Membri a decidere, alla prossima riunione fissata a Ryad per il 10-25 settembre, se Venezia entrerà davvero in questa lista.
Autore: Giulia Giaume
Fonte: www.artribune.com, 2 ago 2023