In alcune aree l’erba è alta più di un metro. Poi ci sono le zone off limits, dove la vegetazione è talmente fitta da essere impenetrabile. La caccia ai tesori archeologici di Elea-Velia, patria dei filosofi Parmenide e Zenone, è solo per autentici Indiana Jones, appassionati che non si fermano di fronte alla vegetazione che avvolge i monumenti.
È un patrimonio storico di incalcolabile valore quello che si incontra ad Ascea Marina. Un sito straordinario, ma anche una risorsa turistica e occupazionale, puntualmente sprecata, perché abbandonata al proprio destino. Ecco il vero volto quotidiano di Velia, l’antica città della Magna Grecia, simbolo della nostra cultura nel mondo, come appare un giorno qualsiasi a un anonimo visitatore.
Una realtà che cancella l’aurea ufficialità dei mille progetti ministeriali annunciati negli anni, delle ricche sponsorizzazioni promesse e mai viste. Un cortocircuito dovuto ai tagli alla cultura, ai fondi zero alle sovrintendenze costrette ai salti mortali per tutelare i beni. Le erbacce sono dovunque nelle insulae del quartiere meridionale e nelle terme.
“Li vede quei cespugli?”, spiega una guida ad alcuni turisti arrivati dalla Germania per visitare la città di Parmenide.
“Lì c’è un pozzo ma non ho mai avuto il piacere di vederlo, perché quella zona è da sempre coperta dai cespugli”.
Qui, per chi è di casa, vedere l’erba alta è quasi normale. Ma non per il sindaco Mario Rizzo che ha più volte chiesto negli anni un intervento straordinario per salvare e tutelare questo patrimonio.
“Come Amministrazione abbiamo fatto tutto il possibile tenendo conto delle ristrettezze economiche di un piccolo Comune – mette in chiaro il primo cittadino – Ogni anno assicuriamo oltre 200 giorni di lavoro all’interno dell’area archeologica per sistemazione e pulizia del sito. Ma purtroppo non bastano”.
Poi il sindaco diventa serio in volto. “Il vero problema – alza la voce – è che Velia viene considerata un patrimonio unicamente del Comune di Ascea quando in realtà è un attrattore turistico per l’intero Cilento. Qualche anno fa chiesi aiuto ai sindaci del Parco, sarebbero bastate due giornate di lavoro all’anno per ogni Comune per ridare dignità al sito. Purtroppo solo un sindaco rispose all’appello”.
E allora si resta da soli, a proteggere un simbolo della Magna Grecia. “Organizziamo spesso delle giornate di pulizia dell’area archeologica – continua il sindaco – l’ultima il mese di giugno scorso quando abbiamo portato alla luce importanti testimonianze che giacevano da anni sotto la vegetazione”.
E’ stata liberata dai rovi l’Acropoli dell’antica città di Elea/Velia (540 avanti Cristo) e nel quartiere delle terrazze è tornata alla luce la “bottega dei capitelli”.
“E mentre si procedeva alla pulizia con i decespugliatori – aggiunge Rizzo – sono stati rinvenuti anche alcuni capitelli dorici posti dinanzi ad un muro eseguito con una tecnica molto particolare definita tecnica velina”.
Da quel giorno purtroppo l’erba continua a crescere in un parco archeologico che fa i conti con la crisi.
Fonte: Repubblica, 13 ago 2013