Un grande libro in casa Electa Edizioni di Milano, Alle Radici d’Europa del Prof. Umberto Sansoni del Centro Camuno di Studi Preistorici sull’arte rupestre della Valcamonica, in tutti i sensi, anche nella sua mole imponente, che ben ne rappresenta l’insieme complesso dei contenuti. Un libro indispensabile per ogni studioso e/o ricercatore di diverso ambito, tanto versatile nella sua ultra multidisciplinareità: una efficiente polymathia che colma esurientemente ed impeccabilmente tanto le necessità dell’archeologo, tanto quelle dell’antropologo, dello storico dell’arte, anche del linguista, di chi in senso generale e fino al più preciso particolare voglia soddisfare la sete di conoscenza sul tema preistorico prettamente italiano ma in un’enucleazione sinottica all’interno di un più ampio quadro europeo.
Quel che subito si comprende dalla lettura di questo grande libro, quale summa del lungo e fruttuoso lavoro di ricerca del Professor Umberto Sansoni nel Centro Camuno di Studi Preistorici della Valcamonica, che lo ha coinvolto per molti anni in imprese memorabili in varie parti del mondo (non solo in ambito alpino), è il reale senso di ciò che può e deve (soprattutto) essere definito ‘’Storia’’: il totale assorbimento semantemico della parola, dal verbo greco historein ‘’graffire, lasciare una traccia’’, lasciare un segno insomma, della propria presenza, del proprio esistere su questa Terra. A questo punto tutto cambia: ‘’Storia’’ non è soltanto quel testo letto sui libri afferente ad eventi umani descritti in modo metodico, seguendo quegli schemi narrativi ed impostazioni sintattiche invalsi in epoche che, sebbene antiche, sono però molto vicine, più familiari, alla nostra, e che dunque presuppongono già un certo avanzamento nell’uso (evoluzione) sempre più costante di un sistema di scrittura in una determinata civiltà affermatasi in un preciso territorio; in questo senso, invece, la sua accezione primigenia non è più eccezione ed essa nuovamente si afferma, anche con molta forza, facendoci riscoprire il nostro più oscuro passato, facendoci guadare quell’alveo misterioso ove risiede la sua vera origine, quel tempo in cui i nostri più remoti progenitori (dell’Italia e dell’Europa) sentivano l’esigenza, così come noi adesso, di immortalare le proprie volontà ed i propri sentimenti, di annoverare le proprie gesta e le proprie conoscenze, di comunicare quanto già vissuto e quanto presagivano dai segni del tempo che, ahimè, scorre inesorabile ed impetuoso.
La Storia è il segno dell’uomo: è un atto di volontà che imprime sulla materia non viva la vita propria attraverso quel segno che ne diviene simbolo della vita stessa, così che il simbolo trascenda la corrente impetuosa ed inesorabile del tempo, attraversando generazioni, epoche e persino ere, proprio come quelli della Valcamonica che sono giunti sino a noi una volta impressi sulla fredda roccia dai nostri lontani progenitori con quel grande calore della loro fulgida mente e del loro ardente cuore.
Questo libro monumentale è un viaggio pertanto nella vera ‘’Storia’’ dell’Europa, che parte dalla fine del Paleolitico superiore (o Epipaleolitico) e giunge fino all’età odierna. L’arte rupestre della Valcamonica ebbe già il riconoscimento da parte dell’Unesco nel 1979, ben più di quaranta anni fa, a partire dalla prima segnalazione nel 1909, ed anche dalla fondazione del Centro Camuno di Studi Preistorici, nel 1964.
Per l’illustre Professore Umberto Sansoni sono stati decenni di intensa ricerca, di grandi scoperte e confronti, in un Centro divenuto crocevia di studenti e colleghi provenienti dai cinque continenti, un punto di riferimento e scuola dei cultori della rock art di ogni nazionalità. Ciò ha coinvolto il nostro Professore in svariate missioni e studi in ogni dove, basta leggere le sue parole, preziose: «… con ogni dove abbiamo avuto scambi e confronti, convinti che solo una buona conoscenza dei siti altri, prossimi e lontani, potesse permetterci di meglio comprendere il nostro, di delinearlo in un quadro complessivo del fenomeno».
Finora sono venute alla luce oltre 300.000 immagini scolpite sulla roccia di questo settore alpino, metà delle quali di tipo simbolico e figurativo. Il complesso della Valcamonica e della Valtellina si presenta quale una delle più grandi concentrazioni di arte rupestre del pianeta, senz’altro la maggiore in Europa. Ma ciò che più stupisce è che ‘’qui e solo qui’’ -come dice il Professore-, nel nostro continente, vi è un continuum culturale di dieci millenni: dall’Epipaleolitico e Mesolitico, dunque a partire dal VII-VI millennio a.C. (o 9.000-8.000 anni dal nostro presente), passando, anche in progressione numerica delle incisioni, nelle epoche successive; al Neolitico, tra V e IV millennio a.C., alle età dei metalli, quelle in cui il fenomeno incisorio raggiunse il suo culmine, tra XIII e VI sec. a.C.; proseguendo così fino al Medioevo ed alla nostra.
Tutte queste tappe sono state dettagliatamente descritte nel corposo libro: ogni capitolo è dedicato ad un’epoca, sempre con i dovuti rimandi alle altre aree d’Europa interessate dal fenomeno rock art. Altra cosa molto interessante è che le rocce di questo contesto presentano immagini di più cicli culturali, sovrapposte e/o affiancate le une alle altre ‘’sulle stesse pagine di pietra’’ … ‘’immagini di mondi così diversi tra loro che sembrano avere in comune la sola tradizione di istoriare le rocce con una forte motivazione cultuale, continuamente rinnovata, facilmente richiamata dal più antico segno inalterabile, e dalla magia dei riti e dei luoghi’’ (sono sempre le parole del Professore a scavare nelle nostre menti, a lasciare traccia indelebile, ossia ‘’Storia’’).
Nel quadro descrittivo circa la disamina sulle teorie relative alle origini del fenomeno, così come al tema riguardante le venute delle genti indoeuropee, in particolare riferimento a quest’ambito territoriale alpino (così come evincesi dalle stesse immagini scolpite della Valcamonica e dintorni), si tiene gran conto del lavoro pionieristico dei primi scopritori del ‘900, quali Laeng, Marro, Battaglia, l’intramontabile Atheim accompagnato dalla Trautmann, Kerényi, Bonafini, Graziosi, ovvero quelli che hanno gettato le basi, aperto interessi e prospettive; così come il lavoro di E. Anati (che tra l’altro ha prefazionato il libro), pluridisciplinare e che ha inaugurato quel percorso di confronto ai quattro angoli del mondo.
Nella più peculiare tematica indoeuropea, circa le aree d’origine delle grandi migrazioni, lo studio passa mirabilmente in rassegna le principali teorie ancora forti negli ambienti di studio odierni, ma con una lungimirante apertura alle nuove proposizioni, come dimostra l’introduzione ai lettori anche della mia teoria circa il continuum areale e la continuitas temporale dell’Urheimat paleolitica settentrionale indoeuropea, qui concessa al Professore quale dono della mia stima ed ammirazione (vedasi nota 3 del Capitolo 3): in prevalente reazione o conferma alla storica concezione delle onde indoeuropee dal V millennio a.C. della Gimbutas, si prendono in considerazione le sintesi di R. De Marinis, che pone l’accento sugli apporti occidentali nel fenomeno ‘’stele’’ (complessi della Provenza-Languedoc-Rouergue della metà del IV millennio a.C.), e di Heyd ed Harrison, che individuano in un gruppo di elementi l’area di espansione ed influenza dalla Cultura Yamnaya verso l’Europa centrale agli inizi del III millennio, con manifestazioni nei Carpazi, nel complesso di Makò/Kosihy-Čaka-Somogyvár, nell’Europa centro-settentrionale con Cultura della Ceramica Cordata, nei Balcani con la Cultura di Vučedol, nella pianura Padana con la Cultura di Remedello II, fino al Midi francese con la Cultura di Rhône-Ouvèze-Fontbouisse.
La vexata quaestio continua ad essere esaminata alla luce delle moderne ricerche di Archeologia genetica: è interessante verificare come uno dei due principali marcatori continentali (l’aplogruppo R1a, Y-DNA) copra ad alte percentuali e con buona approssimazione la macro-area sopra delineata, ad Est del bacino del Reno, tagliando la penisola italiana, mentre ad Ovest domina il più arcaico macrogruppo R1b; e la seconda macro-area fra la Siberia centro-meridionale, l’Iran orientale e il centro-Nord del subcontinente indiano.
Sono gli studi del gruppo di L.L. Cavalli-Sforza, dal 1996 al 2001, ai quali aggiungasi quelli di Semino editi nel 2000, di Bocchi editi nel 2001, quelli del gruppo di T.M. Karafet del 2008, che trovano conforto sul piano archeologico e su quello prettamente linguistico, ponendo la mutazione verso il XIX millennio a.C. e la maggiore diffusione a partire dall’area caucasico-pontica attorno al IV millennio.
A tutto questo il Professore ha voluto esplicitamente aggiungere la nuova alternativa teoria circa Urheimat, Urvolk e Ursprache ‘’Continuum-Continuitas dal Paleolitico nordico’’ dello scrivente (Alessandro Daudeferd Bonfanti, 2021), che preferisce partire dalla Cultura nordica di Ahernsburg, strettamente imparentata a quelle di Komsa e Alta norvegesi, marcata dal gene Hg1 o Eu 18, o ancora R1a1; la stessa Cultura paleolitica di Ahernsburg (11.200-9.500 a.C. circa), erede di quella di Amburgo (13.500-11.200 a.C. circa), e che nella sua continiutas attraversa le sue varie fasi evolutive, passando per le Culture di Maglemose (7.500-6.000 a.C. circa) e Kongemose (6.000-5.200 a.C. circa), quelle di Ertebølle (5.300-3.950 a.C. circa) e del vaso imbutiforme (4.000-2.700 a.C. circa), fino a quelle della ceramica cordata (3.200-1.800 a.C. circa), del bicchiere campaniforme (2.600-1.900 a.C. circa), di Únětice (2.300-1.600 a.C. circa), dei campi di urne (1.200-750 a.C. circa), da cui ancora le Culture di Hallstatt (1.200-500 a.C. circa) e La Tène (VI-I sec. a.C. circa).
Le conclusioni del Professore: «davanti a un segno rupestre si percepisce un tratto dell’animo del suo esecutore e dietro il suo quello della comunità cui apparteneva, quello del suo tempo e dei suoi luoghi. È percezione vaga, rivestita di tutti i nostri dubbi e conoscenze, della coscienza di non poter capire che frammenti, ma frammenti come tessere sbiadite di un mosaico che nell’insieme, nella trama delle forme, delle ricorrenze e dei richiami delineano olisticamente un qualcosa di più, […] I tantissimi singoli segni rupestri delle Alpi Centrali, proprio per il loro numero, per la loro disposizione scenica e temporale, e per la qualità semantica di cui sono portanti, se presi nell’insieme e nella misura in cui sono organicamente raccordati, permettono una visione insperata del grande quadro dei millenni». Ed insieme, non possiamo far altro che meditare su quanto l’insigne Mircea Eliade ci ha lasciato in eredità in Immagini e simboli: «Il simbolo rivela determinati aspetti della realtà -gli aspetti più profondi- che sfuggono a qualsiasi altro mezzo di conoscenza. Le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità ed adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell’essere. […] i simboli non scompaiono mai dall’attualità psichica: possono mutare d’aspetto, ma la loro funzione rimane identica, è sufficiente togliere le nuove maschere sotto cui si dissimulano».
A tutti voi: una buona lettura … o meglio dire, una grande lettura.
Info: Umberto Sansoni, Alle radici d’Europa. Dieci millenni d’arte rupestre in Valcamonica e nelle Alpi Centrali, Electa ed., Milano 2022 (30 Agosto 2022), pagg. 304, ISBN 9788892822061, EAN 9788892822061. Saggio di Archeologia ed Antropologia.
Recensione a cura di Alessandro Daudeferd Bonfanri – daudeferd@email.it
Nell’immagine di copertina: Caneva Berch, roccia n. 7, oranti a ‘’grandi mani’’ del Neolitico (VI-IV millennio a.C.), ovvero sciamani durante un atto rituale (danza estatica) tra coppelle quali spazi per la libagione. Fotografia a luce radente.
Descrizione di Alessandro Daudeferd Bonfanti.