Sono serviti anni di paziente lavoro per mettere alla luce tutte le delicate ossa dello scheletro, in gran parte ricoperte dalla roccia, e più di una decina per studiarle e confrontale con quelle di altri pterosauri già noti per stabilire che si trattava dei resti di una specie finora sconosciuta, vissuta 215 milioni di anni fa e grande grossomodo come un gabbiano.
Il fossile rinvenuto nel 1997 lungo il rio Seazza, a Preone in Carnia, appartiene a una nuova specie di pterosauri, conosciuti anche come “rettili volanti”.. Sono stati i primi vertebrati a volare di volo attivo, sbattendo le ali e non solo planando. La nuova specie è uno dei più antichi pterosauri noti. Questi primi rettili volanti sono rarissimi: ne sono stati trovati meno di 30 fossili a livello mondiale.
«I primi pterosauri risalgono a circa 215 milioni di anni fa, mentre gli altri vertebrati che hanno raggiunto, indipendentemente, la capacità del volo attivo come gli uccelli e i pipistrelli sono comparsi, rispettivamente, circa 145 e 55 milioni di anni fa. A differenza di uccelli e pipistrelli, gli pterosauri sono animali estinti: gli ultimi sono scomparsi insieme ai grandi dinosauri nell’estinzione di massa globale verificatasi 66 milioni di anni fa», spiega il paleontologo Fabio Marco Dalla Vecchia di Pasian di Prato, l’autore dell’articolo pubblicato online dalla rivista scientifica internazionale open access Peerj, nel ricordare che «la principale tra le zone che hanno fornito le più antiche testimonianze di questi animali estinti è la Carnia e più precisamente la zona settentrionale delle Prealpi da Invillino a Forni di Sopra».
Dalla Vecchia ha studiato per una decina d’anni lo scheletro disarticolato, ma quasi completo, rinvenuto nel 1997 in un masso lungo il rio Seazza durante un’escursione da Umberto Venier di Domanins (Pordenone), e oggi conservato al Museo friulano di storia naturale.
«La nuova specie, nuova – chiarisce – nel senso che è la prima volta che la si scopre a livello mondiale, nessuno l’aveva mai vista prima, si aggiunge alle tre già rinvenute in Carnia. L’ho chiamata Seazzadactylus venieri».
Il nome scientifico deriva da quello del rio Seazza dove l’unico fossile noto di questa specie è stato trovato, e dallo scopritore del fossile. Dall’articolo di Dalla Vecchia che descrive e denomina il nuovo pterosauro emerge che «Seazzadactylus venieri si differenzia dagli altri tre pterosauri triassici rinvenuti in Carnia – Preondactylus buffarinii (denominato nel 1984), Austriadactylus cristatus (denominato nel 2002) e Carniadactylus rosenfeldi (denominato nel 2009) – in caratteri che si possono osservare nelle ossa del cranio, degli arti anteriori e nella dentatura composta da piccoli denti conici che presentano fino a sette minute cuspidi».
Probabilmente – aggiunge Dalla Vecchia – «si distingueva pure per una colorazione diversa che, però, non conosciamo perché le parti molli e quindi anche i loro colori non sono fossilizzate. Seazzadactylus viveva nelle piatte isole che si elevavano dal basso e caldo mare tropicale che al tempo ricopriva l’attuale regione alpina (le Alpi si sarebbero originate molto più tardi, oltre 150 milioni di anni dopo, per lo scontro tra Africa ed Eurasia). Probabilmente si nutriva di pesci, di crostacei e forse di insetti».
Lo stesso studioso friulano ribadisce che «con quattro distinte specie dei più antichi pterosauri noti, la Carnia si conferma la zona del mondo più promettente per lo sviluppo degli studi sulla prima origine del volo nei vertebrati».
Gli appassionati di paleontologia possono visitare la mostra permanente “Preone-200 milioni di anni” e percorrere, sempre a Preone, il sentiero paleontologico nella zona del rio Seazza.
Fonte: www.messaggeroveneto.it, 31 lug 2019