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UDINE. Ritrova tesoro antico, Roma nega il premio: il Tar lo ricopre d’oro.

Va a passeggio col cane in una stradina di campagna e scopre un reperto archeologico di inestimabile valore, ma il Ministero si rifiuta di riconoscergli il “premio” previsto per legge. A più di 12 anni dal ritrovamento però il Tar gli dà ragione e impone al ministero per i Beni e le attività culturali di “saldare il conto” nei confronti del professore udinese Paolo Paolini.
Un conto che potrebbe essere piuttosto salato visto che l’oggetto, un astuccio con una lamina d’oro, risale all’epoca romana ed è un “pezzo” molto raro. Al mondo ce ne sono appena otto. Ma mentre gli altri sette sono riconducibili alla religione orfica quello trovato da Paolini nei pressi di Sammardenchia è l’unico legato alla religione romana. Anche per questo motivo fare una stima attendibile è tutt’altro che semplice, ma il valore dell’oggetto, che ancora oggi è conservato al museo archeologico di Cividale, potrebbe superare anche i due milioni di euro se pensiamo che all’epoca del ritrovamento un oggetto simile esposto a Venezia è stato assicurato per quattro miliardi delle vecchie lire.
«Proprio per la difficoltà ad avere una stima attendibile – spiega l’avvocato Andrea Castiglione, che ha seguito il professore dell’istituto artistico Sello in tutte le fasi della battaglia legale, dalle domande ai ricorsi – non abbiamo mai avanzato una precisa richiesta economica, ma ci siamo limitati a chiedere un premio». Per ritrovamenti archeologici di particolare valore la legge prevede infatti che «il Ministero corrisponda un premio non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate a chiunque – si legge anche nel dispositivo del Tar – scopra fortuitamente beni mobili o immobili e ne fa denuncia entro ventiquattro ore al soprintendente o al sindaco, ovvero all’autorità di pubblica sicurezza e provvede alla conservazione temporanea di essi, lasciandoli nelle condizioni e nel luogo in cui sono stati rinvenuti. Ove si tratti di beni mobili dei quali non si possa altrimenti assicurare la custodia, lo scopritore ha facoltà di rimuoverli per meglio garantirne la sicurezza e la conservazione sino alla visita dell’autorità competente, e, ove occorra, di chiedere l’ausilio della forza pubblica».Tutte indicazioni che, secondo Castiglione e secondo il Tribunale amministrativo, Paolini ha seguito alla lettera. Trovato il reperto nel febbraio del 2000, a pochi metri da una stradina di campagna dove era solito portare a passeggio il cane, Paolini, che insegna lavorazione tecnica e grafica ed è un appassionato di archeologia, lo ha affidato all’ispettore onorario per i beni archeologici Aldo Candussio il quale, a sua volta, lo ha consegnato alla direttrice del museo archeologico nazionale di Cividale. È stata la stessa direttrice poi ad avviare le pratiche per la quantificazione ed erogazione del premio di rinvenimento.
Ma il Ministero, come detto, aveva respinto le richieste di Paolini ritenendo che la segnalazione non sia stata tempestiva e che l’oggetto non sia stato consegnato né al soprintendente, né al sindaco. Per i giudici del Tribunale amministrativo regionale (presidente Saverio Corasaniti, consiglieri Oria Settesoldi e Rita De Piero) però lo scopo della norma è quello di incoraggiare chi trova oggetti di interesse storico o archeologico a consegnarli alla mano pubblica e così ha fatto Paolini cedendo il manufatto all’ispettore onorario per i beni archeologici. Da qui la decisione di annullare il provvedimento con il quale il Ministero aveva, nel 2002 negato il riconoscimento del premio.
Dopo una battaglia legale durata quasi 10 anni Paolini spera quindi di vedersi finalmente riconoscere una “fetta” del tesoro da lui scoperto. «Non riceverlo sarebbe stata una vera beffa – dice Paolini -, io ho cercato di seguire la legge per fare in modo che tutti possano osservare quell’incredibile reperto, ma purtroppo oggi in Italia ci si può aspettare di tutto. Adesso grazie alla decisione del Tar spero che la situazione possa risolversi».
Paolini è stato l’unico a chiedere il riconoscimento del premio anche se in teoria avrebbe potuto fare la stessa richiesta anche il proprietario dell’area dove è stato recuperato il manufatto. «La legge prevede anche questa possibilità – dice Castiglione – ma nessuno si è mai attivato in tal senso oltre al mio assistito, anche perché il terreno era pubblico, ma non ricordo se fosse comunale, provinciale o demaniale».
In ogni caso ormai è tardi: l’unico che può sperare nel premio è Paolini.

Fonte: Il Messaggero Veneto.it, 11 luglio 2012

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