«Questo è il guscio di ammonite». Abbassiamo lo sguardo ed effettivamente vediamo la spirale. Facciamo ancora qualche passo: «Qui si può notare solo il riempimento interno del guscio che si è tutto dissolto». Non siamo a Jurassic park, bensì al parco Moretti con il paleontologo Fabio Marco Dalla Vecchia, che ci indica i fossili degli animali marini vissuti ai tempi dei dinosauri. I resti sono ben visibili nelle lastre posate lungo il sentiero che prosegue tra i giochi dei bambini. Sono lastre cavate nel veronese un po’ di tempo fa.
Chi frequenta il parco non si accorge di camminare su resti delle epoche geologiche passate. «Sono fossili di organismi marini conservati sulla superficie delle lastre. Questo è il riempimento del guscio di una conchiglia di ammonite vissuta 66 milioni di anni fa». Dalla Vecchia lo ripete e passo dopo passo si ferma e spiega: «Questa è una conchiglia aspiralata di un esemplare di ammonite di grande dimensione» continua ricordando che «tutte le rocce sedimentarie hanno fossili». Si può allenare l’occhio sostando sulle panchine davanti alla stazione, Dalla Vecchia assicura che sono piene di «bivalvi vissuti ai tempi dei dinosauri nella zona di Aurisina».
Sulle lastre di calcare nero cavato nei secoli scorsi vicino a Forni di Sopra, quelle che oggi compongono il marciapiede davanti alla biblioteca Joppi, si possono vedere «le lumache marine grandi 30 centimetri risalenti a 230 milioni di anni fa». Le colonne del tempio ossario, invece, contengono «i fossili di ammoniti più rare, simili alle ossa di seppia, fatti di carbonato di calcio e lunghi una decina di centimetri».
A questo punto la domanda non può che essere: «Estraendo il materiale dalle cave c’è il rischio che qualcosa di scientificamente rilevante vada perduto?». Sarebbe un peccato anche perché il Friuli Venezia Giulia è un bacino di fossili noti in tutto il mondo. «Si distruggono in continuazione fossili senza importanza. La legge – sottolinea il paleontologo – tutela anche i fossili meno importanti, ma ovviamente l’attività delle cave non può essere fermata».
Dalla Vecchia si sofferma un aspetto: «A differenza dell’archeologia non c’è un controllo sistematico». In altri Paesi europei, la Spagna è uno di questi, «quando si scava in una zona dove si sa che ci sono fossili, la ditta ha l’obbligo di contattare un paleontologo che deve seguire i lavori». Pensi, prosegue il paleontologo, «in val Dogna, sito unico al mondo, nel corso della realizzazione di un sentiero d’uso spazzato via dall’ultima alluvione, sono stati distrutti nidi di rettile vissuti 230 milioni di anni fa». Da qui l’appello alla Regione e a tutti gli enti locali: «Aumentate la tutela e valorizzare i siti geologici a livello comunale». Non sempre, in effetti, i Comuni sono al corrente dell’importanza di questi ritrovamenti che attirano l’attenzione degli studiosi di tutto il mondo.
Un esempio? «I pterosauri ritrovati a Preone sono ancora un mistero, sono stati – precisa il paleontologo – i primi vertebrati a volare sbattendo le ali. Se un libro di testo pubblicato negli Usa deve affrontare l’origine del volo deve parlare anche di Preone».
Ecco perché Dalla Vecchia suggerisce di implementare i sopralluoghi nei fiumi soprattutto dopo le piogge per vedere cosa è emerso anche dalle pietre cadute dalle pareti rocciose. «Se non si fa – conclude – l’azione del fiume e degli agenti atmosferici distruggono i fossili».
Autore: Giacomina Pellizzari
Fonte: www.messaggeroveneto.it, 4 giu 2019