Secondo alcuni sono seni. Secondo altri sono anfore. Secondo altri ancora richiamerebbero ciucciotti per bambini. Secondo altri, ancora, sono semplice e feconde gocce di luce. I misteriosi pendenti di vetro, trovati a un livello archeologico che porterebbe al VI secolo avanti Cristo hanno certamente un design particolare. Qualunque sia la spiegazione specifica è chiaro che essi sono collegati alla natura femminile, alla fecondità della donna. I pendenti sono un must dell’avvenenza femminile. La loro oscillazione – secondo alcuni studi di antropologia – richiamerebbe con maggior attenzione lo sguardo del maschio sul volto di chi li porta e l’attenzione generale. Strumenti di seduzione, quindi. Ma forse non solo. E se fossero stati utilizzati per decorare una dea?
Queste opere di antica bigiotteria sono venute alla luce nel corso di recentissimi scavi archeologici in Ucraina e sono state oggetto di una comunicazione alla fine dell’intervento sul campo, nelle ore scorse. Esse saranno sottoposte a indagine ulteriore e, nelle prossime settimane, verranno esposte al Bilsk Settlement Museum, corredate de tutti i dati emersi.
La notizia di questa particolare scoperta è stata data, con soddisfazione, dalla Bilsk Historical and Cultural Reserve. Il ritrovamento è avvenuto durante la ricerca archeologica che ha riguardato i sepolcreti dell’Età del Ferro sulla Montagna Barvinkova. In precedenza oggetti del genere non erano mai stati trovati, almeno in questa zona.
L’insediamento di Bilsk – VIII-III secolo a.C. – è un sito archeologico unico del patrimonio culturale dell’Ucraina. Gli scienziati lo hanno riconosciuto come il più grande insediamento fortificato della prima età del ferro in Europa.
Le ricerche archeologiche confermano che in quest’area esisteva un centro politico, economico e culturale dell’antica formazione pre-statale delle tribù della steppa forestale del Dnepr. L’insediamento è identificato dagli scienziati con la famosa città di Gelon o Gelonus. Anche l’antico storico greco Erodoto lo cita nelle sue opere e afferma che il nucleo centrale della cultura dei Geloni era di derivazione greca, che poi si sarebbe fuso con le popolazioni scite e, in genere con popolazioni provenienti da Nord est.
Nel Suo racconto della Scizia (Inchiesta Libro 4), Erodoto Scrive che i Geloni erano precedentemente greci, stabilitisi lontano dagli empori costieri tra il popoli dei Budini, dove “usano una lingua in parte scita e in parte greca”.
“Tra loro è stata costruita una città , una città di legno, e il nome della città è Gelonus. Del suo muro, in ogni lato è di trenta stadi e alto e tutto di legno. E le loro case sono di legno, come i loro santuari. In quei luoghi si trovano santuari degli dei greci adornati alla maniera greca con statue, altari e tempietti di legno”.
L’insediamento fortificato di Gelonus fu raggiunto dall’esercito persiano di Dario nel suo assalto alla Sciti. durante la fine del VI secolo a.C., ma trovò tutto raso al suolo perchè abbandonato dagli abitanti, prima dell’arrivo dell’invasione. I fuggitivi facevano terra bruciata – letteralmente – ritirandosi, per evitare la facile sopravvivenza del nemico che avanzava.
Il sito archeologico intorno a Belsk, compresa la necropoli, si estende su circa 80 km² e le fortificazioni racchiudono circa 40 km² di area- L’asse nord-sud, lungo il fiume Vorskla, è lungo 17 km. I resti di mura, alte fino a 12 metri, sono oggi visibili e si estendono all’orizzonte. La lunghezza totale dei bastioni è di 33 km. All’interno della fortificazione si trovavano tre “forti”, amplissimi: 150.000 m², 650.000 m² e 720.000 m² di superficie, circondati da muri di terra erosa, ancora alti fino a 16 metri.
E’ da queste zone che sono emersi gli strani orecchini di vetro.
Fonte: www.stilearte.it, 8 ott 2021