Secondo recenti ricerche Usa, la morte di Alessandro Magno sarebbe stata causata da un morbo trasmesso da uno stormo di corvi. Un evento, menzionato da Plutarco, dovuto ad encefalite virale del Nilo, in genere causata da zanzare.
La morte di Alessandro il Grande, il condottiero che sconfisse i persiani di Serse, resta comunque uno dei rebus tra Storia e mitologia. Egli morì a Babilonia il 10 giugno del 323 a. C. a 32 anni ed avvenne dopo una malattia febbrile durata 2 settimane.
Tra le cause supposte della morte furono considerate: l’avvelenamento, l’assassinio, ed un certo numero di malattie infettive.
Un recente studio di John S. Marr (Dipartimento della salute in Virginia, Usa) e di Charles H. Calisher (Università del Colorado, Usa) ha cercato di risalire alle reali cause del decesso partendo, questa volta, da una serie di informazioni mediche in possesso della comunità scientifica. I dati riguardavano pazienti che avevano contratto malattie riconducibili ai sintomi manifestati dal Generale macedone.
In particolare i ricercatori hanno considerato e rivalutato un episodio, menzionato da Plutarco, ed accaduto al momento dell’ingresso di Alessandro il Macedone in Babilonia.
Arrivando, il Generale, alle porte della città fu circondato da uno stormo di corvi imperiali che gli svolazzavano intorno fino a crollare morenti ai suoi piedi. Un comportamento, quello dei corvi imperiali, secondo gli scienziati, molto simile a quello di alcuni uccelli qualche settimana prima della scoperta del primo caso di infezione virale del Nilo occidentale negli Stati Uniti nel 1999. Secondo questa ipotesi Alessandro il Grande potrebbe essere, quindi, morto di encefalite virale del Nilo occidentale.
Il processo seguito dagli scienziati è andato avanti per esclusione.
È stato escluso l’avvelenamento, in quanto all’epoca non erano disponibili potenti veleni, primo fra tutti l’arsenico (come riportato da Aristotele, tutore di Alessandro), che aumentassero effettivamente la febbre.
Né, secondo Marr e Calisher, potrebbe essere stata un’infezione la causa del decesso poiché, per quanto il condottiero fosse reduce dall’India, si era in primavera e “le condizioni ambientali erano irrilevanti”.
“Quello che conta – afferma Marr – è che Babilonia (sul fiume Eufrate a 90 km a sud di Baghdad) sia delimitata ad est da una palude”. La presenza in tali ambienti di animali, soprattutto di uccelli, era abbondante.
Stranamente le malattie indigene dell’Iraq (peste bubbonica, febbri emorragiche) non vengono menzionate dai cronisti dell’epoca, soprattutto tra le truppe del generale. Viene esclusa anche l’ipotesi malarica, suggerita da taluni, a causa dell’assenza, in Iraq, di un particolare vibrione: il Plasmodium falciparum.
Con varie argomentazioni viene anche esclusa fosse la febbre tifoidea. Resta, secondo gli scienziati americani, solo l’encefalite febbrile del Nilo occidentale, il cui gene (Flavivirus), isolato la prima volta in Uganda nel 1937, è uno di molti virus che causano l’encefalite. L’infezione si caratterizza per febbre, encefalite, o meningite encefalitica. Fino ai primi 1990, il virus era limitato ad Africa, Europa e Asia.
Numerose le epidemie in Israele negli ultimi 60 anni. Nel 1999, il virus arriva negli Stati Uniti, con 4.156 casi umani. La malattia si trasmette a livello ematico dopo una puntura di zanzara. Ma sono gli uccelli, mangiando insetti, che amplificano la diffusione del virus.
Uno zoologo americano, G.V. Ludwig, studiò nel 1999 le patologie di 437 uccelli al “Bronx Zoo and Wildlife Conservation Park” durante l’epidemia a New York della malattia. Per lo scienziato il comportamento degli uccelli è molto simile a quello descritto da Plutarco. Effettivamente molte specie di zanzare in Iraq sono considerate responsabili della malattia da marzo a dicembre, per l’alluvione annuale del Tigri e dell’Eufrate.
“Il fatto che Alessandro cadde malato il 29 maggio – sostengono i ricercatori – in anticipo rispetto alla casistica moderna (luglio-settembre) può essere spiegato dalle condizioni climatiche di 2.400 anni fa, molto più calde in Iraq”.
La citazione di Plutarco, secondo gli scienziati è credibile in quanto già a quell’epoca sia i Kulturkreis greci che le tavole Alalakh babilonesi menzionavano la divinazione attraverso il volo degli uccelli.
Non a caso pare proprio che i corvi imperiali siano i più sensibili alla trasmissione del virus. Modifiche genetiche – concludono gli scienziati – potrebbero aver aumentato la resistenza al virus degli uccelli indigeni”.
Autore: redazione
Cronologia: Arch. Greca