Il lacerto di una statua o una maschera facciale di un cavaliere romano? Gli archeologi si sono posti immediatamente questa domanda quando si sono trovati al cospetto di un oggetto particolarissimo, nel corso della campagna di scavi in corso ad Adrianopolis, città intitolata all’imperatore romano Adriano, che sorgeva nel territorio che oggi appartiene alla Turchia.
Verifiche immediate hanno consentito di ipotizzare che il reperto appartenesse a un uomo della cavalleria romana e che risalisse al III secolo d. C.. La maschera deriva da un antico calco facciale, poi fuso nel metallo – una lega con ferro – e si accomoda perfettamente sul volto, come hanno potuto constatare gli studiosi impegnati negli scavi. Questi calchi appartenevano, in alcuni casi, ai materiali d’ordinanza o gli ufficiali li facevano creare in modo perfetto, su di sé, per assumere un’identità statuaria, attraverso il rispetto delle proprie linee fisionomiche? una risposta, ora è prematura. Ma la domanda va posta.
E’ assodato che i calchi dei volti degli imperatori o dei prefetti o dei personaggi illustri erano compiuti con una certa facilità con il fine di mantenere la somiglianza con il personaggio effigiato. Stessa prassi veniva usata per i calchi funebri che consentivano ai familiari di conservare ricordo perfetto del familiare defunto. Ma questa non parrebbe proprio una maschera funebre, quanto una dotazione militare.
I ricercatori dell’Università turca di Karabük hanno scoperto la maschera facciale romana in ferro di 1.800 anni in un edificio fortificato, forse sede di una guarnigione romana di stanza in quella regione per il controllo di supporto alle linee avanzate di presidio del confine orientale dell’impero romano.
Il Ministero della Cultura e del Turismo turco ha dato mandato agli archeologi d compiere campagne pressanti affinchè l’antica città di Adrianopoli sia “trasformata in uno spazio museale e aperta al turismo”. Un team di 43 persone, composto da studenti, accademici ed esperti, stava lavorando anche nelle scorse settimane nella zona che potrebbe essere stata la sede della guarnigione. La maschera potrebbe essere stata collocata, in origine, in un deposito di armi dello stesso presidio. Mentre le armi stesse vennero recuperate, la singolare copertura del volto fu dimenticata.
Gli elmi a maschera erano utilizzati principalmente dalla cavalleria romana in epoca imperiale, probabilmente in occasione degli Hippica Gymnasia, addestramenti spettacolari a scopo dimostrativo. I cavalieri apparivano così come statue spaventose e fiere. Molto probabilmente le maschere stesse trovavano un parziale uso anche in battaglia e pare che proteggessero i Signiferi e vessilliferi, portatori di bandiere e segnali che costituivano i punti più avanzati delle linee d’attacco e che rappresentavano visivamente un punto di riferimento per i movimenti da compiere all’interno del campo dello scontro. E’ inutile aggiungere che cavalieri bardati in questo modo dovevano apparire ai nemici come inquietanti spiriti della morte.
Una maschera facciale laminata d’argento venne trovata – a dimostrazione del fatto che esse venivano utilizzate anche durante azioni militari – sul campo di battaglia della foresta di Teutoburgo, luogo dello scontro spaventoso tra Romani e Germani, nel 9 d.C. ha gettato nuova luce sull’utilizzo di questi ornamenti.
In precedenza si pensava infatti che queste maschere in dotazione alla cavalleria romana avessero un uso funerario o da parata. Invece precisi test hanno dimostrato che questi oggetti (anche di bronzo e a volte formavano un tutt’uno con l’elmo) non intralciavano in battaglia il cavaliere, il quale non potendosi riparare dietro ampi scudi li utilizzava come protezione e anche per incutere timore nei nemici.
Fonte: wwww.stilearte.it, 25 nov 2021