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TURCHIA. Nel castello di 2700 anni, un crollo antico nasconde tanti oggetti.

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Sembrano usciti dalle decorazioni di un vaso arcaico. Da un libro di epica. Dalle illustrazioni di uomini in vedetta sul mare, in attesa di divinità, nemici e di un colloquio con i tuoni. La fortificazione è molto antica. Tanti i cedimenti, nel tempo. Al punto che, spostando accuratamente i detriti, trovi ancora, intatta una sorta di sala d’armi, in cui guerrieri e sacerdoti dovevano accedere per vestirsi, durante i riti o per partire per una spedizione di guerra dissennata.

turchiaE dentro, dentro tre scudi, enormi, di bronzo, e un elmetto. Le forme ci appaiono, verdastre, tra i detriti. Hanno 2700 anni. No, in verità non è un’ordinaria sala d’armi ma l’aula di una sorta di tempietto, all’interno della fortificazione di Ayanis, nella Turchia orientale. Questi, di bronzo, sono doni alla divinità Haldi, Signore della guerra – quindi consanguineo del Marte greco-romano – degli urartiani.
Il regno di Urartu – legato al nome locale del monte Ararat di biblica memoria – era un antica realtà armena, situata tra l’Asia Minore, il Caucaso e la Mesopotania. Qualcosa di filmico è presente, in questo popolo arcaico, sul monte dell’Arca di Noè – dal quale presero il nome, nei paesaggi che si incardinano al lago salato di Van, in una rarefazione metafisica di pietre, di cieli, di azzurri e di verdi intensi di prati. Siamo esattamente in un paesaggio metafisico.
turchiaPochi alberi spuntano attorno al lago salato di Van, fulcro acquatico del Regno, che ebbe vita breve. Gli Urartiani crearono il proprio dominio nel 860 a. C. – per intenderci, ai tempi arcaici dei nostri etruschi – finirono in disgrazia nel 585 a. C.
Lo stesso castello di Ayanis, realizzato con mattoni di fango su una collina che domina il lago, ebbe vita breve. Crollò, sconquassato, nel 650 a. C. da un violentissimo terremoto, un ventennio dopo la sua realizzazione. E a questo crollo dobbiamo la conservazione del bronzeo tesoro. La struttura collassò in più punti, ma restarono ampie intercapedini, là sotto. Per questo i bronzi splendidi dell’avàra divinità della guerra si sono conservati, in queste condizioni perfette, sotto sei metri di mattoni.
Due degli scudi sono accatastati. L’elmo – sul quale appaiono iscrizioni e decorazioni che devono essere decifrate – è riposto all’interno dello scudo superiore. S’intravedono anche tratti alfabetici nella stanza, che attendono di essere completamente riportati alla luce e tradotti.

Fonte: www.stilearte.it 9 set 2024

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