Nella campagna estiva a Myra di Licia, di cui fu vescovo san Nicola, l’obiettivo principale degli archeologi era lo scavo delle strutture del teatro ellenistico che si trovano due metri e mezzo sotto quello romano. Come previsto, sotto l’orchestra sono emerse le fondazioni dell’emiciclo, di dimensioni più ridotte rispetto a quello che è arrivato a noi quasi integro (venne ricostruito nel 141 dopo un terremoto). E poi una piacevole sorpresa: insieme a ceramiche, a lucerne, a oggetti in bronzo e argento, circa 50 statuine in terracotta, intatte.
Rappresentano figure maschili e femminili, umani e divinità (Leto, Artemide, Eracle), insieme a bambini, a un ariete e a un cavaliere, oltre a iscrizioni votive. Risalgono al II o I secolo a.C., in molti casi conservano evidenti tracce di pigmenti rosa, rosso o blu: e perciò forniscono informazioni precise sui colori degli abiti indossati. Sono stati recuperati ulteriori frammenti, a centinaia, che verranno pazientemente ricomposti.
Nevzat Cevik, direttore degli scavi, ha spiegato che «le statuine erano in un bothros, una cavità usata come deposito votivo», ma che «è anche possibile che si tratti di offerte ai defunti, rimosse dalle tombe e gettate alla rinfusa».
Le statuine sono adesso nei laboratori dell’Università del Mediterraneo di Antalya per essere pulite, restaurate e studiate; verranno successivamente esposte nel Museo delle civiltà della Licia, aperto nel 2016 nella località di Andriake (era il porto di Myra, a breve distanza).
Autore: Giuseppe Mancini, da “Il Giornale dell’Arte” numero 412, novembre 2020