Durante l’ultima campagna di scavo in Turchia il team della missione archeologica della Sapienza ha svolto sui fondali del Mediterraneo orientale una campagna di ricerche subacquee che hanno consentito importanti e interessanti ritrovamenti. Di fronte al promontorio di Elaiussa, nella provincia turca di Mersin, sono state localizzati giacimenti sommersi da collegare a due relitti di navi, l’una di età imperiale romana e l’altra risalente al VI-VII secolo d.C., con carichi di anfore e marmi.
Le ricerche, condotte per due settimane da un’equipe di cinque subacquei (due archeologi e tre tecnici), hanno consentito di localizzare e documentare numerosi reperti.
In particolare le indagini condotte nello specchio d’acqua antistante il promontorio hanno portato all’identificazione di una vasta zona (200 X 25/38 m. ca., distanza minima dalla costa compresa tra i 28 m. e gli 85 m., fondale roccio-sabbioso; profondità 6/7,6 m.) ricca di manufatti in terracotta, litici, lignei e metallici. La quantità e la varietà dei materiali sembra attestare la presenza di due relitti, di cui è conservata parte del fasciame.
Il primo, più antico (II sec.d.C.), con carico prevalentemente composto di anfore iberiche e marmi, era pertinente a una nave in arrivo nel porto settentrionale della città. Il secondo carico, di età bizantina, con materiali locali e di provenienza mista (dall’Egeo, dalla Palestina e dall’Africa) doveva appartenere a una imbarcazione che seguiva rotte di cabotaggio, con scali in diversi porti del Mediterraneo occidentale e orientale.
L’antico sito portuale di Elaiussa Sebaste (odierna Ayas) è situato sulla costa sud-orientale della Turchia, a circa 60 Km dalla moderna città di Mersin e di fronte all’isola di Cipro. La città si estende su un promontorio e su un’ampia fascia costiera e fu uno dei principali porti commerciali della Cilicia, sviluppandosi in età augustea e mantenendo il suo prestigio di scalo commerciale fino al tardo impero e all’ età bizantina. Si trovava infatti all’incrocio fra le più importanti vie marittime e terrestri, in un punto di passaggio obbligato e di collegamento fra Siria, Palestina, Egitto e penisola anatolica.
“I rinvenimenti confermano l’importante ruolo svolto da Elaiussa all’interno delle principali rotte mediterranee di collegamento fra Siria, Egitto e penisola anatolica – precisa il direttore della missione Eugenia Equini Schneider, docente di Archeologia delle Province Romane alla Sapienza – una preminenza che è durata quasi otto secoli, dall’epoca augustea fino alla prima età bizantina”.
Il progetto di ricerca, iniziato nel 1995 a seguito di una formale richiesta del Ministero della Cultura della Repubblica di Turchia, ha come obiettivo lo studio e la tutela del ricchissimo – e quasi completamente sconosciuto – patrimonio archeologico del sito, minacciato dall’abbandono e dalla speculazione edilizia.
Le ricerche condotte in questi anni hanno messo in luce monumenti pubblici e privati di età romana imperiale (teatro, agora, terme, tempio, necropoli) ) e del periodo proto-bizantino (un monumentale palazzo destinato all’autorità civile – che non trova attualmente confronti nell’architettura dello stesso periodo in Anatolia – e numerose basiliche cristiane).
I dati di scavo attestano che la città fu parzialmente distrutta e definitivamente abbandonata all’epoca dell’invasione araba che colpì questa parte della costa anatolica nel 672 d.C.
L’indagine storica e archeologica è stata accompagnata da studi paleo-antropologici, da prospezioni geofisiche per la ricostruzione del paleo-ambiente e da interventi di consolidamento e di restauro, finalizzati alla valorizzazione del patrimonio monumentale e alla realizzazione di un parco archeologico.
Nell’ultima campagna di scavo (agosto-ottobre 2012) alle indagini sul terreno, che hanno riguardato in particolare la chiesa episcopale della città, un impianto termale molto ben conservato e la torre-faro sul promontorio che segnava l’ingresso del porto Nord, si sono affiancate prospezioni subacquee condotte lungo la fascia costiera.
Autore: Eugenia Equini.
Fonte: ArcheologiaViva, 01 mar 2013
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