Archivi

TRIESTE. Il mito degli Ambisontes. Mercenari di Roma nella valle dell’Isonzo.

trieste

Il Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste, in continuità con la trilogia delle mostre sulle antiche popolazioni della Croazia, Iapodes, Histri e Liburni, organizzate insieme alla Comunità Croata di Trieste, propone ora un’esposizione che valorizza l’alto bacino del fiume Isonzo, affrontando il mito degli Ambisontes.
Chi erano gli Ambisontes? Un’antica popolazione alpina conosciuta da un’iscrizione sul monumento a La Turbie (Francia meridionale) che celebra Augusto come conquistatore dell’intero arco alpino alla fine delle campagne militari negli anni tra il 25 e il 13 a.C. In questa iscrizione sono nominate ben 46 popolazioni alpine sconfitte, tra cui anche gli Ambisontes, apparentemente collocati tra la Rezia e il Norico, approssimativamente in un’area tra la Svizzera e l’Austria.
Sin dal Settecento, però, era stato proposto di vedere nella tribù degli Ambisontes gli abitanti della valle del fiume Isonzo: gli Ambisontes sarebbero coloro che vivono su ambo le rive del fiume Isonzo. Questa tesi ha avuto lunga fortuna e credibilità, facendo sorgere l’affascinante mito degli Ambisontes nella valle dell’alto Isonzo.
I reperti provenienti dagli scavi archeologici nella valle, in particolare quelli delle due necropoli che formano la mostra, sono stati interpretati come oggetti appartenuti proprio agli Ambisontes. Proposta questa che la mostra vuole ora approfondire in base ai risultati delle recenti indagini archeologiche e alla rilettura delle fonti.
I materiali della mostra sono stati concessi in prestito dal Naturhistorisches Museum di Vienna e in parte sono conservati dal Museo Winckelmann di Trieste. Provengono dagli scavi dei primi del Novecento della necropoli di Reka pri Cerknem, 80 reperti riuniti per la prima volta in esposizione, arricchiti da 70 oggetti di tre tombe coeve della vicina necropoli di Idrija pri Bači.
I corredi sepolcrali di queste due necropoli rappresentano un unicum per la ricca combinazione di oggetti militari, d’ornamento personale, di vasellame in bronzo e soprattutto di utensili agricoli e artigianali in ferro: oggetti di tradizione celtica, degli ultimi secoli a.C., della seconda età del ferro o cultura La Téne, insieme ad armi, sia celtiche che romane, di epoca augustea. Questa combinazione può essere dovuta al controllo romano che dopo la fondazione di Aquileia (181 a.C.) si estese progressivamente fino alle Alpi. Le popolazioni locali furono allora ingaggiate nell’esercito come mercenari, o per svolgere servizio come guardia civica armata attiva sul territorio a difesa dei siti sensibili: sentinelle contro invasioni di popoli vicini (come accadrà nel 52 a.C. quando i Giapidi compiranno un’incursione, distruggendo Tergeste e arrivando fino alle mura di Aquileia).
Poi, deposte le armi, gli abitanti dell’alto Isonzo tornarono a dedicarsi principalmente all’agricoltura. Dopo la morte, le armi venivano inserite nelle tombe, ritualmente spezzate e piegate, defunzionalizzate, così come altri oggetti. Appare inconsueta invece la deposizione di svariati strumenti in ferro, forse una reinterpretazione dell’usanza delle genti celtiche di offrire armi e utensili deponendoli però nei santuari all’aperto, dei quali ci sono rimaste testimonianze archeologiche nel Friuli.
I ricchi corredi sono ora esposti per la prima volta al pubblico in quanto le vicissitudini di queste terre hanno fatto sì che siano rimasti suddivisi tra i depositi del Museo di Storia Naturale di Vienna ed il museo di Trieste, mentre i siti sono nel territorio della Repubblica di Slovenia: l’archeologia ha la forza di annullare i confini nazionali.

Info:
Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”, dal 30 ottobre 2024 al 9 marzo 2025
Piazza della Cattedrale 1 e via San Giusto 4, Trieste
da martedì a domenica 10-17
Ingresso libero
tel. 040 310500; 040 308686 – www.museoantichitawinckelmann.it

Segnala la tua notizia