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TRAPANI – IL RELITTO DI MARAUSA

Una nave romana rinvenuta presso Trapani, con parte del carico.

Nell’estate del 1999 un gruppo di appassionati del mare segnala i resti di uno dei relitti più interessanti scoperti nelle acque italiane.
Ciò che si presentò alla vista degli studiosi furono i resti lignei di una parte di un’antica imbarcazione, che affiorava alla base di un sedimento fangoso, compattato dalle intricate radici della rigogliosa posidonia posta più in alto.
Nel sedimento, e sul fondale circostante, in associazione con i resti dell’imbarcazione, si trovavano sparsi numerosi frammenti di anfore. Si trattava, chiaramente, dei resti di una grossa nave di epoca romana naufragata nei pressi della costa di quello che è oggi il lido di Marausa.
Il fondale su cui si adagiano i resti è roccioso, sabbioso, con piante di posidonia, una delle quali ha nascosto e protetto per sedici secoli il relitto ed il suo carico, in non più di 2 m. di acqua, su un rilievo costituito da sedimenti trattenuti dall’intrico della vegetazione.
Ad un primo esame effettuato dai tecnici, lo spessore dell’accumulo di elementi organici e sedimenti ben si accorda con il periodo intercorso tra il naufragio dell’imbarcazione e oggi.
Del relitto rimane una notevole porzione dello scafo ligneo, di cui appariva una struttura a doppio fasciame con interposte ordinate., la cui sezione è di 15 cm.
Grazie ad alcuni varchi nella copertura vegetale si intravedeva un accumulo di frammenti anforacei appartenenti al carico. E’ stato effettuato un primo intervento di scavo per chiarire l’esatta consistenza del relitto, le sue caratteristiche crono-tipologiche ed il suo stato di conservazione, e per effettuare un’attenta analisi dei dati.
L’intervento permise di recuperare tutti i dati necessari per progettare l’intervento di recupero e restauro del relitto e del suo carico.
Dai dati recuperati si può dire che l’imbarcazione era una grossa nave oneraria romana, naufragata tra la seconda metà del III e gli inizi del IV sec. d.C. Data la vicinanza alla costa, il carico dovette essere recuperato poco dopo il naufragio. Le anfore recuperate in precedenza dagli scopritori del sito si trovavano sparse nei pressi del relitto e potrebbero essere state sbalzate fuori all’atto del naufragio e per questo non rinvenute nel recupero del carico da parte degli “urinatores” dell’epoca.
Le cause del naufragio sono da individuare nella difficoltà di manovra dell’imbarcazione che, avvicinatasi pericolosamente alla cosa, dovette arenarsi nel corso di una tempesta. Più difficile è intuire perché la nave si trovasse in quel luogo. Le recenti ricerche dell’Archeoclub di Trapani hanno scoperto diversi siti indiziati da raccolte di superficie, proprio nelle vicinanze del nostro relitto. I materiali raccolti incrociano cronologicamente il periodo in questione e, quindi, si potrebbe supporre che la nostra nave stesse per raggiungere uno di tali siti costieri. La morfologia della costa è molto cambiata da allora, quando dovevano esistere almeno un paio di estuari fluviali parzialmente navigabili, che erano un ottimo approdo naturale per imbarcazioni anche di notevole tonnellaggio. L’imbarcazione era a fasciame portante. Quello inferiore (esterno) era costituito da tavole accostate a paro, con i fori e le caviglie lignee per il blocco dei tenoni all’interno delle mortase. Fori di diametro maggiore alloggiavano gli spinotti lignei che tenevano unito fasciame e ordinate.
Il fasciame superiore (interno) era stato costruito alternando tavole di larghezze diverse, più sottili di quelle del fasciame inferiore. Il loro posizionamento era alternato a sbalzo, determinando gradini simmetrici di 2 cm. tra una tavola e l’altra. Quasi al centro della trincea di scavo, praticata per evidenziare la struttura della nave, sono stati localizzati due grossi elementi lignei paralleli, distanti tra di loro 17 cm. Probabilmente si tratta di due paramezzali la cui presenza ben si accorda con la notevole stazza della nave. Al di sotto si trovano quelli che abbiamo interpretato cole le teste di due madieri che sovrastano altri elementi lignei che dovrebbero costituire la chiglia.
L’intervento di scavo ha chiarito la presenza di varie classi di materiali che costituivano il carico e la dotazione di bordo. La gran parte si riferisce a frammenti di anfore, di almeno tre tipi.
La datazione delle anfore si pone orientativamente tra la seconda metà del III e d il IV sec. d.C.
Riguardo alla ceramica che costituiva la dotazione dell’equipaggio, appare ben documentata la ceramica africana da cucina databile tra la fine del I a tutto il II sec. d.C. con continuità anche nei secoli successivi.
Fonte: Archeo ottobre 2002
Autore: Bruno Ampola, Ferdinando Lentini, Sebastiano Tusa
Cronologia: Arch. Romana

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