Secondo gli studiosi risalgono al sesto secolo e difendevano le strade verso Monte Croce e il Norico.
Gli scavi archeologici di Illegio raccontano di importanti fortificazioni, forse i castelli della misteriosa Ibligo, di nobili ai quali era riconosciuto dall’autorità ecclesiastica il diritto di possedere una chiesa privata e, infine, la storia di una pieve, San Floriano, prima forma di organizzazione capillare del territorio, luogo di reclutamento fiscale, del battesimo e delle sepolture.
E’ possibile dare il merito della scoperta archeologica più interessante degli ultimi anni in Friuli, a San Floriano martire? In un certo senso sì, perché la sua commemorazione è servita a dare luce a un Friuli medioevale che, tempo un anno, potrebbe rispondere a una domanda insidiosa per gli storici: dove si trovava la fortezza di Ibligo? Ma andiamo per gradi.
Da alcuni mesi sul territorio di Illegio, nel comune di Tolmezzo, sono in corso degli scavi archeologici voluti dall’ente promotore per la celebrazione dei 1700 ani dal martirio di San Floriano e dalla Soprintendenza archeologica regionale. I quindici archeologi all’opera, chiamati da più parti d’Italia e sotto la direzione scientifica di Aurora Cagnana, della Soprintendenza della Liguria e già direttrice del Museo archeologico nazionale di Cividale, dispongono di 60 mila euro finanziati dal ministero delle Finanze attraverso la Regione per concludere gli scavi presso la pieve di San Floriano sopra Illegio. Motivo? Portare nuovi contributi scientifici a una materia fino a oggi poco indagata e le cui fonti scritte partono dal quattordicesimo secolo: il popolamento della montagna fra Altomedievo ed età feudale e il processo di cristianizzazione. Ma gli scavi hanno portato alla luce tante e tali testimonianze che, a tutt’oggi, sono state scoperte altre due chiese e tre delle sei fortificazioni del luogo. E proprio sulle fortificazioni gli archeologi stanno dimostrando particolare interesse.
Come mai? “L’archeologia medievale – spiega la Cagnana – parla di castelli di prima generazione intendendo quelli sorti nel momento del crollo dell’impero romano a difesa della frontiera e della popolazione disorientata e afflitta dai conseguenti disordini. A noi interessano proprio questi. Paolo Diacono scrisse che, in occasione della calata degli Avari a Cividale nel 610, molte genti fuggirono per rifugiarsi nei castelli di Gemona, Cormons, Osoppo, Ragogna e Ibligo. Quest’ultima è descritta come fortificazione dalla posizione inespugnabile. Il fatto che nel piccolo territorio di Illegio siano presenti ben sei punti fortificati, ci fa sospettare che Ibligo si trovasse proprio qui. Sarebbe una gran scoperta, visto che l’Università di Monaco, fin dagli anni Sessanta, identifica Ibligo con Invillino, pur non essendoci elementi sufficienti per confermarlo.
– Siete sicuri che le fortificazioni trovate risalgano al sesto secolo?
“Se fossero più recenti sarebbero castelli di seconda generazione e a Illegio abbiamo rinvenuto le possenti murature di quello dei nobili del posto, i Domini del Legio, una signoria la cui presenza era testimoniata solo a partire dal dodicesimo secolo. Si trattava di domini ministeriales, i primi trovati in Friuli, servi del patriarca dotati di beni di castra e territoriali. Il sito conserva ancora il toponimo di Castel Moschiart. Ma le fortificazioni a Illegio erano seri e ci sembra improbabile che fossero tutte residenze signorili. A sostenere la nostra tesi, inoltre, ci viene in aiuto lo storico Pier Silverio Leicht che, all’inizio del secolo scorso, attribuisce Ibligo alla zona di Illegio, territorio ben protetto e invisibile dalla valle del But, la più importante via di transito per monte Croce Carnico e per il Norico. Abbiamo spedito in Germania i reperti delle fortificazioni rinvenute nella zona del Tor e del Broili (da brolium, recinzione) e se i risultati, che saranno pronti alla fine dell’anno, dateranno le strutture al sesto secolo, potremmo dire di avere trovato la misteriosa Ibligo menzionata da Paolo Diacono.
– Di quali prove di laboratorio vi servite?
“Quella al carbonio 14 che facciamo in Germania, le analisi geoarcheologiche all’Università di Padova e quelle paleoantropologiche sui resti dei cadaveri, all’Università di Pisa”.
– Ci parli delle chiese.
“Si è scavato integralmente il sottosuolo della pieve di san Floriano, nata per organizzare e garantire il culto della cristianità. In seguito abbiamo aperto altri scavi nella chiesa di San Vito, vicino alla pieve, e in quella di San Paolo, fuori dall’abitato. Entrambe erano presenti soltanto nella cultura orale. La scoperta più interessante sulla pieve, le cui notizie scritte risalivano alla metà del tredicesimo secolo, sono il grande cimitero davanti alla chiesa risalente al nono secolo. E’ in quest’epoca, infatti, con un ritardo dovuto all’isolamento, che si raggiunge la completa cristianizzazione del luogo e lo dimostrano le tombe: i 25 corpi rinvenuti sono stati sepolti secondo il rito cristiano. Le salme sono avvolte in un sudario, hanno le mani conserte sul petto e sono prive di vestiti e oggetti. Non sono sepolte con le casse, usanza frequente a partire dal 1300, e sono sovrapposte una sull’altra senza dare importanza alla posizione: questo perché non esisteva la cultura della monumentalità della tomba. L’anonimato dei morti rientrava nell’idea cristiana del trapasso: per loro era sufficiente la sepoltura vicino a un luogo sacro. Nel 1300 il cimitero è stato pavimentato per ampliare la chiesa. Abbiamo poi trovato la chiesa di San Vito, un ambiente rettangolare di due fasi: una medioevale e una post-medioevale. Durante la prima ci sono numerose successioni di pavimenti d’argilla e abbiamo ragione di credere che la chiesa risalga al nono secolo. Per le sue dimensioni, inoltre riteniamo fosse una chiesa castrense legata al castello dei Domini del Legio. La seconda rinvenuta è quella di San Paolo, forse più vecchia della Pieve, anch’essa con un cimitero e una pianta rettangolare di 150 metri quadri. Ma, al momento, non abbiamo altri dati”.
Dalle tombe informazioni sulla salute.
Malattie ed età media dallo studio delle ossa.
Chi erano le genti che popolavano la zona di Illegio che attualmente è indagata dall’equipe dell’archeologa Aurora Cagnana?
Si trattava di una popolazione autoctona a tutti gli effetti, rurale, romanza e priva di presenze longobarde. Al limite è possibile incontrarvi una presenza norica dall’Austria in epoca tardo antica, ma niente di più.
Per il resto sono molto preziose le notizie che possono raccontare gli scheletri rinvenuti a San Floriano. Il fatto che il cimitero della pieve fosse stato pavimentato nel quattordicesimo secolo, infatti, ha permesso che le spoglie si conservassero integralmente.
Ma in attesa dei risultati delle analisi paleontologiche in corso all’Università di Pisa, alcune considerazioni da parte degli esperti sono già possibili. Il 50 per cento della mortalità era infantile: i bambini morivano appena nati, durante il parto, o verso i tre anni, età dello svezzamento.
Molto alta era anche la mortalità femminile: la donna, infatti, in condizioni di vita faticosa e povera, era particolarmente esposta ai traumi nel periodo del parto e all’indebolimento fisico per gravidanze e allattamento.
L’età media degli uomini era, comunque, di 28 anni. Dall’osservazione dei denti, inoltre, particolarmente allineati e ben smaltati, risultano stadi di denutrizione, soprattutto nel periodo infantile. Sempre presenti numerose e importanti deformazioni e traumi della colonna vertebrale e della clavicole: danni evidentemente dovuti all’uso continuo delle gerle e dei bastoni per i secchi d’acqua.
Elemento curioso è una forte anemia che colpiva la popolazione e le analisi in corso vogliono dimostrare se si trattasse di un’anomalia genetica, oppure di una patologia dovuta alla scarsa alimentazione. Sono in corso, inoltre, anche le analisi per stabilire il tipo di alimentazione. Per quanto riguarda le sepolture, il cimitero della chiesa di San Paolo ha dato alla luce alcune curiosità: fra le falangi di uno scheletro ritrovato è attorcigliato un rosario e, vicino, ci sono dei gancetti per allacciare un ipotetico panciotto del tutto identici a quelli odierni. Attorno al corpo, inoltre, sono presenti dei chiodi, a testimoniare la presenza di una cassa lignea ormai incenerita dal tempo.
Fonte: Messaggero Veneto 09/06/04
Autore: Lucia Burello
Cronologia: Arch. Medievale