Il Tempio di Vesta a Tivoli s’erge in cima a un rupe e sovrasta una fragorosa cascata che precipita in una gola scoscesa a varie balze con uno scintillio d’acque spumeggianti.
Spettacolo “pittoresco”, ben precedente all’elaborazione estetica del concetto di pittoresco nel Settecento. Infatti la prima incisione di “Tiburtum“, topograficamente attendibile, è di Joris Hoefanagel del 1572. A questo straordinario disegnatore fiammingo, che per decenni attraversò in lungo e in largo prima la Spagna e poi l’Italia, non poteva sfuggire l’assoluta rilevanza di un borgo attestato su un roccioso acrocoro appenninico con al centro una cascata: Joris è di una precisione impeccabile e il paese lo si vede con la sua rocca turrita, i campanili del duomo e delle chiese maggiori. L’incisione fu inserita nel Civitates orbis terrarum di Braun e Hogenberg e da allora Tivoli fu celebre nel mondo. Dieci anni dopo è Hendrich van Cleve che passa di lì e questa volta il suo occhio è centrato sul tempio e sulle strutture ad archi che lo sorreggono.
Alla cultura cinquecentesca delle renovatio il Tempio di Vesta non poteva sfuggire: è un tempio periptero circolare modellato direttamente su esempi greci. Fu eretto nella prima metà del I secolo a. C. ed è dunque pressoché con-temporaneo a quello romano del Foro boario, ma ha talune particolarità costruttive: presentando una versione originale nell’uso dell’ordine corinzio. I muri della cella sono di calcestruzzo e il basso podio sagomato sostituisce il basamento dei gradini tipico del tempio greco.
Ora per merito del Fai, Fondo Ambiente Italiano, e il contributo dell’Arpai il tempio è stato restaurato così da completare il recupero del complesso di Villa Gregoriana alla cui inaugurazione intervenne il presidente Ciampi con Giulia Maria Crespi Mozzoni fuor dai panni dalla gioia e fondatamente orgogliosa del lavoro compiuto.
In un paese che così poco fa per il suo straordinario patrimonio d’arte e di natura sono questi i momenti che conviene vivere.
Mai come in questo caso i due termini di arte e natura sono miracolosamente congiunti e se ne avvidero letterati e pittori di ogni tempo e di ogni nazione affascinati dall’eccezionalità orografica del sito e dalla rilevanza delle architetture.
Il tempio di Vesta (o luogo dedicato ai culti cittadini) è un’icona del Grand Tour e avendo svolto un’accurata indagine iconografica sul tema posso dire che non resta che l’imbarazzo della scelta.
Ho in merito un ricordo personale.
In una visita ad Augusburg fui invitato da Hanno Walter Kruft nel suo Schloss: in biblioteca aveva alle mura non solo una splendida collezione di Piranesi, ma un acquerello di Philipp Hackert di largo formato con il Tempio di Vesta in evidenza, il contiguo tempio rettangolare della Sibilla e, di fronte – sull’ altro sperone della gola – la così detta Villa di Mecenate. Ma accanto al prussiano Hackert, che più volte riprese in tele di squillante freschezza il sito, non si contano le tele, le incisioni e i disegni che illustrano le rilevanti architetture antiche, il contesto medievale che le protegge e lo spettacolare contesto naturalistico. Ci sono artisti che prediligono la cascata, altri l’architettura, altri ancora che non rinunciano né all’una né all’altra. Frans van Bloemen adotta un campo lungo e non a caso fu detto dell’Orizzonte; Gaspar van Wittel si dispone in basso lì dove la cascata dell’Amene si quieta e riprende il ponte medievale, le quinte delle rocce e della foresta, fino a spingere lo sguardo su in alto alla rupe con il tempio che si leva come una gemma di marmo illuminata dal sole.
Alcuni fanno una panoramica, poi un disegno analitico del tempio di elegantissima fattura; il Cavalier Piranesi fa uno zoom sulle due architetture e la sua coppia di incisioni sono dei veri rilievi archeologici.
Se possibile ancora più analitico il rilevo frontale delle due architetture di Desprez. Il gallese Thomas Jones e lo svizzero Ducros esaltano l’isolamento del tempio. A vedere Tivoli e il Tempio di Vesta, il Tempio della Sibilla e la Villa di Mecenate sono passati un po’ tutti: Giorgio III re di Svezia va lì e si fa riprendere da Desprez, che porterà poi con sé a Stoccolma come pittore e architetto di corte: il sovrano è ai piedi della cascata con il seguito con il naso all’insù volto a mirare la scena. Il tempio e lo spettacolo della cascata affascinò i pensionnaires dell’Accademia di Francia come Fragonard e Hubert Robert. I tedeschi von Dillis e Dietrich fanno sentire quanto di autenticamente romantico esprime un tale sito.
Le pagine letterarie meriterebbero la medesima attenzione: Goethe il 16 giugno del 1787 scrive: «A Tivoli m’ero assai stancato passeggiando e disegnando nella canicola. V’ero andato con Hackert, il quale è un maestro straordinario nel ritrarre la natura e nel dare immediatamente forma al disegno». La natura e l’ arte come verità assoluta.
Con il restauro del Tempio di Vesta – prezioso a tal fine il modellino in sughero di Antonio Chichi – il complesso di Villa Gregoriana ha un suo suggello simbolico e il tempio per la sua formacircolare è davvero una sontuosa corona di marmo che s’erge sulla cascata e si staglia nell’azzurro del cielo.
Fonte: La Repubblica 27/06/2006
Autore: Cesare De Seta
Cronologia: Arch. Romana