Reperti archeologici rinvenuti nel corso dei lavori per la discarica di Terzigno, la conferma arriva dal Soprintendente Archeologico di Pompei, Pietro Giovanni Guzzo: “La struttura commissariale per la gestione dei rifiuti ci ha comunicato la possibilità di eventuali ritrovamenti. Abbiamo compiuto, quindi, dei sopralluoghi e stiamo svolgendo le indagini che riteniamo necessarie per definire la natura di questi ritrovamenti”.
Un’ indiscrezione che era circolata con insistenza nelle ultime settimane, subito dopo la notizia che il sito aveva avviato la sua attività. A conferma che l’area individuata dal sottosegretario di governo Guido Bertolaso per raccogliere i rifiuti della provincia di Napoli e le ceneri di Acerra, oltre a ricadere nel perimetro del Parco Nazionale del Vesuvio, è anche una zona di interesse archeologico è, dunque, una circostanza dimostrata dai ritrovamenti venuti alla luce nel corso dei lavori.
“Si, ci sono stati dei ritrovamenti e abbiamo in atto una corrispondenza con la struttura commissariale che si occupa dei rifiuti”, continua Guzzo.
Quale sia l’interesse storico e scientifico di questi reperti archeologici lo stabiliranno soltanto le indagini che stanno svolgendo i tecnici della soprintendenza. Risultati che verosimilmente arriveranno dopo il 31 agosto, che di fatto sarà l’ultimo giorno a Pompei dello studioso di archeologia che dopo quaranta anni di servizio lascerà la Soprintendenza.
“Dal 1969 al 2009, da Napoli a Napoli. Un cerchio che si chiude”, inizia così il racconto del professor Guzzo ci accoglie nel suo studio all’interno degli uffici di Pompei. Scatoloni da imballaggio disseminati un po’ su tutto il pavimento. Gli scaffali della libreria sono ormai vuoti: “Sto facendo un po’ di ordine, dovrò sistemare i libri che negli anni non ho letto e che conservavo qui”.
Respinge con garbo l’etichetta di “pensionato”: “Per me è quello che va ai giardinetti sulle panchine, ci sono ancora tante cose da leggere e da studiare. Con questo lavoro negli ultimi anni non ho frequentato molto le biblioteche, dovrà ricominciare”. Ricominciare, dopo 14 anni e mezzo passati alla guida della Soprintendenza di Pompei, che dal 2008 è stata accorpata a quella di Napoli. Guzzo, da un anno dirige ad interim, anche la soprintendenza di Caserta e Benevento.
“Ho cercato di lavorare cercando di gestire tutte le situazioni che si sono verificate in questi territori riguardo alla tutela dei beni archeologici”, è stato questo il suo modo di agire. Eppure di “imprevisti” ne ha dovuti affrontare tanti da quando “mi ritrovai unico funzionario in Calabria ed il professor Mariotti trovò i famosi Bronzi di Riace o la scoperta del villaggio di Longola a Poggiomarino. Reperti che nessuno avrebbe mai immaginato di trovare”.
Qual è la situazione del patrimonio archeologico campano?
“E’ una delle situazioni più ricche di Italia. Qui si va dalla preistoria al tardo impero. Gli scavi avvenuti in occasione della costruzione della metropolitana di Napoli lo testimoniano. Davanti ad una dimensione sterminata di reperti, c’è bisogno di uno sforzo nel lavoro maggiore”.
Ma un lavoro maggiore, significa anche maggiori fondi?
“Le soprintendenze campane in questi anni hanno potuto giovare dei fondi europei veicolati attraverso la Regione. Questo ha permesso l’avvio di diversi progetti. Ma bisogna continuare a reperire i soldi che sono sempre di meno rispetto ai propositi”.
La strada può essere quella di aprire ai privati?
“Certo questa è una strada che noi abbiamo già percorso in passato. Ad Ercolano i nostri progetti vanno avanti grazie all’interesse della Fondazione intitolata a David Packard. A Pompei, ultimamente l’associazione dei Conciari ha finanziato la ristrutturazione di un’antica conceria. Oplonti ha sviluppato una collaborazione con l’Università del Texas. Ma devono rappresentare una integrazione di quello pubblico. E’ lo Stato che deve garantire la conservazione dei monumenti che rappresentano la storia di un paese”.
Che area archeologica di Pompei lascia?
“Alla fine degli anni ’90 dei quarantaquattro ettari del sito solo il 14% era in sicurezza, oggi siamo al 31%. Certo si sarebbe potuto fare di più. Ma abbiamo dovuto fare i conti anche con la decisione da parte del Governo di bloccare le assunzioni. Non a caso parlo di area messa in sicurezza e non visitabile. Perché se si vuole rendere un’area visitabile c’è bisogno di vigilanza. C’è bisogno di aspettare tempi finanziariamente migliori”.
Ma intanto le scoperte sono continue. Un territorio, quello intorno al Vesuvio, ricco di reperti. Lo dimostra Terzigno, Poggiomarino, ed anche aree al centro di studi da anni riservano sorprese a questo va aggiunto il fenomeno dei tombaroli.
“Sicuramente tanti reperti sono stati distrutti, perché arriviamo tardi, oppure sono trafugati. Basti pensare che un mese fa nella zona a nord di Pompei è stato trovato uno scavo clandestino. Ma è un territorio che continua a stupirci: dieci giorni fa a confine con Torre Annunziata è stata scoperta una villa o una fattoria con una sepoltura e nessuno sapeva niente”.
Nessuno immaginava nemmeno che a Poggiomarino ci fosse un villaggio protostorico?
“No. E’ stata una scoperta casuale. Ne nacque anche un contenzioso con il Governo che doveva realizzare un depuratore per il Sarno. Alla fine si è deciso di fermare i lavori”.
Ma in questi anni si sono fermati anche gli scavi, perché?
“C’è ricchezza ed abbondanza in queste zone. Ed i fondi ed il personale sono pochi. Abbiamo dato priorità ad un censimento di quello esistente, in modo da avere una mappa dettagliata degli interventi da fare”.
La Soprintendenza Archeologica non è solo Pompei, ma anche tanti siti minori, perché non c’è uno sviluppo turistico unanime?
“Purtroppo tutti questi siti definiti minori vivono all’ombra di Pompei. E questo va di pari passo con una mancata valorizzazione e diffusione della conoscenza che dovrebbero fare anche i comuni. Per questo abbiamo evitato di continuare a scavare, favorendo lo strumento del vincolo. Cioè bloccando le zone che hanno una documentazione archeologica in maniera tale che si conservi per tempi migliori”.
Fonte: Metrpolis web 31/07/2009
Autore: Gennaro Carotenuto