Il più antico edificio da spettacolo costruito su una serie di volte ardite, il complesso risalente al 100 a.C. ricostruito in vari periodi ma che raggiunse l’aspetto definitivo nel III secolo con i suoi capitelli, le colonne, le sculture di marmo pregiato provenienti delle cave dell’Impero ha riacquistato, la perduta eco. Certo non sarà mai l’acustica originaria, in ragione delle difficoltà oggettive, e spesso inattese incontrate durante il rifacimento, soprattutto delle gradinate. Infatti, parlando nell’arena, l’eco propaga fedelmente le parole e le farsi pronunciate dall’attore intento a recitare la sua parte nella scena centrale. La risonanza era la caratteristica indispensabile per l’utilizzo del complesso teatrale capace di ospitare, nel momento di massimo splendore, migliaia di spettatori. Ora si pensa addirittura di sfruttare la circostanza dando la possibilità di accesso a compagnie teatrali e gruppi musicali e canori.
Una scelta, però, in controtendenza rispetto all’idea di una schiera sempre più vasta di puristi dell’archeologia per i quali la salvaguardia passa attraverso la conservazione attenta delle emergenze archeologiche. Per gli stessi, non si dovrebbe parlare mai di ricostruzione, ma al massimo di un certosino restauro dei ruderi così come restituiti ai contemporanei.
Ma, per Teanum Sidicinum sembra proprio che prevarrà la via di mezzo, una pubblica fruizione calibrata, misurata, nel pieno rispetto, si spera, del sito teatrale più importante del sud Italia.
In tal senso è in programma l’apertura al pubblico del teatro con un momento d’inaugurazione già programmato – come informa il responsabile del museo archeologico di Teano, Francesco Sirano – per il prossimo 27 giugno.
Una notizia importante, non solo e non tanto per gli studiosi dei segni e dei simboli della storia antica, ma soprattutto per gli amanti del turismo archeologico che hanno sempre riconosciuto al territorio sidicino un enorme potenziale vessato però, questo è il fatto, da una scarsa fruibilità.
Il teatro era diventato afono nel periodo oscuro. Quello dell’abbandono e della successiva demolizione e cannibalizzazione dei marmi e dei mattoni dal caratteristico colore un rosso cupo. Una zona grigia che gli studiosi moderni concordano possa rientrare tra il VI e VIII secolo. La voce ritrovata è il segno che in qualche modo la cura ha funzionato. Ossia che cantieri di lavoro appena ultimati sono andati nella giusta direzione. È la concretizzazione del progetto Por-Pit «Antica Capua». E proprio stamattina quale sintesi della settimana della cultura che ha visto in campo il Comune di Teano, la Soprintendenza archeologica e le scuole, si potrà assistere alla messa in scena di opere teatrali e al riutilizzo delle antiche fornaci da parte dell’associazione «Cultura e tradizioni sidicine».
Fonte: Il Mattino 03/05/2009
Autore: Elio Zanni
Cronologia: Arch. Romana