Una punta di freccia realizzata con una scheggia ricavata da un meteorite, durante la fine dell’Età del Bronzo – 800 a.C. circa – è stata identificata tra i reperti bronzei svizzeri di quell’epoca. L’oggetto fu ricavato, probabilmente a freddo, fresando e limando una piccola porzione dei detriti ferrosi del bolide. Ma il corpo celeste, come hanno stabilito i ricercatori, non era caduto nelle vicinanze.
I marcatori chimico-fisici hanno consentito di stabilire che il metallo celeste sia giunto, con elevata probabilità, dall’Estonia, dove, proprio nell’Età del Bronzo, era caduto un meteorite che presenta le stesse caratteristiche fisico-chimiche dell’arma trovata in Svizzera.
La punta di freccia giunse alle palafitto a Mörigen – nel territorio del comune svizzero che conta oggi 891 abitanti ed è situato nel Canton Berna – dopo aver percorso, con altre merci, più di 1600 chilometri, forse seguendo la cosiddetta via dell’ambra. Doveva essere un oggetto molto prezioso, magico e performante. In quell’epoca il ferro non veniva ancora prodotto e le uniche, rarissime armi in ferro – tra i quali i “pugnali” di alcuni faraoni – venivano realizzate facendo ricorso ai doni del cielo, cioè ai resti di meteoriti.
Lo studio -” Una punta di freccia in ferro meteoritico proveniente dall’insediamento della tarda età del bronzo di Mörigen, in Svizzera e dalla sua possibile fonte” – sarà pubblicato nel mese di settembre 2023 sul Journal of Archaeological Science.
“La ricerca di manufatti in ferro meteoritico è stata eseguita in collezioni archeologiche nell’area più ampia del lago di Bienne, in Svizzera. – dicono gli studiosi che hanno compiuto lo studio – È stato identificato un singolo oggetto in ferro meteoritico, una punta di freccia con una massa di 2,9 g trovata nel XIX secolo nell’insediamento lacustre della tarda età del bronzo (900-800 a.C.) di Mörigen, in Svizzera. L’origine meteoritica è sicuramente provata combinando metodi estesi e recentemente applicati ad un manufatto archeologico “.
Tra i rilevatori principali del ferro di natura cosmica, una consistenza presenza di nichel.
I ricercatori hanno inizialmente pensato che il ferro meteoritico potesse provenire da campo disseminato di “frammenti di bolide” a Twannberg, nelle vicinanze del luogo del ritrovamento, ma probabilmente i materiali di Twannberg non erano disponibili in quell’epoca. Così la freccia o il metallo da cui essa è composta vengono da molto lontano.
“La punta di freccia realizzata con ferro meteoritico IAB e proveniente da un insediamento dell’età del bronzo a Mörigen, in Svizzera, dimostra che i meteoriti di ferro venivano usati e scambiati dall’800 a.C. (o prima) nell’Europa centrale. – affermano gli studiosi – In base ai componenti della punta di freccia svizzera, il meteorite di Kaalijarv (Estonia) con un’età dell’impatto relativa all’età del bronzo (∼1500 a.C.) sembra essere un possibile candidato come fonte di prelievo di questo materiale, il che implica un trasporto di oltre 1600 km. Frammenti di questo meteorite potrebbero essere stati scambiati sulle stesse rotte dall’area baltica dell’ambra. Derivata o meno da Kaalijarv, la punta di freccia molto probabilmente non era un oggetto singolare e probabilmente altri frammenti lavorati di ferro meteoritico, inclusi campioni di dimensioni relativamente piccoli, sono presenti nelle collezioni archeologiche in Europa e forse anche a distanze maggiori”.
“La piccola dimensione di tali oggetti sembra essere legata allo sfruttamento di numerose “schegge” risultanti dall’impatto del meteorite Kaalijarv, ma potrebbero essere stati usati usati anche blocchi più grossi per realizzare manufatti di dimensioni maggiori. -proseguono gli studiosi – Altri manufatti dell’Età del Bronzo realizzati con meteoriti, in particolare quelli piccoli dall’aspetto molto piatto come gli “scalpelli” nella tomba di Tutankhamon dovrebbero essere oggetto di analisi comparative. (per stabilire se anch’essi siano stati ricavati dal meterorite estone, ndr – La ricerca di relativi frammenti di ferro di origine meteoritica in collezione dovrebbe quindi includere (ma non limitarsi a) oggetti piccoli e piatti”.
Lo studio è firmato da Beda A. Hofmann, Sabine Bolliger Schreyer, Sayani Biswas, Lars Gerchow, Daniel Wiebe, Marc Schumann, Sebastian Lindemann, Diego Ramírez García, Pierre Lanari, Frank Gfeller, Carlos Vigo, Debarchan Das, Fabian Hotz, Katharina von Schoeler, Kazuhiko Ninomiya, Megumi Niikura, Narongrit Ritjoho, Alex Amato.
Fonte: www.stilearte.it, 2 ago 2023