Un pugnale romano, cento ghiande di piombo per le fionde – che recano impressa la sigla del XII legio – chiodi da calzature, resti di uno scudo e altri reperti sono venuti alla luce grazie all’azione di un ispettore onorario della soprintendenza – che ha esplorato la zona con un metaldetector, recuperando il prezioso pugnale – e ai servizi archeologici di Stato, che sono intervenuti poi per indagini sistematiche, portando alla luce altri resti di uno scontro militare avvenuto probabilmente attorno al 15 a.C. in una gola montana, nel Cantone dei Grigioni, in Svizzera.
Da un lato il potente esercito romano. Dall’altro – forse nel tentativo di presidiare la gola, respingendo i nemici – i Reti. I resti di dotazioni militari rimaste sul terreno fanno pensare che la risposta dei legionari romani sia stata violentissima. E che abbiano scatenato l’inferno, in uno scontro – probabilmente – di non lunga durata.
“Sembra che la gente del posto si fosse rintanata e sia stata colpita dai romani con fionde e catapulte”, ha detto Peter Schwarz, professore di archeologia romana all’Università di Basilea. Schwarz ritiene che alla battaglia abbiano preso parte 1.500 soldati. Un numero per certi aspetti limitato di militari, ma probabilmente sufficiente ad aver ragione, con risalite strategiche, delle resistenze dislocate dei Reti. Del resto la configurazione del terreno – siamo in una gola, quindi in una strettoia – non avrebbe offerto un fronte molto più ampio e non avrebbe richiesto un impegno maggiore di soldati. Per ora non sono stati trovate sepolture da ricondurre alla battaglia stessa.
Le monete, il tipo di chiodi delle scarpe e i materiali trovati durante le ricerche offrono elementi precisi che consentono di stabilire l’epoca della battaglia.
Gli studiosi ritengono che, anche alla luce del programma quinquennale di ricerche, sarà possibile sapere se – come parrebbe oggi – lo scontro sia da collegare all’offensiva romana disposta con decreto dall’imperatore Augusto, nel 15 a.C.
“Questa è la prima volta che i resti di un sito di battaglia romano sono stati trovati in Svizzera”, ha detto Schwarz -“Sembra che i romani abbiano attaccato il loro nemico su un lato della valle, li abbiano spinti oltre il fiume, dall’altra parte della gola, prima di attaccare di nuovo”.
Tutto avvenne nella strettoia del Crap Ses, nel comprensorio della Val Sursette, tra Tiefencastel – 859 metri sul livello del mare e Cunter – 1.182 metri di altitudine -. Una zona che, anche oggi, manifesta chiaramente il collegamento stretto con il mondo latino, quello degli occupanti. Qui si parla, infatti, il romancio, una lingua svizzera che ha grandi affinità con il ladino e con il friulano, entrambi parlati in Italia.
In questo comprensorio, al passo del Settimo, gli archeologi hanno evidenziato e studiato le tracce di un accampamento romano.
Non pare fuorviante anche notare che Crap ses (ses è sei nei dialetti del nord Italia) quanto Passo del settimo (sept), o Val Sursette (Sur-ses) siano toponimi che andrebbero vagliati perchè potrebbero trovare origine nelle dislocazione, contrassegnata da denominazioni numeriche (sei o sette), delle forze di occupazione.
Tanto, questa ricerca nella gola del Crap ses, deve a Lucas Schmid, ispettore onorario della Soprintendenza che ha rilanciato le ricerche, grazie al ritrovamento, con metal detector, di un pugnale romano, particolarmente elegante e raro.
“Oltre alla spada, il pugnale (in latino pugio) era la seconda arma bianca usata dai soldati romani, sia delle legioni, sia delle truppe di appoggio – spiegano gli archeologi svizzeri – Per via della sua impugnatura a forma di croce, il pugnale del Crap Ses può essere datato al periodo compreso tra il 50 a.C. e l’anno zero. Pugnali di questo tipo sono rari. Finora se ne conoscono solo quattro esemplari, di cui uno proveniente dall’accampamento romano di Vindonissa, nel Cantone di Argovia. Il pugnale si trovava nel suolo senza guaina e probabilmente è stato deposto intenzionalmente”.
Nell’ambito del progetto archeologico è stato possibile coinvolgere quali partner la cattedra di studi su Vindonissa dell’Università di Basilea, il Gruppo di lavoro prospezione Svizzera, l’Ufficio federale della cultura nonché altre istituzioni.
Fonte: www.stilearte.it, 9 nov 2021