Un guerriero che operava ai posti di comando, tumulato insieme a una spada, un’ascia, una lancia, le frecce, due scudi, un coltello e due cavalli: lo scheletro della metà del decimo secolo ancora in assetto da battaglia fu rinvenuto, attorno al 1880, in una tomba della città svedese di Birka.
Per 130 anni si è quasi dato per scontato che Bj 581, questo il nome del reperto, fosse l’archetipo del guerriero vichingo, nonostante alcune caratteristiche delle ossa sembrassero indicarne il genere femminile. Ora, un’attenta analisi genetica delle Università di Uppsala e Stoccolma (Svezia) rivela che lo scheletro aveva due cromosomi X, e nessuna Y: la prima guerriera vichinga di alto grado mai identificata.
Fonti letterarie e rilievi archeologici avevano già suggerito in passato la presenza di donne negli eserciti dei popoli del Nord, ma questa è la prima testimonianza di una donna comandante. Insieme allo scheletro sono venuti alla luce infatti, anche una tavoletta e alcune pedine, che dovevano servire a elaborare e mostrare le tattiche di guerra, «la prova che doveva trattarsi di un ufficiale, qualcuno abituato a elaborare strategie e guidare le truppe in battaglia. Non una Valchiria delle saghe, ma un leader militare in carne e ossa, oltretutto donna» spiega Charlotte Hedenstierna-Jonson, a capo dello studio.
La testimonianza archeologica conferma il grado di emancipazione delle donne vichinghe, abili amministratrici di case e fattorie in assenza dei mariti e – ora lo sappiamo – valenti condottiere.
Autore: Elisabetta Intini
Fonte: www.focus.it, 11 set 2019