Dopo duemila anni Susa scopre sotto il suo castello i resti del palazzo del Re piu’ antico del Piemonte. No, non era un Savoia. Era Cozio, figlio di Donno.
Dal 13 avanti Cristo, per piu’ di una ventina d’anni, fu sovrano delle Alpi che ancora portano il suo nome. Governava quattordici tribu’ celtiche, controllava i passi Alpini e ne riscuoteva il pedaggio.
La sua epopea ritrova attualita’ grazie a cinque anni di scavi archeologici, appena conclusi dalla Soprintendenza guidata da Egle Micheletto. Con il sostegno di Stato, Provincia e Comune di Susa, l’archeologo Federico Barello dal 2005 ha indagato i sotterranei e le pertinenze del castello segusino. Ha scoperto che le sue cantine voltate sono antichi ambienti romani, fondati sulla roccia. Con robusti pilastri sostenevano stanze in cui sono emersi resti di pavimenti a mosaico.
«Facevano parte del Palazzo di Cozio» assicura Barello. «Era un complesso di almeno 3500 metri quadri, su piu’ piani. Dominava la strada che conduce al Monginevro. Vi si accedeva dalla scalinata monumentale rinvenuta negli anni Trenta del Novecento dall’archeologo Carlo Carducci. Al piano terra vi erano magazzini e servizi, a quello superiore gli appartamenti. L’impianto fu modificato nel quarto secolo dopo Cristo, per trasformarlo in fortezza».
E’ una storia che verra’ raccontata al grande pubblico la prossima primavera, con una mostra curata dal Comune. Parlera’ della dimora di un personaggio che seppe mediare fra cultura celtica e quella romana.
«Gli storici Strabone e Damiano Marcellino – spiega Barello – narrano che quando Cozio vide arrivare le legioni di Cesare Ottaviano Augusto non solo seppe farsi rispettare, ma divenne in seguito sincero amico del futuro imperatore, tanto da dedicargli l’arco di trionfo che dall’anno 9 avanti Cristo tutt’ora lo celebra. Augusto lo ricambio’. Ne fece il suo prefetto. Lo associo’ persino alla propria famiglia, la «gens Giulia», con il nome di Marco Giulio Cozio».
Fu un’alleanza che trasformo’ il villaggio originario di Cozio. Da borgo di capanne divenne la sua capitale: Segusio. In vetta al colle che la sovrasta sorse la reggia. Nel foro, l’odierna piazza Savoia, fu eretto il tempio che celebrava la divinita’ dell’amico Augusto. Nella citta’ furono profusi i bianchi marmi che Cozio estraeva dalle cave di Foresto e Chianocco. Susa divenne patria di una dinastia locale, ma molto intraprendente, che ebbe discendenza fino al tempo di Nerone.
«I figli di Cozio, Donno II e Cozio minore – ricorda Barello – ebbero interessi anche a Torino. Furono loro a finanziare la costruzione del teatro romano della citta’. Al padre defunto, verso il 13 dopo Cristo, offrirono una tomba monumentale, rintracciata a Susa nel giardino di casa Ramella, in piazza Savoia. Qui nel 1904 venne alla luce l’urna funebre del Re, oggi custodita dal museo civico».
Nei pressi gli archeologi trovarono anche una testa di bronzo, oggi proprieta’ del Metropolitan Museum di New York. Raffigura un uomo con collo taurino, mascella squadrata, naso dritto, sotto uno sguardo fiero.
«All’atto del ritrovamento – ricorda Barello – si disse che rappresentava Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto e fondatore del Pantheon di Roma. Fu lui che medio’ l’alleanza fra Ottaviano e Cozio. Ma uno studioso tedesco, Dietricht Boschung, oggi nega che sia Agrippa».
Chi sarebbe? «Un personaggio importante di Segusio». Potrebbe essere Cozio? «Non ci e’ pervenuto alcun suo ritratto. Ma e’ certo che quella testa e’ comparsa accanto alla sua tomba».
Autore: Maurizio Lupo
Dal 13 avanti Cristo, per piu’ di una ventina d’anni, fu sovrano delle Alpi che ancora portano il suo nome. Governava quattordici tribu’ celtiche, controllava i passi Alpini e ne riscuoteva il pedaggio.
La sua epopea ritrova attualita’ grazie a cinque anni di scavi archeologici, appena conclusi dalla Soprintendenza guidata da Egle Micheletto. Con il sostegno di Stato, Provincia e Comune di Susa, l’archeologo Federico Barello dal 2005 ha indagato i sotterranei e le pertinenze del castello segusino. Ha scoperto che le sue cantine voltate sono antichi ambienti romani, fondati sulla roccia. Con robusti pilastri sostenevano stanze in cui sono emersi resti di pavimenti a mosaico.
«Facevano parte del Palazzo di Cozio» assicura Barello. «Era un complesso di almeno 3500 metri quadri, su piu’ piani. Dominava la strada che conduce al Monginevro. Vi si accedeva dalla scalinata monumentale rinvenuta negli anni Trenta del Novecento dall’archeologo Carlo Carducci. Al piano terra vi erano magazzini e servizi, a quello superiore gli appartamenti. L’impianto fu modificato nel quarto secolo dopo Cristo, per trasformarlo in fortezza».
E’ una storia che verra’ raccontata al grande pubblico la prossima primavera, con una mostra curata dal Comune. Parlera’ della dimora di un personaggio che seppe mediare fra cultura celtica e quella romana.
«Gli storici Strabone e Damiano Marcellino – spiega Barello – narrano che quando Cozio vide arrivare le legioni di Cesare Ottaviano Augusto non solo seppe farsi rispettare, ma divenne in seguito sincero amico del futuro imperatore, tanto da dedicargli l’arco di trionfo che dall’anno 9 avanti Cristo tutt’ora lo celebra. Augusto lo ricambio’. Ne fece il suo prefetto. Lo associo’ persino alla propria famiglia, la «gens Giulia», con il nome di Marco Giulio Cozio».
Fu un’alleanza che trasformo’ il villaggio originario di Cozio. Da borgo di capanne divenne la sua capitale: Segusio. In vetta al colle che la sovrasta sorse la reggia. Nel foro, l’odierna piazza Savoia, fu eretto il tempio che celebrava la divinita’ dell’amico Augusto. Nella citta’ furono profusi i bianchi marmi che Cozio estraeva dalle cave di Foresto e Chianocco. Susa divenne patria di una dinastia locale, ma molto intraprendente, che ebbe discendenza fino al tempo di Nerone.
«I figli di Cozio, Donno II e Cozio minore – ricorda Barello – ebbero interessi anche a Torino. Furono loro a finanziare la costruzione del teatro romano della citta’. Al padre defunto, verso il 13 dopo Cristo, offrirono una tomba monumentale, rintracciata a Susa nel giardino di casa Ramella, in piazza Savoia. Qui nel 1904 venne alla luce l’urna funebre del Re, oggi custodita dal museo civico».
Nei pressi gli archeologi trovarono anche una testa di bronzo, oggi proprieta’ del Metropolitan Museum di New York. Raffigura un uomo con collo taurino, mascella squadrata, naso dritto, sotto uno sguardo fiero.
«All’atto del ritrovamento – ricorda Barello – si disse che rappresentava Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto e fondatore del Pantheon di Roma. Fu lui che medio’ l’alleanza fra Ottaviano e Cozio. Ma uno studioso tedesco, Dietricht Boschung, oggi nega che sia Agrippa».
Chi sarebbe? «Un personaggio importante di Segusio». Potrebbe essere Cozio? «Non ci e’ pervenuto alcun suo ritratto. Ma e’ certo che quella testa e’ comparsa accanto alla sua tomba».
Autore: Maurizio Lupo
Fonte: La Stampa, Torino, 3 gennaio 2011