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SPAGNA. Scoperte antiche tombe romane intatte a forma di cupae e con l’infundibulum.

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Alcune tombe romane intatte sono state alla luce in questi giorni, nel corso della destrutturazione di una vecchia fabbrica vetraria, a Siviglia, in Spagna, e dei controlli archeologici preventivi rispetto alla realizzazione di alcuni immobili.
La notizia è stata data dal quotidiano Diario de Sevilla. Il luogo si trova sul tracciato della Carretera de Carmona, la vecchia strada romana. Sappiamo che all’esterno delle città romane, lungo le strade principali, sorgevano le “urne dei forti” e degli antenati. Monumenti o edifici funerari anche di ampie dimensioni – che dimostravano l’importanza del defunto, della famiglia e della città in cui aveva abitato – o strutture più piccole o colombari per chi non aveva grandi disponibilità economiche.
“Tra le tombe – scrive il giornalista culturale Juan Parejo – spiccano le cosiddette cupae, monumenti funerari a pianta allungata e copertura cilindrica, di cui finora non si trovavano molti esempi a Siviglia. La delegazione ispettoriale alla Cultura è a conoscenza di tutte queste scoperte che vengono analizzate e studiate per decidere come procedere. Le cupae sono monumenti funerari semplici, a pianta allungata e con copertura cilindrica che ricordano la forma di una vasca giacente, da cui prendono il nome. Quelli finora rinvenuti sul terreno della vecchia vetreria rispondono alla tipologia di structil cupa, cioè realizzati con opera muraria (mattoni, muratura…) e ricoperti di stucco. Nell’antica Híspalis queste cupae erano state finora scarsamente documentate, per cui questi ritrovamenti rappresentano un’importante novità per la conoscenza delle tradizioni funerarie di questa fase della città di Siviglia”.
Le tombe ora scoperte dispongono ancora dell’infundibulum, un cilindro di ceramica o la parte sovrastante di un’anfora tagliata, di fatto un imbuto che veniva inserito – e in questi casi murato – nella tomba e che serviva sì per versare vino o essenze profumate che finivano nel vano tombale, ma che costituiva anche una sorta di tentativo di superamento della chiusura claustrofobica della morte, lasciando una via di comunicazione più diretta tra i familiari e i propri cari defunti. Possiamo immaginare che le parole e le preghiere fluissero all’interno della tomba, amplificate. E che in parte essere potessero tornare all’orecchio di chi le pronunciava, con il suono reso cupo dal vano murato, che dava le certezza che il defunto fosse avvolto anche dal bene effuso delle parole di disperazione o di conforto pronunciate all’esterno.
Del resto le cupae – utilizzate soprattutto da quelle classi che oggi coinciderebbero, sotto il profilo censuario, con la medio-piccola borghesia – creano un’intercapedine tra il contenitore delle ceneri o del corpo e la copertura della tomba e sono distaccate dalla terra attraverso un basamento. Evitano cioè il contatto diretto del morto con la nuda terra e lo inseriscono in una calotta protettiva, entro la quale sembra facilitata la corrispondenza di amorosi sensi, quasi fosse una minuscola casa, all’interno della quale l’infundibulum funge da finestra.
“In una di queste cupae – dice Juan Parejo – è stata rinvenuta, incastonata, una lapide funeraria in marmo dove, in attesa di ulteriori studi da parte della direzione dell’attività, risulta essere letto il nome della defunta: Calliope. Non è la prima volta che nella zona compaiono resti di sepolture romane. All’inizio del 2022, in via Santa María, a Fontanal, sono stati rinvenuti resti appartenenti alla necropoli romana, costruita nel I secolo dopo Cristo e utilizzata fino al II secolo. Tra gli elementi che hanno attirato maggiormente l’attenzione ci sono stati quelli appartenenti ad un triclinium, una stanza dedicata ai banchetti funebri e di cui finora non è stato rinvenuto nulla di simile nel capoluogo andaluso.
Giulia Baratta dell’Università di Macerata nel saggio “Alcune osservazioni sulla genesi e la diffusione delle cupe” – pubblicato nel libro “L’Africa romana. Mobilità delle persone e dei popoli, dinamiche migratorie, emigrazioni ed immigrazioni nelle province occidentali dell’Impero romano. Carocci editore, 2006- spiega: “Quella delle cupae è una particolare categoria di monumenti funerari diffusa nei territori del Mediterraneo occidentale e nell’Europa continentale a partire dal I e soprattutto nel II e III secolo d.C. Le cupae compaiono in Africa, in particolare nella Proconsolare, nella Numidia e in Mauretania, nella Penisola Iberica, soprattutto nell’Hispania Citerior, a Barcellona e a Tarragona, nella Betica, nella Meseta centrale in Lusitania, a Merida, intorno a Lisbona e nella parte meridionale della provincia, in Sardegna, ad Ostia, a Roma e nei suoi dintorni e nell’Italia centro-meridionale, in Gallia, Mesia e Dacia”.

I Tartessi furono i primi a stabilirsi nella regione dove oggi sorge Siviglia, fondando il loro insediamento intorno all’VIII secolo a.C. chiamandolo Ispal. Successivamente, Fenici e Greci svilupparono relazioni commerciali con i Tartessi, che dominavano non solo la città ma anche una parte meridionale della Spagna. Un importante retaggio di questa civiltà è il Tesoro del Carambolo, rinvenuto nei dintorni di Siviglia nel 1958 e oggi custodito nel Museo Archeologico.
Nel III secolo a.C., i Cartaginesi brevemente occuparono la zona, ma durante la seconda guerra punica, le legioni di Scipione l’Africano giunsero alle porte di Ispal nel 206 a.C., sconfiggendo l’esercito cartaginese guidato da Asdrubale.
Dopo la vittoria, Scipione decise di fondare una città per ospitare le sue truppe, chiamandola Italica, situata a breve distanza da Ispal, che sotto il dominio romano divenne Hispalis. Questi due centri conobbero periodi di grande prosperità e nel 45 a.C., Giulio Cesare conferì ad Hispalis lo status di colonia romana, rendendola una delle città più importanti della Spagna.
Durante il II secolo d.C., Hispalis subì diverse incursioni da parte dei Mori, tutte respinte dall’esercito romano. In questo periodo, si diffuse il Cristianesimo nella penisola iberica e nel 287 d.C. furono martirizzate le sorelle Santa Giusta e Ruffina, diventate patronesse della città per aver rifiutato di partecipare a un rito pagano, dichiarando apertamente la loro fede cristiana.
Nonostante l’importanza di Hispalis in epoca romana, oggi a Siviglia restano poche testimonianze di quel periodo, eccetto i resti di un antico acquedotto, a differenza di Italica, dove sono ancora visibili considerevoli vestigia del passato romano.

Fonte: www.stilearte.it, 4 luglio 2024

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