Il sito paleontologico di El Sidrón, nelle Asturie, in Spagna, è una miniera d’oro di informazioni sui nostri cugini evolutivi: i Neanderthal. Gli scavi hanno infatti restituito nel tempo ben 500 reperti datati a 49.000 anni fa. Appartenevano a sette individui adulti e sei individui giovani, facenti parte di un unico gruppo, e legati da una stretta parentela.
Una nuova analisi di un scheletro di un bambino, completo al 36 per cento, effettuata da Antonio Rosas e colleghi del Museo Nacional de Ciencias Naturales (MNCN)–Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) di Madrid, in Spagna, e pubblicata su “Science” rivela ora che nell’uomo di Neanderthal il periodo di crescita del cervello era più lungo rispetto a quello degli esseri umani.
Il risultato contribuisce a delineare in modo sempre più dettagliato un modello coerente del cervello neanderthaliano e del suo sviluppo. Le rilevazioni antropometriche dei reperti ormai numerosi indicano che Homo neanderthalensis aveva una capacità cranica in media maggiore di quella di Homo sapiens. Ben poco si sa però di come arrivava a quelle dimensioni durante la crescita.
Uno dei problemi più rilevanti per i paleoantropologi è che per qualunque specie di ominide dotata di un grande cervello, compresi quindi i neanderthaliani, un tasso accelerato di crescita del cervello associato a una altrettanto rapida crescita del resto del corpo avrebbe comportato un costo energetico elevato. Sviluppare un cervello di grandi dimensioni pone quindi limiti alla forma del corpo. Nel caso degli esseri umani moderni per esempio lo sviluppo cerebrale è maggiore nella prima infanzia e nell’infanzia, e sembra richiedere un rallentamento compensatorio di crescita del corpo.
In passato alcuni studi avevano ipotizzato che un cervello più grande potrebbe essere spiegato con una precoce e rapida crescita postnatale, mentre altri hanno proposto una crescita più prolungata nel tempo.
Il campione studiato da Rosas e colleghi, battezzato El Sidrón J1, mostra una dentatura molto ben conservata con un mix di caratteristiche giovanili e adulte che ha permesso di stimare la sua età in 7,69 anni.
Il primo dato rilevante è che una porzione posteriore di alcune vertebre cervicali e toraciche, chiamata sincondrosi neurocentrale, non era ancora fusa, mentre negli esseri umani moderni tende a saldarsi tra i 4 e i 6 anni di età.
Inoltre, il suo cervello ha una dimensione che è circa l’87,5 per cento di quella tipica di un neanderthaliano adulto, mentre nel caso degli esseri umani, i bambini della stessa età del bambino neanderthaliano hanno già il 95 per cento del peso del cervello adulto.
Le vertebre non ancora saldate e un cervello ancora immaturo fanno dunque pensare a un processo di maturazione neuroanatomico dell’uomo di Neanderthal più prolungato rispetto a quello di Homo sapiens. Gli autori però ritengono che si tratti di un fattore legato alle più ampie dimensioni corporee dei neanderthal piuttosto che a una differenza fondamentale nel tasso di crescita complessiva.
Fonte: www.lescienze.it, 25 set 2017