In Spagna è stata individuata la possibile ubicazione del Tempio di Ercole Gaditano, uno dei più antichi misteri che ha alimentato nella letteratura classica la leggenda sul limite estremo del mondo conosciuto. Nuovi ritrovamenti archeologici diretti da un team dell’Istituto Andaluso del Patrimonio Storico indicherebbero che il leggendario luogo si trovi sulla costa atlantica della Spagna verso la spiaggia di Camposoto a San Fernando.
Finora si pensava che il tempio si trovasse solo sull’isolotto di Sancti Petri, nel comune di Chiclana. “Abbiamo trovato indicazioni molto ragionevoli, reperti per lo più subacquei che ci portano a credere che ci fossero grandi strutture, tra cui edifici, frangiflutti e possibili moli, tra Sancti Petri e Camposoto – ha detto Francisco José García, professore di archeologia dell’Università di Siviglia – siamo molto riluttanti all’archeologia spettacolo che ha proliferato negli ultimi anni, ma crediamo che questi ritrovamenti siano spettacolari”.
I progressi tecnologici hanno anche permesso la scoperta di nuovi indizi che finora erano stati intuiti, “ma mai provati”. I ricercatori del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università di Siviglia, hanno utilizzato un metodo di telerilevamento che ha consentito di individuare quelle che potrebbero essere alcune strutture di grande interesse archeologico nei fondali marini e lungo la costa.
Secondo lo studio, il sito dedicato al semidio greco-romano Ercole sarebbe stato un grande complesso portuale, attivo tra III e I secolo a.C. Se l’ipotesi venisse confermata, i resti potrebbero corrispondere al tempio fenicio-punico di Melqart (una divinità precedente ad Eracle) e poi dedicato ad Ercole Gaditano.
L’annuncio della scoperta, arrivato con una conferenza stampa a metà dicembre a Cadice, sta sollevando non poche perplessità e suscitando un vasto dibattito tra gli accademici spagnoli, con repliche e controrepliche: c’è chi arriva a parlare di “concessione all’archeologia spettacolo” o addirittura “di ipotesi da fanta-archeologia”.
I risultati ottenuti sono in linea con la tradizione, con tutte le fonti classiche e con la bibliografia esistente ha osservato l’archeologo Francisco José García. “Quello che è stato trovato, quello che dice il terreno millenario e l’ultimo programma informatico si adattano perfettamente a quello che hanno scritto Strabone, Silius Italicus e Filostrato. Parlavano di enormi maree che lasciavano le navi senz’acqua, di colonne che erano da una parte e dall’altra, tra Spagna e Africa; di marinai che aspettavano il ritorno dell’acqua per sollevare le loro navi, di un tempio superbo a cui si prendevano continuamente le misure. In breve, la scienza sta dando ragione alla leggenda. I dati, le scoperte, rafforzano i miti”.
Un nuovo software avrebbe identificato quelli che sembrano essere indizi precisi sulla localizzazione del tempio di Ercole intorno alla cosiddetta Punta del Boquerón. Lì le immagini sovrapposte ed elaborate digitalmente permetterebbero come conclusione preliminare di stabilire che c’erano grandi strutture (130×150 metri), con frangiflutti e ormeggi, che estenderebbero quello che fino ad ora si considerava il tempio di Ercole-Melqart (a seconda che si parli del periodo romano o punico) fino a Camposoto, da Chiclana a San Fernando. L’esistenza di un porto interno alla bocca del canale di Sancti Petri rafforzerebbe ulteriormente questa teoria, che dovrà essere corroborata con molto lavoro nei prossimi anni.
Autore: Filomena Merola
Fonte: www.qaeditoria.it, 10 gen 2022