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SOVRAMONTE (BL), MUVAR – Museo dell’uomo della Val Rosna.

sovramonte

Il Muvar – Museo dell’Uomo della Val Rosna, a Sovramonte (Belluno), sarà inaugurato giovedì 19 settembre e racconterà il primo popolamento umano delle Alpi con ricostruzioni e filmati, approfondendo tutti gli aspetti emersi dal ritrovamento della sepoltura del cacciatore del Paleolitico Superiore (avvenuto nel 1988 grazie ad Aldo Villabruna, che segnalò il sito, e allo scavo successivo diretto da Alberto Broglio, già ordinario di Paleontologia umana all’Università di Ferrara).
Tre (almeno) i primati del protagonista del progetto: la sua sepoltura e i suoi resti sono tra i più antichi sino ad oggi rinvenuti in area alpina, il corredo di pietre dipinte è uno straordinario esempio di arte funeraria e la sua dentatura rivela il primo caso di cura odontoiatrica della storia.
Dopo Ötzi, l’Uomo di Similaun (vissuto 5300 anni fa), e Valmo, l’Uomo di Mondeval (vissuto 8 mila anni fa), la “famiglia” degli uomini preistorici che hanno popolato le Alpi dà il benvenuto all’Uomo della Val Rosna, noto anche come Uomo di Villabruna, risalente a ben 14 mila anni fa, all’Epigravettiano, ultima fase del Paleolitico Superiore: a lui, conosciuto sino ad ora solo in ambito scientifico, sarà dedicato il Muvar – Museo dell’Uomo della Val Rosna, che si appresta ad aprire le porte giovedì 19 settembre a Sovramonte, piccolo comune bellunese che fa parte dell’Unione Montana Feltrina e del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
Il centro scientifico, museo civico gestito da Tramedistoria Impresa Sociale, racconterà in 9 sale la vita dei primi uomini sulle Alpi, approfondendo gli aspetti e le tematiche che il ritrovamento della sepoltura dell’Uomo della Val Rosna ha portato alla luce.
Curatore del centro scientifico è Marco Peresani, archeologo, antropologo e docente dell’Università di Ferrara, tra i massimi esperti del Paleolitico ed allievo del professor Alberto Broglio, il direttore degli scavi archeologici ai Ripari Villabruna: “Non potevano meritare di meglio, il cacciatore inumato al Riparo Villabruna, ma anche il professor Alberto Broglio, lo scopritore e lo studioso di questo straordinario contesto funerario, – spiega – la cui unicità viene riconosciuta internazionalmente. Il percorso museale, corredato da un infopoint situato nel sito archeologico, rappresenta un tassello fondamentale per restituire alla comunità il valore di questo ritrovamento, foriero di un bagaglio di saperi che traccia l’eredità ricevuta dal passato in funzione del nostro presente e delle nostre responsabilità verso il nostro patrimonio”.

sovramonteIl cacciatore del Paleolitico. L’Uomo della Val Rosna era un cacciatore tra i 25 e i 30 anni, vissuto 14 mila anni fa e ritrovato insieme alla sua sepoltura nel 1987 lungo il fianco sinistro della Val Schenèr, che collega Fonzaso al Primiero: a compiere casualmente la sensazionale scoperta fu Aldo Villabruna, appassionato e studioso di preistoria, che durante i lavori di rettifica del tracciato stradale notò un accumulo di materiali detritici a forma di cono.
Lo scavo archeologico della sepoltura cominciò nel 1988 ed i lavori furono diretti dal professor Alberto Broglio dell’Università di Ferrara, con la collaborazione degli “Amici del Museo” di Belluno.
L’Uomo della Val Rosna, incompleto da metà dei femori in giù, fu deposto disteso e supino in una fossa profonda col corpo reclinato a sinistra, verso la parete del riparo. Sul suo avambraccio sinistro furono posti un sacchetto contenente una punta in osso decorata da tacche, un coltello a dorso, una lama e un nucleo in selce, un ciottolo di siltite, usato come ritoccatore, e un grumo di sostanza resinosa, forse mastice. La fossa venne interrata e coperta da pietre, raccolte nei torrenti circostanti, alcune delle quali dipinte con ocra rossa.
I resti del cacciatore sono conservati all’Università di Ferrara, a disposizione degli studiosi, mentre il corredo funerario si trova al Museo Archeologico dei Musei Civici di Belluno.

Una scoperta senza precedenti. L’Uomo della Val Rosna rappresenta un unicum per diverse ragioni.
Anzitutto, la sua sepoltura e i suoi resti sono i più antichi sino ad oggi rinvenuti sulla catena alpina: i “cugini” Ötzi e Valmo risalgono a periodi molto più recenti, mentre l’Uomo di Val Rosna, con i suoi 14 mila anni, testimonia il primo popolamento umano delle Alpi.
Un altro elemento di unicità è dato dalla copertura di pietre dipinte, che rappresenta un eccezionale esempio di arte funeraria. Le quattro pietre dipinte che ricoprivano la sepoltura sono costituite da ciottoli con la parte decorata rivolta verso l’inumato e presentano rispettivamente le figure di un uomo danzante, alcune bande lineari e due palchi di cervo. Un’altra pietra piatta, con la parte dipinta rivolata verso l’alto, mostra in modo stilizzato una figura iperantropica, ovvero un uomo dalle molte braccia, a simboleggiare probabilmente la forza. La pittura, visibile a chi entrava, era una vera e propria lapide, che indicava la presenza della sepoltura. Stesso scopo sembra avessero le sei bande in ocra, ancora visibili sulle pareti del riparo in corrispondenza della tomba.
Infine, la dentatura dell’Uomo della Val Rosna rivela il primo caso di cura odontoiatrica della storia umana: è stata trovata traccia del trattamento di una carie su un dente del giudizio, tolta con punte di selce affilatissime e disinfettata e sigillata con propoli e cera d’api. La scoperta ha fatto il giro del mondo ed è stata pubblicata sulle principali riviste scientifiche internazionali.

Il centro scientifico e il percorso museale. Progettato dall’architetto veneziano Marino Baldin, noto nel Bellunese per il restauro del castello di Andraz e per la realizzazione dei musei dedicati ad Albino Luciani a Canale d’Agordo e a Vittorino Cazzetta a Selva di Cadore, il Muvar propone un itinerario didattico–divulgativo che si avvale delle ultime tecniche di ricostruzione multimediale.

Le nove sale che costituiscono il centro scientifico approfondiscono gli aspetti legati alla sepoltura dell’Uomo della Val Rosna: dalla rappresentazione dei luoghi del ritrovamento, alle modalità di vita dell’uomo preistorico, fino alla particolare sepoltura. La “passeggiata didattica” consente di conoscere da vicino l’antichissimo antenato e le sue abitudini: grazie a ricostruzioni e video è possibile sapere come si vestiva per affrontare il freddo, come consumava i pasti, con quali medicamenti curava ferite e malattie, compresi i denti cariati, quali fossero i momenti della vita del cacciatore e dei suoi contemporanei, come avvenisse la sepoltura.

L’accompagnamento delle ricostruzioni con video rivolti ad un pubblico eterogeneo, a cura del regista Stefano Zampini (che già ha realizzato i contenuti video per alcuni musei tra il Veneto e l’Alto Adige), consente di immergersi completamente nella vita e negli usi del Paleolitico Superiore, senza tralasciare le pratiche più crude, come ad esempio la macellazione con la selce.

Dopo l’apertura Tramedistoria Impresa Sociale, che si occupa da anni di gestione museale e divulgazione in ambito archeologico, antropologico, naturalistico, proporrà visite guidate, attività didattiche ed escursioni sul territorio.

Info: www.museomuvar.it, www.tramedistoria.it
tramedistoria@gmail.com

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