I resti di un edificio romano celano quelli di un’intera città? Esperti giapponesi alle prese con un enigma archeologico.
Non è ancora risolto, il mistero della villa di epoca romana che l’università di Tokyo sta riportando alla luce nella campagna di Somma Vesuviana: uno degli enigmi più intriganti dell’archeologia campana.
E’ davvero, come vuole la leggenda, la villa dove trascorse i suoi ultimi giorni l’imperatore Augusto, morto «apud Nolam» secondo Tacito?
L’equipe italo-giapponese coordinata dal professor Aoyagi Masanori è tornata al lavoro in questi mesi, ampliando l’area degli scavi e disseppellendo nuovi ambienti affrescati.
È come una miniera senza fine: non si ha ben chiaro quanto ancora potrebbe venirne fuori, ci potrebbe essere addirittura un’intera cittadina sotto i sedimenti vulcanici. Una piccola Pompei, insomma, sepolta, in questo caso, dall’eruzione del 472 dopo Cristo: un insediamento posteriore, dunque, alla celebre città vesuviana.
Infatti, l’architettura monumentale di questo luogo riflette appieno la grandeur imperiale dell’era della massima espansione dei domini romani. Allo stesso tempo, ne testimonia anche la decadenza degli ultimi secoli: abbandonata dai suoi illustri proprietari, per qualche motivo ancora oscuro, era stata trasformata in deposito agricolo, prima che il Vesuvio vi stendesse il suo velo nel quinto secolo.
I contadini del luogo si erano appropriati della dimora dove, in un’epoca precedente, si erano celebrati i fasti di una famiglia patrizia, probabilmente una delle più potenti dell’Impero.
Matsuyama Satoshi è il direttore del cantiere. Non lo abbandona neppure in questi giorni arroventati d’agosto: lo incontriamo infatti intento a preparare la campagna di scavi di autunno.
Da quando, nel 2001, il governo giapponese ha deciso di finanziare gli scavi, Matsuyama fa la spola tra Tokyo e Somma, dove trascorre sei mesi all’anno. Ha visto emergere dal terreno le scoperte più emozionanti: l’arco monumentale e i colonnati, le nicchie con le statue di Bacco che regge un cucciolo di pantera e della «peplofora», la donna con abito greco, entrambe ora custodite al Museo archeologico di Nola dopo essere state esposte nella capitale nipponica; poi, i pavimenti mosaicati o lastricati, l’imponente portale, le absidi affrescate con Nereidi e Tritoni.
«Vogliamo risolvere l’enigma che ruota intorno a questo complesso», ci spiega l’archeologo in un buon italiano.
«Perché, in un’area non densamente abitata, sorgeva un complesso così imponente? Di sicuro, non era abitualmente abitato dai suoi proprietari. Era una residenza di campagna, un luogo usato per feste e cerimonie, probabilmente con un santuario annesso».
Quale famiglia poteva permettersi una dimora così costosa, un ritiro fastoso in un’area relativamente isolata?
«Di sicuro, una famiglia molto ricca e potente», dice Matsuyama. «Ma non siamo ancora riusciti a chiarire del tutto la funzione del luogo, per ora abbiamo solo ipotesi. Di sicuro, la parte che abbiamo portato alla luce è posteriore all’epoca augustea, quindi appare per ora smentita l’ipotesi secondo cui la villa sarebbe appartenuta ad Augusto. La parte centrale delle costruzioni finora emerse risale alla metà del secondo secolo, mentre gli ambienti che stiamo ora scoprendo risalgono alla seconda metà del terzo secolo o all’inizio del quarto».
Eppure, l’ipotesi augustea non è definitivamente accantonata. Perché, sottolinea Matsuyama, «sul lato Sud, quello rivolto verso il vulcano, abbiamo individuato un grande pavimento lastricato: un’area che dovrebbe fare da congiunzione con un altro edificio ancora sepolto, forse un santuario. Questo potrebbe essere il vero nucleo centrale del complesso. Quello che finora è stato scoperto sarebbe, in questo caso, una costruzione di epoca posteriore».
I rilievi geofisici effettuati dalla superficie, come una specie di ecografia fatta sul ventre della terra, danno segnali discordanti: non si capisce bene che cosa si cela sotto il terreno.
«Se Tokyo continuerà a finanziarci», osserva Matsuyama, «apriremo un nuovo fronte di scavi sul lato Sud. Ci sono molti nodi da scogliere, e non potremo farlo finché non scopriremo altro».
Anche perché finora non sono stati rinvenuti documenti scritti oppure iscrizioni su pareti e reperti. Manca quindi un tassello importante per ricostruire la storia di questo luogo. Ma il nuovo ambiente che in queste settimane sta venendo alla luce, decorato e affrescato con simboli di colombe e di vita campestre, potrebbe fornire qualche chiave di lettura. Lo scavo dovrebbe continuare in questi mesi sul versante Nord, all’esterno della villa, per capire se ci sono resti di giardini o di strade. Per ora, il sito è a porte chiuse, del tutto straordinariamente ci è consentito di entrare. A settembre, sarà di nuovo riaperto al pubblico per le visite guidate.
Fonte: Corriere della Sera 13/08/2008
Autore: Luigi Mosca
Cronologia: Arch. Romana