Qui, in una terra ricca e strategica e perciò sempre contesa (non dista molto da Qadesh, dove si scontrarono gli eserciti egizi provenienti da Sud e quelli ittiti del Nord), sorgeva una città rimasta sepolta per secoli e solo di recente riportata alla luce.
Si chiamava “kispum”. Era il rituale di offerta celebrato dai figli maggiori e praticato a cadenze regolari nella Mesopotamia e nella Siria del III e del II millennio a. C. Con questa solenne cerimonia i discendenti rendevano omaggio all’anima del sovrano defunto e tutto il popolo confermava la sua devozione al diffuso culto dei morti, cui i vivi continuavano a essere legati indissolubilmente. Le celebrazioni culminavano con la deposizione di cibo e bevande nelle camere sepolcrali: un rito cui partecipavano anche i sovrani, che anzi dovevano guidare le cerimonie in onore degli antenati defunti. Forse fu proprio così, per osservare questo rituale sacro e inderogabile, che un giorno di oltre 3000 anni fa, nonostante la minaccia incombente, il sovrano e l’esercito abbandonarono le strutture difensive e la città cedette all’assalto degli eserciti nemici. Era il 1350 a. C., l’anno della distruzione del grande regno di Qatna.
Siamo nella Siria occidentale, nella zona di confine tra le aride steppe orientali e le fertili pianure della valle dell’Oronte, il fiume «ribelle» che scorre verso Nord. Qui, in una terra ricca e strategica e perciò sempre contesa (non dista molto da Qadesh, dove si scontrarono gli eserciti egizi provenienti da Sud e quelli ittiti del Nord), sorgeva una città rimasta sepolta per secoli e solo di recente riportata alla luce dopo un primo tentativo effettuato negli Anni Venti dal francese Robert du Mesnil du Boisson. Arrivarci non è semplice, neanche chiedendo informazioni.
La rapidità della scoperta e dei lavori di scavo è stata tale da non aver suscitato ancora il clamore di Ebla, poco più a Nord. Si fermano i passanti, si bussa alle porte dei villaggi e finalmente, dopo un faticoso collage di brandelli di informazioni, si arriva. Ecco Mishrifeh, il villaggio moderno, ed ecco il tell (cioè la collina archeologica) che ha svelato l’antica Qatna, riemersa da millenni di oblio grazie al lavoro di cooperazione di archeologi italiani (dell’Università di Udine, con un progetto diretto dal prof. Daniele Morandi Bonacossi), siriani e tedeschi. Quasi in punta di piedi si entra nella zona archeologica, ancora ignota ai flussi turistici, facendo attenzione a non camminare fuori dai percorsi stabiliti. Qui sorgeva la città che nel II millennio a. C. controllava le sorti di un vasto regno, regolando i traffici lungo le vie carovaniere che lo attraversavano, provenienti dal deserto arabico e dalla Mesopotamia e dirette verso Occidente.
Sorgeva ai margini di un grande lago, ora prosciugato, attorno al quale verso il III millennio a. C. nacque il primo nucleo di un centro che crebbe in grandezza e in potenza fino alla tarda età del Bronzo e fino al 1350 a. C., quando venne distrutta e dimenticata per molto tempo. Durante i secoli che precedettero la sua distruzione, Qatna conobbe un periodo di grande splendore: è quello a cui risalgono le costruzioni di edifici monumentali e un’intensa attività produttiva e organizzativa. Maestose testimoni di questa grandezza sono le rovine del palazzo reale, considerato il più grande dell’intera regione siro-palestinese dopo quello di Mari, di epoca precedente. Aveva sale affrescate e la duplice funzione di dimora privata del sovrano e palazzo ufficiale di rappresentanza. Quasi a sintetizzare la relazione tra potere terreno e divino, tra vita e morte, tra perfetta organizzazione amministrativa e imprescindibili culti ancestrali, la sala del trono all’interno del palazzo si trovava proprio accanto al passaggio che conduceva alle tombe reali. Probabilmente quello seguito dal re Idanda mentre i nemici preparavano l’attacco. La visita continua tra l’incanto delle rivelazioni e la sorpresa delle dimensioni, dello stato di conservazione, dello stupore dell’apprendimento. Oltre il palazzo reale c’è una necropoli con numerose tombe di adulti, inumati in pozzi scavati nel terreno, e di neonati sepolti in giare di terracotta. Assieme ai corpi, suppellettili, offerte di cibo e oggetti di ceramica.
Già la ceramica. Il racconto fa trattenere il fiato, ma la vista del luogo in cui si trovava il più vasto e articolato laboratorio di ceramica del II millennio a. C. lo mozza. Gli artigiani lavoravano in uno spazio al lato dell’acropoli, accanto a numerosi silos e granai che provano la dimestichezza con le tecniche agricole e la capacità di conservare e gestire le eccedenze alimentari secondo un preciso sistema di redistribuzione. Certo, le caratteristiche ambientali – una pianura fertile, umida e ondulata – ebbero un ruolo rilevante nel favorire la produzione, ma le abilità degli uomini e l’organizzazione dell’apparato amministrativo furono sorprendenti per garantire la longevità del regno. Ma dicevamo del laboratorio. Ci si avvicina senza coglierne subito il senso e poi, oltre i pannelli informativi, appare subito una distesa di impronte di adulti e di bambini e di zoccoli di cavalli che documentano l’antichissimo e precoce impiego di questi animali. Si prova un fremito di emozione unito alla sensazione di poter chiudere gli occhi e quasi di sentire le voci degli artigiani che contrattano con i mercanti venuti per acquistare le merci che avrebbero trasportato dalle fornaci di Qatna al resto del Paese. I segni impressi sul terreno sono una fonte incredibile di informazioni: hanno già rivelato che chi li ha lasciati non camminava a piedi nudi ma indossava calzari con una suola piatta, legati attorno alle caviglie da stringhe di tessuto. Presto racconteranno tanti altri particolari sulla vita quotidiana degli uomini di Qatna, sul loro aspetto fisico, persino sulla loro alimentazione e forse sul modo in cui cardavano e tingevano la lana in un edificio vicino, o di come lavoravano i prodotti agricoli e li trasformavano in alimenti. Qatna è stata inaugurata ufficialmente il 29 settembre 2005 con la visita di delegazioni governative siriane e italiane accompagnate da ricercatori e studiosi che continuano a lavorare su quello che è considerato il più grande cantiere archeologico della Siria (e uno dei più grandi del Vicino Oriente). Tra le rivelazioni di questa enorme enciclopedia di terra, c’è anche una curiosità storica: nella necropoli è stato ritrovato lo scheletro di un uomo di circa 30 anni, alto 1 metro e 65, cui furono inflitte ferite mortali alla testa con una lama metallica, forse quella di un’ascia o di una spada. Venne colpito alle spalle, probabilmente vittima di un agguato che lo ha reso il protagonista inconsapevole del primo (o di uno dei primi) omicidio documentato della storia. La visita si conclude. Lasciamo l’acropoli con la fantasia infiammata al pensiero delle vicende storiche dell’antica metropoli sull’Oronte che migliaia di anni fa si divideva il predominio sulla Siria con Mari e Aleppo. La prima, Mari, si trova lontana verso Est, dove l’Eufrate oggi varca il confine con l’Iraq. La seconda, Aleppo, l’attuale capitale del Nord, è cresciuta come crocevia di commerci che ancora animano fino a sera botteghe e caravanserragli nel groviglio dei vicoli del suq. Tutte e tre legate dalle acque, dalle carovane, dalla ricchezza e dal continuo scambio con culture sempre diverse, un contributo rimasto nella predisposizione all’accoglienza che caratterizza ancora il popolo siriano. Fornaci per ceramica, età del Bronzo Medio II, XVIII-XVII sec. a.C.
IL VIAGGIO
Da Roma e Milano, Syrian Air vola due volte a settimana per Damasco con scalo ad Aleppo, lungo le rotte della seta e dell’incenso. Prezzi a partire da € 265. (0267730240, 064200971, http://www. syriaair.com ) .
VERSO QATNA
Quasi a metà strada tra Damasco e Aleppo, Qatna (Tell Mishrifeh) si trova sulla strada statale per Salamiyeh, a circa 18 km a Nord-Est della città di Homs, crocevia tra l’autostrada Nord-Sud e la superstrada che a Ovest va verso Tartous, sul Mediterraneo e a Est verso Palmira, nel cuore del deserto.
IL SITO
Non è segnalato da cartelli e raggiungerlo non è semplice se non si ha una guida o un autista che parlino arabo. I più importanti reperti trovati sul sito sono esposti nel museo di Damasco, nella mostra «La metropoli dell’Oronte. Arte e archeologia dell’antico regno di Qatna». Una parte degli oggetti saranno esposti nel 2008 al Metropolitan Museum di New York, che allestirà un’esposizione dedicata al Levante (Siria e Palestina) nel II millennio a. C.
Fonte: La Stampa web 11/03/2006
Autore: Carla Diamanti