L’archeologia ormai è di casa nell’Altovicentino. Dopo la scoperta di una necropoli romana nella zona industriale scledense, adesso saltano fuori resti di strutture dell’età del bronzo, risalenti 3 mila anni fa, nelle colline di Monte Magrè, in zona Mucchione. Si è conclusa ieri una campagna di scavi lungo la dorsale che divide le valli del Leogra e dell’Agno, curata dal dipartimento di archeologia dell’Università di Padova e promossa dai Comuni di Monte di Malo, Schio, Torrebelvicino e Valdagno, dalle Comunità montane “Leogra-Timonchio” e “Chiampo-Agno” e dall’azienda Latterie Vicentine.
Un’iniziativa che ha visto la partecipazione diretta degli studenti del corso di laurea che, guidati da insegnanti e professionisti, hanno attestato e documentato la frequentazione di questi territori fin dall’età del bronzo finale (XI-X sec. a.C.). Dopo due settimane di attività, sulla cima di località Mucchione sono stati portati alla luce resti di strutture antiche e numerosi frammenti ceramici, piuttosto frantumati, ma con alcuni dettagli decorativi ancora riconoscibili che hanno permesso la datazione. Dopo aver tolto circa mezzo metro di terra gli studiosi hanno rinvenuto il fondo di una capanna, di cui si possono vedere una parte delle pareti, l’area fuoco, la buca di palo che serviva x sorreggere il tetto e anche la soglia della porta. Trovato inoltre un bastione difensivo in muro a secco, alto in alcuni punti anche 6 metri, che potrebbe avere due fasi di vita: una più recente collegabile alle guerre del ‘900, e un’altra molto più antica riconducibile al periodo protostorico in questione. Dal sottobosco del “Muciòn” è poi emersa una sorta di strutturazione del pendio di imponenti dimensioni, oltre ad altri vani che hanno restituito materiale sempre protostorico.
«Tutto ciò attesta la frequentazione di questi luoghi – spiega Mara Migliavacca, titolare della concessione di scavo e curatrice della campagna insieme al professor Armando De Guio – da parte di genti appartenenti alla cultura Luco e a quella Protovillanoviana. La dorsale Agno-leogra era infatti una zona di confine tra queste popolazioni, che ne erano probabilmente attirate dalla ricchezza di risorse metallifere e naturali come boschi, pascoli, terreni coltivabili». «Davvero una bella esperienza – affermano le studentesse Federica Patuzi e Roberta Scarpa – che ci permette di vedere e praticare sul campo quello che studiamo».
Autore: Silvia Dal Ceredo
Fonte: Il Giornale di Vicenza.it, 21/07/2012
Un’iniziativa che ha visto la partecipazione diretta degli studenti del corso di laurea che, guidati da insegnanti e professionisti, hanno attestato e documentato la frequentazione di questi territori fin dall’età del bronzo finale (XI-X sec. a.C.). Dopo due settimane di attività, sulla cima di località Mucchione sono stati portati alla luce resti di strutture antiche e numerosi frammenti ceramici, piuttosto frantumati, ma con alcuni dettagli decorativi ancora riconoscibili che hanno permesso la datazione. Dopo aver tolto circa mezzo metro di terra gli studiosi hanno rinvenuto il fondo di una capanna, di cui si possono vedere una parte delle pareti, l’area fuoco, la buca di palo che serviva x sorreggere il tetto e anche la soglia della porta. Trovato inoltre un bastione difensivo in muro a secco, alto in alcuni punti anche 6 metri, che potrebbe avere due fasi di vita: una più recente collegabile alle guerre del ‘900, e un’altra molto più antica riconducibile al periodo protostorico in questione. Dal sottobosco del “Muciòn” è poi emersa una sorta di strutturazione del pendio di imponenti dimensioni, oltre ad altri vani che hanno restituito materiale sempre protostorico.
«Tutto ciò attesta la frequentazione di questi luoghi – spiega Mara Migliavacca, titolare della concessione di scavo e curatrice della campagna insieme al professor Armando De Guio – da parte di genti appartenenti alla cultura Luco e a quella Protovillanoviana. La dorsale Agno-leogra era infatti una zona di confine tra queste popolazioni, che ne erano probabilmente attirate dalla ricchezza di risorse metallifere e naturali come boschi, pascoli, terreni coltivabili». «Davvero una bella esperienza – affermano le studentesse Federica Patuzi e Roberta Scarpa – che ci permette di vedere e praticare sul campo quello che studiamo».
Autore: Silvia Dal Ceredo
Fonte: Il Giornale di Vicenza.it, 21/07/2012