Scendendo le scale all’interno di un palazzo condominiale sito a Santa Maria Capua Vetere (CE), in via Aldo Moro, lungo l’antica via Appia, potremmo avere la sorpresa di imbatterci, in luogo di un comune scantinato, nientemeno che in una domus romana risalente al I secolo a.C.
L’antica Capua è, infatti, una miniera di ricchezze, spesso lasciate sepolte o non del tutto fruibili: la domus trattata in questo articolo rientra per l’appunto in questi casi, dal momento che il sito non è visitabile salvo aperture straordinarie.
La cosiddetta domus di Confuleius, altresì nota come Bottega del Tintore, venne scoperta nel 1955, nel corso dei lavori per la costruzione del fabbricato moderno; attraverso una scala a doppia rampa si accede a due ambienti ipogei a pianta rettangolare, ciascuno dei quali coperti da una volta a botte, in ottimo stato di conservazione.
Colpisce immediatamente la ricchezza dell’apparato decorativo, con le pareti e le volte affrescate secondo i moduli del I stile (sebbene di ciò restino poche tracce, a causa dei danni provocati dai lavori moderni), mentre impressionanti sono le decorazioni musive del pavimento: su un fondo in cocciopesto dal colore rossastro si innestano mosaici con tessere bianche e nere a comporre variegati motivi geometrici (rombi, esagoni, crocette, meandri, quadrati) e floreali.
Il primo ambiente è diviso dal secondo sul lato occidentale da una porta ad arco, al di là della quale un’iscrizione musiva pavimentale accoglie gli ospiti all’interno del triclinio:
RECTE OMNIA / VELIM SINT NOBIS – «Vorrei che ci vada tutto bene»
L’iscrizione più interessante, tuttavia, si trova proprio all’interno del secondo ambiente, dal momento che contiene preziose informazioni che consentono di identificare il proprietario della casa con il sagarius Publius Confuleius Sabbio:
P(UBLIUS) CONFULEIUS P(UBLI) (ET) M(ARCI) L(IBERTUS) SABBIO SAGARIUS/ DOMUM HANC AB SOLO USQUE AD SUMMUM/ FECIT ARCITECTO T(ITO) SAFINIO T(ITI) F(ILIO) FAL(ERNA) POLLIONE – «Publio Confuleio Sabbione, liberto di Publio e Marco, sagario, fece costruire questa casa dalle fondamenta fino alla sommità, essendone architetto Tito Safinio Pollione, figlio di Tito, della tribù Falerna»
Del padrone di casa conosciamo dunque il nome (Confuleius è un gentilizio tipicamente capuano), lo status sociale – si dichiara infatti un liberto – e la professione, ossia quella di commerciante di sagum: si tratta di un mantello di lana grezza, che veniva fissato sulla spalla attraverso una fibula, ed era utilizzato perlopiù dai soldati, in colori differenti a seconda del grado militare, ma era anche l’indumento abituale degli schiavi e, in generale, delle persone meno abbienti. È verosimile che tali stoffe, oltre che vendute, venissero anche prodotte all’interno della casa: la presenza di un pozzo e di una vasca rettangolare situate sul lato est del primo ambiente suggeriscono un’interpretazione in tal senso.
L’iscrizione testimonia il carattere redditizio di questo genere di attività, favorito dalla posizione strategica e dalla forte vocazione commerciale dell’antica Capua. Essa è, inoltre, insieme all’aspetto fastoso e autocelebrativo di tale dimora, un prezioso documento di uno spaccato della società delle città romane, nonché vivida testimonianza del modus vivendi di tutta una classe sociale – quella dei parvenu, dei nuovi ricchi – che ha fatto dell’ostentazione grandiosa della ricchezza un marchio di fabbrica, volto a celare l’umiltà delle proprie origini. Impossibile dimenticare il ritratto pittoresco che Petronio, un secolo dopo, farà nel suo Satyricon a proposito di Trimalchione, liberto (proprio come il nostro Confuleius) che da schiavo affrancato salirà i gradini della scala sociale all’insegna del benessere e del lusso più sfrenato, divenendo il simbolo di un intero ceto sociale.
Tornando a Confuleius, la sua domus è, insieme ad altri monumenti coevi, una delle testimonianze più significative di un piano di rinnovamento urbanistico che ha riguardato la città nella tarda età repubblicana e di cui si ha traccia nelle famose epigrafi capuane relative all’attività dei magistri Campani, addetti allo sviluppo architettonico e all’abbellimento monumentale cittadino.
È una Capua ricca e sfarzosa quella in cui vive Confuleius, che dal canto suo è pienamente consapevole dell’importanza rivestita, in questo periodo, da quelle classi che sono in piena ascesa sociale (mercanti, artigiani, architetti), tant’è vero che, nell’iscrizione pavimentale del secondo ambiente, ci tiene a specificare anche il nome dell’architetto, un certo Tito Safinio Pollione, appartenente alla tribù Falerna.
È un peccato che una domus così importante e ben conservata sia difficilmente visitabile e che, complice la posizione sotterranea all’interno di un palazzo privato, resti sconosciuta ai più. D’altro canto, non lontano dalla domus si trovava l’antico foro, il cuore pulsante della città, e ancora oggi è possibile ammirare alcuni tra i siti più suggestivi del mondo romano: l’Anfiteatro Campano, secondo solo al Colosseo, e il Mitreo, come la domus ipogeo, solo per citarne alcuni. Solo un’adeguata promozione e valorizzazione della storia e della ricchezza culturale dell’antica Capua potrà far comprendere appieno la posizione di primo piano che essa occupava nel sistema delle città romane.
Note: la traduzione delle iscrizioni è a cura di chi scrive. Tutte le foto della domus di Confuleius sono di Giusy Barracca.
Bibliografia:
– M. Pagano, J. Rougetet. La casa del liberto p. Confuleius Sabbio a Capua e i suoi mosaici, in «Mélanges de l’école française de Rome» 99.2, 1987, pp. 753-765.
Autore: Giusy Barracca
Fonte: www.classicult.it, 31 mar 2020