Con il termine feritoia si designa una sorta di nicchia più o meno grande ricavata nello spessore murario coperta di solito da una voltina ribassata o un architrave in pietra e destinata ad ospitare almeno un difensore a partire dall’XI secolo.
Per il castello di Gioia Sanniticasi riscontrano diverse tipologie di feritoie le quali coprono un arco temporale che va dal XI secolo al XVI secolo. Nelle strutture architettoniche passiamo dalla fenditura rettangolare verticale propria delle arciere a fenditure quadrate di ampia luce e a strombatura interna, alle fenditure circolari, anche se non troviamo fenditure a croce tipica delle balestriere è presumibile che le grandi fenditure quadrangolari strombate potessero essere adatte all’uso.
Dallo studio delle ceramiche e dall’analisi delle poche fonti esistenti sappiamo che il borgo fortificato ha visto due periodi costruttivi diversi, un primo con una struttura poi ampliatasi nel tempo posta su una altura, che ricalca lo stile alla motta normanna con una possente torre e la successiva struttura palaziale chiusa da una cinta muraria con una torre a becco d’aquila posta a nord ovest e avanzata rispetto alla cinta muraria.
Il borgo fortificato, che sorge intorno al XII secolo, chiuso da una lunga cinta muraria rientrante con due semitorri rompitratta una a pianta quadrata ed una circolare, il tutto munito di feritoie per la difesa alla quota del piano di campagna molto ampie e non svasate che difendono il lato nord ovest del borgo.
Sia le feritoie basse delle semitorri che della cortina potrebbero essere anche state adattate per l’uso di artiglierie tra il XIV-XVI
secolo, presumibilmente falconetti in virtù del ritrovamento nel 1980 di due palle da 5cm di diametro andate poi perse.
Tornando alla cortina che circonda l’area palaziale questa presenta un considerevole numero di arciere (rispetto alla cinta del borgo), alcune delle quali adattate al tiro
laterale. La cinta inoltre presenta anche delle feritoie basse più vicine alla quota del piano di campagna, di forma quadrangolare svasata internamente. Dall’analisi della cortina appare che a meno di due metri dal piano di campagna verso l’interno vi fosse una balconata, che poggiava in parte sulla struttura muraria su cui è ricavato una sorta di gradino di appoggio ben visibile.
La stessa area palaziale sulla parte bassa della parete che guarda a sud-est, in quelli che dovevano essere cucine e magazzini, ha diverse finestre feritoie ampie e svasate verso l’interno, una delle quali posta in un ambiente a seguire è adattata al tiro laterale.
Sull’ampia ed alta parete palaziale posta a sud sono visibili diverse arciere alcune delle quali murate. Queste corrispondono all’interno della struttura palaziale ad una area posta sopra i presumibili alloggi signorili, riconoscibili dalla traccia di un imponente camino. L’aver conservato nella cinta muraria del borgo le feritoie per il tiro radente, anche forse ampliandole per l’artiglieria, potrebbe spiegarsi nell’orografia del terreno circostante e dalla posizione stessa della cinta di difesa. Di fatto questa segue e ricalca il piano di campagna senza di fatto offrire alcun dislivello sfruttabile per azioni di scardinamento e della tecnica della mina, al contrario soprattutto per la difesa con artiglieria sarebbe stato possibile battere il piano di campagna con tiro radente lungo tutto il fronte della cortina stessa.
Come accennato inizialmente, sono varie le tipologie di feritoie, la maggior parte delle arciere e le due feritoia circolari sono situate nella cinta palaziale, mentre le grandi feritoie a livello del piano di campagna sono poste lungo la cinta del borgo. Le serie di feritoie anche se non ricalcano con precisione le tipologie classiche ed in alcuni casi appaiono delle modifiche a qualcosa d’altro, presentano nell’insieme elementi costruttivi che coprono un lungo arco temporale che adattano icambiamenti delle tecniche difensive alle due cinte murarie (che nel XII secolo diviene unica) presumibilmente con modifiche che si sviluppano fino alla seconda metà del XVI secolo, periodo che vede il costante abbandono del borgo fortificato.
Autore: Sandrino Luigi MARRA <sandrinoluigi.marra@unipr.it>