Le attività di scavo archeologico preventivo svolte tra ottobre e i giorni scorsi in occasione della costruzione del nuovo punto vendita Eurospin di San Severino Marche, condotte dalla ditta specializzata ArcheoLAB di Macerata sotto la direzione scientifica del Dott. Tommaso Casci Ceccacci della Soprintendenza ABAP per le province di Ancona e Pesaro e Urbino, hanno permesso di mettere in luce un esteso complesso funerario di epoca romana.
Il valore di eccezionalità del contesto archeologico emerso, infatti, consiste nella sua appartenenza alla più estesa necropoli occidentale della città romana di Septempeda, sviluppata all’esterno della cinta muraria cittadina in aderenza al percorso viario che la collegava alla città di Nuceria Camellaria (Nocera Umbra) e alla Via Flaminia.
L’area sepolcrale, individuata in prossimità del muro di recinzione prospicente la S.P. 361, si distingue per la presenza di 14 sepolture articolate lungo i margini meridionali del diverticolo Prolaquense della Flaminia, che attraversando l’antico centro urbano sulla direttrice est-ovest, ne costituiva anche il decumano massimo.
Nella sua organizzazione originaria, inquadrabile orientativamente nei primi due secoli dell’impero, lo spazio funerario portato in luce ha uno sviluppo est-ovest, distribuendosi parallelamente all’asse viario lungo i margini di una scarpata naturale. Le scrupolose indagini archeologiche eseguite hanno permesso di riconoscere rituali, architetture funerarie e forme di sepoltura estremamente variegati.
Il rituale della cremazione è quello maggiormente attestato, officiato sia in maniera diretta, ossia cremando il corpo del defunto all’interno della stessa fossa entro cui veniva deposto, sia in forma indiretta, deponendo i resti combusti in altro contesto in un distinto spazio funerario.
I sepolcri a cremazione diretta meglio noti con il termine “busta sepulcra”, ospitano grosse pire lignee (“busta”) su cui sono deposti e bruciati i defunti assieme ad alcuni oggetti del corredo personale. Una volta terminato il rogo funebre, i resti ossei vengono raccolti e posizionati al centro della fossa terragna assieme ad ulteriori oggetti di accompagno e l’intero spazio funerario viene sigillato ed enfatizzato dalla costruzione di un vero e proprio sepolcro (“sepulcrum”).
Alcune delle tombe indagate conservavano ancora intatta la struttura sepolcrale caratterizzata dalla posa in opera di una o più coppie di tegole contrapposte a spiovente e sormontate nel punto di giunzione da coppi.
Le sepolture a cremazione indiretta, invece, mostrano una struttura sepolcrale di minore impegno realizzativo: cassette di forma triangolare o rettangolare, realizzata con tegole appositamente spezzate. All’interno sono deposti i resti osteologici combusti, gli oggetti di corredo, ed i residui del rogo funebre. In questo caso la cremazione dei defunti doveva avvenire in settori marginali della necropoli, all’interno di spazi appositi meglio noti con il nome di “ustrina”.
Al rito crematorio è associato anche quello ad inumazione, seppur attestato in percentuali minori, come dimostrato dalle 3 tombe a fossa terragna indagate. I defunti, racchiusi in feretri lignei o avvolti in un sudario, sono stati deposti in semplici fosse terragne colmate con sola terra.
Sorprendente è l’integrità e lo stato di conservazione di gran parte dei contesti indagati. Stupisce la perfetta conservazione dei resti combusti della pira, della lettiga funebre e dei feretri lignei; quest’ultimi chiaramente ricostruibili grazie al mantenimento in fase di decomposizione del materiale organico e della posizione originale dei chiodi.
A rimarcare il carattere “periurbano”, e non marginale, del sepolcreto è anche la presenza di un basamento di forma rettangolare (dimensioni ca 3.50 x 2.50 m), realizzato con una gettata contro terra di calcestruzzo e ciottoli di fiume, e certamente pertinente ad una struttura funeraria un monumentale sviluppo in elevato. Una sorta di mausoleo?
“Nonostante il pessimo stato di conservazione non permetta di ricondurlo ad una specifica tipologia architettonica, tale presenza sottolinea con fermezza la rilevanza topografica dell’intero contesto, ben visibile a chi si trovava a percorrere l’asse stradale. – dicono gli archeologi della Soprintendenza – Le testimonianze materiali recuperate all’interno dei sepolcri, e prontamente consolidate e messe in sicurezza durante le attività di cantiere, documentano solo parzialmente il vasto ed articolato corpus di gesti ed azioni rituali compiuti nella fase preparatoria al funerale, nell’atto stesso ed anche dopo. La maggior parte delle deposizioni, infatti, presenta percentuali consistenti di oggetti riferibili a classi di materiali ampiamente eterogenei. I singoli reperti sono deposti e bruciati all’atto della cremazione ma sono anche aggiunti successivamente, durante la ripulitura del rogo funebre e la risistemazione delle ossa combuste”.
Tra i materiali combusti stupisce l’elevata presenza di unguentari vitrei, sia frammentari che integri, ma deformati dal calore.
Fonte: www.stilearte.it, 8 feb 2022