L’hanno trovata mentre riparavano una tubatura rotta. Intatta, vestita delle sue patine verdastre, lo sguardo devoto e il cesto delle offerte votive in mano. E l’hanno chiamata Hinthial, una parola che in lingua etrusca significa sia anima che sacro. Ma porta già anche un altro appellativo: “L’ombra di San Gimignano“, perchè stilisticamente è proprio sorella della celebre scultura ritrovata tanti anni fa a Volterra.
Hinthial, una statuetta votiva in bronzo alta 64 centrimetri, è stata presentata ieri nel museo archeologico di via Folgore, a pochi chilometri dal suo ritrovamento, sotto casa di Donatella Sandrelli, sulle alture della Torraccia di Chiusi nel territorio di San Gimignano, a pochi passi dal corso del torrente Fosci, lungo le propaggini collinari che scendono verso la Valdelsa.
Gli archeologi e la soprintendenza conoscono da tempo questo straordinario reperto, ma solo adesso hanno deciso di presentarlo al mondo all’interno di una mostra che proseguirà fino al 31 maggio dal titolo “L’Offerente e i reperti rituali etruschi e romani“, a cura di Enrico Maria Giuffrè e Jacopo Tabolli.
Insieme a Hinthial viene esposto infatti il contesto di oggetti rinvenuto nel territorio di San Gimignano. La scoperta archeologica è avvenuta nel 2010 nel corso di lavori di ristrutturazione di un edificio privato. Durante le operazioni di scavo gli addetti ai lavori si sono imbattuti in un ritrovamento a dir poco sorprendente: adagiata sul fondo dello scasso era sepolta una statua in bronzo, deposta in posizione prona. Interrotti i lavori, a partire dal 2011, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo ha dato avvio a una serie di indagini, seguite da una campagna di scavi che hanno fatto emergere una straordinaria area sacra etrusca all’aperto, in uso per almeno cinquecento anni, dal III secolo a.C. fino al II secolo d.C.
La statua risultava sepolta vicino ad un monolite in pietra squadrato che doveva fungere da altare e sul quale cui si compivano riti con offerte religiose alla divinità del luogo. Il blocco di pietra presentava tracce evidenti di esposizione al fuoco. Nelle vicinanze all’area sono state rivenute, anche, diverse monete, frammenti ceramici, unguentari integri e frammenti di laterizi.
L’area sacra, inoltre, sorgeva in prossimità di una sorgente, potrebbe quindi essere ricondotta al culto per una divinità legata all’acqua e alla terra.
“Al momento è la più elegante e raffinata nel nucleo dei bronzi allungati finora attestati – spiega Jacopo Tabolli, archeologo e funzionario della Soprintendenza di Siena -. Come l’Ombra della Sera anche questa di San Gimignano appartiene ad una produzione seriale. Si tratta di un’opera “colta” che presuppone i modelli della grande plastica del primo ellenismo con la reinterpretazione dell’ex-voto a fettuccia allungata di derivazione centro-italica, ancorato a forme della tradizione religiosa locale. Proprio nell’antica Velathri/Volterra, nella prima metà del III secolo a.C. dobbiamo immaginare l’opera e l’ambito culturale di provenienza dell’artista che creò l’Ombra di San Gimignano”. Si presume che il luogo di culto della Torraccia di Chiusi costituisse uno dei santuari di confine del territorio Volterrano: la “chiusa” nascosta nel toponimo allude al percorso stradale pre-romano, imperiale e poi altomedievale che sarà la via Francigena e passa proprio per l’area sacra; le “fauci” celate nel nome del torrente Fosci, sono l’ingresso al territorio di Velathri/Volterra.
Per il sindaco Andrea Marrucci “si tratta di una scoperta straordinaria che ci inorgoglisce e arricchisce il nostro patrimonio culturale di un’opera dall’inestimabile valore artistico e storico”. Anche l’Assessore alla Cultura Carolina Taddei è certa che “con questa scoperta San Gimignano, non sarà più soltanto la città dalle belle torri, ma anche la terra di questo bronzetto etrusco che nella sua verticalità rimanda al profilo delle nostre case turrite”.
La statua in bronzo è stata ritrovata in un ottimo stato di conservazione. Rappresenta una figura maschile stante che indossa una toga che arriva fino ai polpacci e lascia scoperta la spalla, il braccio destro e gran parte del torace; i piedi indossano dei calzari con allacciatura alta.
La mano destra sorregge una patera ombelicata, mentre la sinistra, aderente al corpo, fuoriesce dal manto con il palmo rivolto all’esterno, le gambe sono leggermente divaricate a suggerire un lieve movimento verso sinistra. I tratti del volto sono ben marcati con grandi occhi evidenziati con il naso prominente, la bocca carnosa e il mento con la tipica fossetta centrale. La capigliatura è disposta a ciocche mosse realizzate con profonde solcature che da una scriminatura posteriore si dispongono verso il volto a coprire parte della fronte e le orecchie.
Autore: Olga Mugnani
Fonte: lanazione.it, 29 nov 2019