Archivi

RUSSIA. La storia dell’uomo raccontata da un femore del Paleolitico.

I primi incroci tra Neanderthal e umani anatomicamente moderni risalgono ad almeno 50.000-60.000 anni fa, nel corso della prima espansione dei nostri diretti antenati verso l’Asia e verso l’Europa, espansione che in seguito a questa scoperta andrebbe retrodatata di circa 20.000 anni rispetto a quanto ritenuto finora. E’ questo uno dei principali risultati dell’analisi genetica di campioni prelevati dal femore di un uomo vissuto circa 45.000 anni fa, quasi agli inizi del Paleolitico superiore, nelle pianure della Siberia occidentale.
Lo studio, pubblicato su “Nature”, è di un gruppo di ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze e del Max-Planck-Institut a Lipsia, che – in collaborazione con altri centri di ricerca – hanno datato il reperto fossile con la tecnica del radiocarbonio per poi procedere a un’altra serie di analisi chimiche e genetiche. Il femore era venuto alla luce nel 2009 nel sito di Ust’-Ishim, lungo le rive del fiume Irtysh, uno dei più importanti affluenti dell’Ob’.
Vissuto in un periodo caldo, l’antico siberiano seguiva una dieta – cui è stato possibile risalire grazie all’analisi radioisotopica – a base di vegetali e carne, con una ricca componente di pesce. I dati più interessanti sono però venuti dall’analisi genetica, che ha rivelato la presenza di un apporto genetico da parte dei Neanderthal.
Le sequenze di origine neanderthaliana rappresentano circa il 2,3 per cento del genoma  dell’uomo di di Ust’-Ishim, un valore non molto lontano da quello degli attuali abitanti dell’estremo oriente (in media dall’1,7 al 2,1 per cento circa) e degli europei (dall’1,6 all’1,8 per cento).
Sulla base della lunghezza media di queste sequenze neanderthaliane, da due a quattro volte quelle presenti nelle popolazioni odierne, i ricercatori hanno stabilito che l’incrocio fra Homo sapiens e Homo neanderthalensis sarebbe avvenuto fra le 232 e le 430 generazioni precedenti, ossia fra 7000 e 13.000 anni prima della nascita dell’uomo di Ust’-Ishim.
Non è stato invece trovato alcun contributo genetico da parte dell’uomo di Denisova – la terza specie umana arcaica identificata nel 2010 – che invece è rilevabile negli attuali abitanti dell’Oceania, e, in misura minore, negli abitanti dell’Asia orientale.
Ciò suggerisce che la maggior parte del contributo dei Neanderthal alle moderne popolazioni non africane non vada attribuito a un mescolamento dei Neanderthal con i primi H. sapiens che si stabilirono in Medio Oriente, ma che l’incrocio sia avvenuto in epoca successiva.
Dato che il modello di colonizzazione dell’Asia più accreditato ipotizza che le attuali popolazioni dell’Oceania discendano da una prima migrazione dall’Africa di uomini moderni che spostarono (circa 60.000 anni fa) seguendo le coste meridionali dell’Asia, mentre europei e asiatici deriverebbero invece da una migrazione successiva, risalente a circa 37.000 anni fa.
Il fatto che la nuova ricerca indichi che gli antichi siberiani sono più affini ad asiatici e nativi americani che ai diretti discendenti dei protagonisti della prima migrazione, induce però a pensare che tra le due migrazioni già ipotizzate deve esservi stata anche una fase di colonizzazione dell’Asia avvenuta almeno 45.000 anni fa, compiuta dalla tribù a cui apparteneva l’uomo di Ust’-Ishim.

Fonte: http://www.lescienze.it, 22 ott 2014

Segnala la tua notizia