La storia
Roselle si sviluppò soprattutto a partire dal VI secolo a.C., probabilmente il suo sviluppo fu a danno delle lucumonie vicine in particolare di Vetulonia, fino ad allora la città etrusca più importante della Maremma, situata sulle colline retrostanti la sponda opposta del Lago Prile.
Nel VI secolo a.C. Roselle era ormai un importante centro urbano come testimonia la cinta muraria costruita in opera poligonale, che recingeva le due colline dove era impiantata la città. Un recente restauro (2003-2004), effettuato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, ha reso fruibile ai turisti la visita di gran parte del circuito murario. Nel VI secolo a.C la valletta intermedia e le due alture erano ampiamente urbanizzate, pur conservando una fisionomia diversa. Nella collina settentrionale furono realizzati, per lo più, edifici privati come dimostrano i resti della Casa dell’Impluvium, che rappresenta uno dei più antichi esempi di casa ad atrio con impluvio. Nell’altura meridionale erano concentrate strutture di tipo artigianale come testimoniano i forni per la cottura della ceramica, mentre nella valletta intermedia furono realizzate le costruzioni di maggior prestigio con probabile destinazione pubblica come la “Casa a due vani”, oggi visibile accanto all’Edificio con Recinto.
La città etrusca di Roselle fu conquistata dai Romani nel 294 a.C., ma solo nella prima età imperiale fu interessata da un’intensa attività edilizia e monumentale, grazie anche alla munificenza di potenti famiglie locali quali i Viciri e i Bassi assurte al rango senatorio.
Sono riferibili, infatti, a quest’epoca l’anfiteatro, localizzato sulla collina settentrionale, il monumentale complesso forense con le costruzioni che vi si affacciano, come la Basilica dei Bassi con gli altri due piccoli edifici absidali sul lato settentrionale e la sede del Collegio dei Flamines Augustales su quello meridionale. Ancora nella prima metà imperiale la Domus dei Mosaici, esempio tipo di abitazione romana con atrio ed impluvium centrale, fu ristrutturata con l’ inserimento di un impianto termale vero e proprio.
Più tardi, intorno al 120 d.C., furono, invece, costruite le terme pubbliche, oggi visibili sulle pendici della collina nord. Dimostrazione dell’evidente ripresa economica, favorita dalla politica di Roma, è il complesso statuario dedicato alla famiglia imperiale, rinvenuto nella sede del Collegio dei Flamines Augustales, sacerdoti addetti al culto dell’imperatore. L’impressione di una città abbastanza vitale, almeno durante il corso del I secolo d.C., è confermata dal ritrovamento, all’interno della cosiddetta Basilica dei Bassi, di un secondo ciclo statuario. I due complessi sono oggi esposti presso il museo Civico di Grosseto.
Nella tarda età imperiale Roselle fu, invece, soggetta alla decadenza che investì progressivamente le città romane: l’unico intervento di cui oggi abbiamo documentazione è l’impianto termale che fu costruito presso una delle porte della città, grazie all’intervento del governatore della Tuscia e dell’Umbria. I resti sono oggi visibili all’ingresso dell’area archeologica. In età medievale Roselle era comunque un centro modesto, ma nonostante l’inarrestabile degrado, accolse, nel 499, il suo primo vescovo: Vitaliano. La cattedrale della diocesi e il cimitero furono impostati sopra i resti delle terme pubbliche del 120 d.C., utilizzandone le strutture preesistenti.
Nel 1138 una bolla di Papa lnnocenzo III sancì il trasferimento della diocesi nel vicino centro di Grosseto e da allora progressivo fu l’abbandono dell’ antica città.
Viaggio lungo i secoli
Abitata sin dal VII secolo a.C. e abbandonata definitivamente solo nel Seicento, Roselle costituisce una delle più grandi aree archeologiche visitabili in Toscana.
La città etrusca e poi romana sorge su una collina a circa 150 m sopra la pianura grossetana e rappresenta una delle città etrusco-romane meglio conservate della Toscana.
Prima di arrivare al piazzale del parcheggio dell’area archeologica, lungo la strada di accesso, sono visibili i resti di una piccola necropoli etrusca con tombe a camera. Entrati nel recinto dell’area archeologica conviene proseguire in salita costeggiando la via principale di accesso alla città, si tratta di un bel tratto selciato di strada romana che porta fino all’area del foro, lungo la strada si trova un’antica vasca romana.
Al termine della strada sul lato sinistro troviamo i muri che delimitano la Basilica, un edificio a pianta rettangolare in opus reticolatum e opus vittatum con colonnato interno di cui oggi si conserva solo il basamento di una colonna. Il Foro, che si trova sopra una colmata artificiale, fu costruito all’epoca di Augusto, ma ebbe una successiva sistemazione con pavimentazione in lastre di travertino nel I secolo d.C., il lato orientale è delimitato dal Cardo Maximus, mentre sul lato occidentale la piazza si affaccia scenograficamente sulla pianura grossetana (in antico si affacciava sul lago Prile).
Dal Foro conviene prima visitare la parte meridionale della città dove si trovava la sede dei Flamines Augustales, che era il luogo del culto imperiale ed era costituito da un’area rettangolare con pareti rivestite di lastre marmoree e nicchie che ospitavano statue della dinastia giulio-claudia, qui infatti furono rinvenute delle statue e delle iscrizioni attualmente conservate al Museo Archeologico e d’Arte della Maremma, a Grosseto, che ospita una sezione dedicata a Roselle che propone la storia della città – dalla fondazione all’abbandono – attraverso le testimonianze raccolte nelle campagne di scavo effettuate nel sito.
Accanto a questo edificio era un piccolo tempio di età claudia, poco oltre lungo il Cardo Maximus si apre l’ingresso della cosiddetta Domus dei Mosaici, un tipico esempio di abitazione romana, il cui primo impianto risale ad età tardo repubblicana (80-60 a.C.). Proseguendo oltre, dopo poche centinaia di metri, raggiungiamo la collina meridionale dove si trova un quartiere di abitazione di età ellenistica, attraversato da una fitta rete di canalizzazione, sempre qui si trova una monumentale cisterna romana scavata nella roccia con volte ad opus incertum e rivestita internamente di malta idraulica.
Tornati nella zona del Foro, la piazza del Foro proseguiva verso nord lungo la collina fino a raggiungere altri edifici di età imperiale fra i quali la “Basilica dei Bassi”, un edificio con abside del I secolo d.C., probabilmente usato come ambiente di rappresentanza della potente famiglia locale dei Bassi. Ad est del Foro oltre la già descritta Basilica , seguendo la strada basolata si costeggia a sinistra un quartiere di età imperiale e poi si raggiunge l’area delle Terme, complesso di età imperiale edificato nei primi decenni del II secolo d.C. su un precedente quartiere abitativo e che era formato, oltre che dai locali termali veri e propri (natatio, frigidarium, tepidarium, laconicum, calidarium) da un grande ambiente di servizio di forma irregolare che dava accesso alle caldaie.
A partire dalla fine del V secolo d.C. le terme furono riutilizzate come chiesa cristiana, con interno a tre navate mentre l’area circostante, ristrutturata in età carolingia (fra VIII e IX sec.) fu utilizzata come cimitero.
Tornati indietro all’area del Foro proseguiamo lungo la collina nord che è dominata dall’Anfiteatro di forma ellittica con quattro accessi (di cui due scoperti e due con volte a botte), la struttura di piccole dimensioni è databile al I secolo d.C., nel Medioevo fu riutilizzato come edificio fortificato. Sulla destra dell’Anfiteatro un sentiero in discesa porta alla bella e interessante passeggiata delle Mura Etrusche, probabilmente la parte più interessante della visita, che consiglio senz’altro di fare.
Le vestigia romane offrono interessanti testimonianze delle cognizioni tecniche degli antichi, soprattutto nel campo dell’edilizia e dell’ingegneria idraulica. Basti pensare alla grande piscina, profonda oltre due metri, delle terme di età adrianea, sulle pendici della collina nord di Roselle, o alla monumentale cisterna in muratura di epoca imperiale, impermeabilizzata con uno strato di cocciopesto, ancora visibile sulla collina meridionale. Di grande interesse sono, inoltre, i numerosi e ben conservati tratti di strada lastricata che attraversano l’abitato: tra questi, il cardo maximus mostra ancora i solchi prodotti dal transito dei carri, contrariamente al decumanus che doveva essere adibito esclusivamente ad uso pedonale.
Grazie ai restauri operati negli ultimi 20 anni, è oggi ben visibile la differenza del manto stradale che da un selciato a grossi ciottoli fluviali (via glareata) si trasforma, in prossimità del foro romano, in un basolato costituito da grossi blocchi poligonali irregolari (via silicata) incastrati tra loro e affondati in una preparazione cementizia su fondo battuto.
La cinta muraria
L’aspetto più interessante da un punto di vista tecnico-scientifico è costituito dall’imponente cinta muraria (costruita a metà del VI secolo a.C. ma rimaneggiata in periodi successivi) conservatasi per l’intero perimetro, lungo 3.270 metri. Recenti interventi di restauro ne hanno messo in luce le caratteristiche tecniche. I criteri utilizzati nella scelta dei materiali edilizi (rocce calcaree, arenaria, galestro) furono essenzialmente basati sulla prossimità dei luoghi di estrazione ai cantieri, come sembrano dimostrare alcune cave ancora leggibili vicino alle mura.
La cinta era realizzata, all’esterno, in opera poligonale, con grandi blocchi di forma irregolare posati sulla roccia appositamente spianata per assicurare stabilità. Il profilo irregolare del muro veniva, poi, uniformato con l’aggiunta di piccoli tasselli in funzione di zeppa.
La facciata interna, invece, era costruita con pietre di minori dimensioni. La parte centrale fra i due paramenti veniva, infine, riempita con un conglomerato di terra e scaglie di pietre, probabilmente per garantirne un buon drenaggio.
Oggi è possibile percorrere a piedi il sentiero che costeggia le mura, ben visibili soprattutto sul lato settentrionale, dove le strutture hanno talvolta conservato fino a cinque metri della loro originaria altezza.
L’imponente cinta muraria che si snoda per circa 3 chilometri lungo le pendici delle due colline che formano la città risale al VI secolo a.C., di essa si conservano tuttora lunghi tratti costituiti da grossi blocchi in opera poligonale, l’opera comprendeva ben sette porte di accesso alla città, ma solo tre sono state individuate; una delle porte si apriva nei pressi dell’attuale ingresso.
Delle Mura Etrusche sono conservati ampi tratti ad est, a nord e a nord-ovest, l’altezza massima nella parte nord (quella della passeggiata) è di 5 metri. La parte delle Mura a ovest e a sud-ovest è invece caratterizzata da blocchi più piccoli dovuti ad un rifacimento in età ellenistica (IV secolo a.C.).
La Soprintendenza: oltre un secolo di attività
Il territorio di competenza della Soprintendenza per i Beni Archeologici coincide con l’intero territorio della Regione Toscana. Per tale ragione svolge la propria attività attraverso la sede principale di Firenze. Fanno parte della Soprintendenza prestigiosi musei nazionali che contengono migliaia di reperti famosissimi che da soli potrebbero illustrare un manuale di archeologia. Il Museo egizio, per i capolavori in esso contenuti, è annoverato tra i primi al mondo. La gestione di parchi e aree archeologiche ha rappresentato per molto tempo un modello pilota a cui ispirarsi.
La Soprintendenza dispone di un Centro di Restauro archeologico altamente specializzato e conosciuto in tutto il mondo, che ha effettuato di notevole importanza negli ultimi trenta anni. Negli ultimi anni ha svolto una intensa attività di comunicazione attivando una continua serie di mostre, eventi, presentazioni e anche riallestimenti museali.
La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana nasce con le strutture amministrative che il regno d’Italia si diede per omogeneizzare i vari sistemi preunitari; le sue radici, tuttavia, affondano anche nella snella struttura scientifica che i Granduchi di Toscana – Medici prima, Lorena poi – avevano predisposto per la gestione del patrimonio museale.
Dopo le casuali acquisizioni del Cinquecento e del Seicento, a partire dal Settecento gli antiquari preposti dal Granduca alle loro raccolte museali cominciano ad interessarsi sempre più attivamente di scoperte casuali e degli scavi che vengono intrapresi per giungere a ritrovamenti archeologici. Nell’Ottocento la normativa della Toscana non è attenta e severa come – ad esempio – quella dello Stato Pontificio, e grandi campagne di scavo, soprattutto a Chiusi, vengono condotte senza alcun intervento dell’amministrazione granducale. Dai carteggi, tuttavia, traspare un’attenzione non episodica verso i materiali che la febbre archeologica porta alla luce anche in Toscana.
Ancora nei due decenni che seguono l’Unità d’Italia è la direzione del Museo fiorentino a seguire scavi e scoperte.
Con Luigi Milani nasce, sul finire del secolo, il Museo Topografico dell’Etruria, viene scorporata dal complesso dei musei già granducali (gli Uffizi) la componente propriamente archeologica e si insedia anche a Firenze la struttura (la Soprintendenza) alla quale lo Stato unitario affida la vigilanza su scavi e scoperte fatte da privati e il compito di intraprendere scavi propri. Il territorio su cui opera la Soprintendenza che ha sede a Firenze è, all’inizio, quello della Toscana, di parte dell’Umbria, del Lazio settentrionale, di Luni: l’antica Etruria è amministrata da un’unica istituzione, la cui grandiosa vetrina è il Museo Topografico, e che è detta appunto “Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria”.
Poco è cambiato nell’ultimo secolo; la struttura è divenuta sempre più articolata e complessa, il Museo centrale ha ceduto il passo a musei più piccoli, dislocati sul territorio della regione; diviene la “Soprintendenza Archeologica per la Toscana”.
Gli scavi dei privati sono oggi scomparsi mentre le istituzioni universitarie, i Comuni e le Province sono i soggetti più attivi nell’indagine sul territorio. La Soprintendenza continua a vigilare sulla loro attività, sui ritrovamenti casuali, esercitando un continuo controllo del territorio e conducendo, quando opportuno, nuove campagne di scavo, con l’obiettivo di conservare e valorizzare il patrimonio culturale di interesse archeologico emerso in oltre un secolo di attività.
Info:
Via dei Ruderi, loc. Roselle (Gr)
Cell. 346 21 59 195 – Tel. 0564 40 24 03
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana – via della Pergola 65 50121 FIRENZE – tel. 055 23575
Area archeologica di Roselle – via dei Ruderi 58100 loc. Roselle GROSSETO
tel. 0564 402403.