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RONCA’ (Vr). Scoperto il villaggio alle origini di Terrossa.

terrossa
Sul colle di Terrossa c’era un villaggio ben prima dell’anno Mille: ce lo raccontano tre cocci di «catini-coperchio», stoviglie particolarmente in uso tra IX e X secolo, che sono stati rinvenuti, in superficie, nell’area dove sorgeva l’antico castello. È forse la scoperta archeologica più importante di un rilievo svoltosi in collina questo autunno.
Protagonisti, i volontari del gruppo «Salvate il castello», cioè Mario Piazza, Elio ed Assunta Viali, Giamberto Bochese, Alessandro Danese e Giovanna Ferello, Michael Knapton (Università di Udine), Gian Maria Varanini e Fabio Saggioro (Università di Verona) e il Comune di Roncà che ha sostenuto i costi della prima ricognizione sulle rovine dell’antico maniero. Con 3.500 euro, questa la spesa, gli studiosi ed un gruppo di studenti hanno raccolto informazioni preziosissime sulla storia del castello. Poche, quantitativamente, ma straordinarie dal punto di vista qualitativo: «L’aspetto più difficile di questo studio è che la documentazione scritta è molto debole e solo la ricerca archeologica può dare informazioni. Bene», ha detto Varanini, «questi primi rilievi anticipano di almeno due secoli quel che si sapeva».
Dunque, se l’assunto era che il castello fosse stato costruito tra 1100 e 1400, il ritrovamento dei tre reperti ha «certificato» che, ben prima del castello, sul colle c’era un villaggio. Ma torniamo al castello: per cominciare a individuarlo si è partiti dalle foto aeree del 1950 e da rilievi topografici della collina.
«Abbiamo individuato alcuni punti fermi ben visibili e verificato che la sagoma dell’area cinta dalle mura, una mezzaluna ampia un campo veronese, è sostanzialmente sovrapponibile all’unica mappa esistente dov’è indicato il castello», ha rivelato Saggioro.
Nel bel mezzo dell’area, e sul cucuzzolo del colle, c’è anche una buca: «Non è naturale ma strutturata, profonda un paio di metri, ma per accertarne la funzione bisognerebbe indagare», ha detto Saggioro. Cisterna per la raccolta dell’acqua piovana? Ghiacciaia? La risposta potrebbe darla solo una campagna di scavo. Una volta sul posto, nonostante la vegetazione copra ampiamente l’area, è stato possibile verificare le tracce dell’esistenza di alcune torri e tratti di muratura.
Ma non solo: «La cinta è costruita direttamente sulla roccia. Ad Est, un rinforzo rivela che essa venne innalzata su una serie di strati e dunque che il centro era occupato ben prima della costruzione della cortina». Su una micro-area di circa 600 metri quadrati è stato utilizzato un gradiometro, strumento capace di individuare oggetti sepolti: «Nell’area chiusa tra le mura sono state individuate altre murature in batteria, come se ci fossero stati edifici addossati uno all’altro», ha spiegato Saggioro.
Non è ancora tutto: senza scavare, infatti, sono affiorati un’ottantina di frammenti di stoviglie che attestano l’esistenza di un villaggio agli inizi del 1500. «Nulla di prezioso», ha chiarito Saggioro, «ma molto importanti dal punto di vista archeologico e storico».
E siamo solo all’inizio. «È certo che Roncà venne fondata il 20 gennaio del 1300, com’è certo che nei secoli precedenti ci fu un vuoto di potere: anche per questo», ha spiegato Varanini, «è un’impresa trovare documenti scritti. Nessun ente ecclesiastico o monastero ebbe beni consistenti in loco, non c’è coincidenza tra confini civili e religiosi (ancora oggi Roncà è in provincia di Verona ma in diocesi di Vicenza, ndr) e questa fu terra di conflitto tra i conti veronesi San Bonifacio ed i vicentini Malacapella.
Ci aiuta il testamento di Enrico, del fu Nicola Malacapella, “clericus ecclesiae Terrose“: nel 1248 attesta un lascito di 100 soldi alla chiesa di Santa Maria di Terrossa. La storia del castello, però», ha concluso Varanini, «ce la può svelare solo l’archeologia».

Autore
: Paola Dalli Cani

Fonte: www.larena.it, 14/02/2012

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