Se da onesto cittadino trovi una tomba di 2500 anni fa sul tuo terreno e avverti la Soprintendenza archeologica, può anche accadere che l’ente ti chieda di accollarti le spese di scavo e restauro dei reperti.
È quello che è capitato a Enzo Abbati, proprietario di un terreno all’interno del Parco di Vejo. Abbati, presidente dell’Associazione Culturale Giustiniana, ha lanciato l’allarme raccolto dall’assessore ai lavori Pubblici del XX Municipio Marco Daniele Clarke.
II ritrovamento è avvenuto nel 2003. Abbati stava piantando un ulivo sul suo terreno. A 20 centimetri di profondità è spuntata una tomba matrimoniale etrusca del VII secolo a.C.
Avendo collaborato per anni con la Soprintendenza, capì immediatamente che poteva trattarsi di un ritrovamento importante e avvertì l’amministrazione. Il 16 giugno il primo sopralluogo dei tecnici. Il 20 novembre l’ente chiede al ministero per i Beni e le Attività culturali di iniziare gli scavi che partono a febbraio. Intanto, come previsto dalla legge, Abbati provvede a realizzare a sue spese la copertura dell’area interessata dall’operazione di recupero.
Quattro anni dopo, in ottobre, invece del premio che gli sarebbe spettato per aver denunciato il ritrovamento, arriva la beffa.
Nella lettera inviata ad Abbati dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Roma con l’intestazione del ministero, si legge testualmente: «All’importo del premio verranno detratte le spese sostenute dall’Amministrazione relative allo scavo e al restauro dei reperti».
Facendo un’ipotesi inverosimile, dunque, secondo il funzionario che ha firmato quel documento, se io trovo nel giardino di casa mia un anfiteatro romano come il Colosseo, dovrei accollarmi le spese del restauro. Ma siamo più precisi.
Per far valere le richieste, il funzionario cita tra le righe del documento «l’articolo 92 del Decreto Legislativo 24/04 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio» e «una Circolare Ministeriale del 23 dicembre 1999».
Per quanto riguarda il Decreto legislativo, è bene precisare che probabilmente il dirigente voleva far riferimento all’articolo 92 numero 42 del 22 gennaio 2004 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 24 febbraio dello stesso anno. Per quanto riguarda l’ipotetica circolare del 1999, invece, va detto che il «come previsto» ha poco valore visto e considerato che nel Decreto legislativo pubblicato cinque anni dopo non si fa cenno alla possibilità di detrarre dal premio le spese per gli scavi e il restauro di ipotetici reperti.
L’articolo 94 del Codice specifica solo che il premio da corrispondere al proprietario di un terreno e scopritore di un tesoro (come è Abbati), deve essere pari ma non superiore a un quarto del valore del ritrovamento.
Tornando alla richiesta di pagamento inoltrata dalla Soprintendenza ad Abbati (che è ancora in attesa che gli vengano rimborsate almeno le spese di recinzione e copertura dello scavo), si può fare un’ulteriore ipotesi per rendere questa storia più assurda di quanto già non sia.
E se scavando scavando, magari per anni e con l’impiego di decine di archeologi sul terreno di un privato, non si trovasse niente di valore e di conseguenza al proprietario non spettasse neanche un briciolo di premio, che si fa, gli si fanno pagare i conti del ministero? Se questo è il prezzo da pagare per aver fatto i bravi cittadini, allora è meglio seppellire il tesoro insieme al suo segreto.
Fonte: Il Tempo 22/01/2008
Autore: Matteo Vincenzo
Cronologia: Arch. Italica