www.marmisommersi.com. è l’indirizzo del sito del portale scientifico da oggi on line in italiano e in inglese. Il portale è parte del progetto ‘Restaurare sott’acqua’, dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) finanziato dal ministero dei Beni culturali (Mibact); qui gli esperti raccontano le storie dei ritrovamenti eccellenti, il loro stato di conservazione e le cause biologiche che li hanno danneggiati.
La storia di Ulisse e del suo volto sfigurato, quelle del suo compagno con il busto corroso e delle ferite inferte a Nettuno. Il racconto di come i loro corpi scultorei abbiano perso l’originale bellezza parte dal mare, che per secoli ha nascosto statue, sarcofagi, pavimenti musivi e antiche strutture. Tutti tesori riemersi dai fondali italiani grazie agli interventi di archeologia subacquea che negli anni hanno restituito ai musei dei territori di provenienza i preziosi reperti.
“l’Istituto è impegnato in campagne di restauro dei siti sommersi, in particolare a Torre Astura, a Nettuno, dove abbiamo eseguito il restauro delle peschiere di una villa romana, e a Baia, dove sono riemersi i manufatti ora esposti al Museo Archeologico dei Campi Flegrei e anche quelli conservati in situ nell’Area Marina protetta del Parco Sommerso di Baia, oltre ai resti rinvenuti a largo di San Pietro in Bevagna, a Taranto” spiega Barbara Davidde l’archeologa che dirige il nucleo di archeologia subacquea dell’Iscr. “è importante studiare a che cosa è dovuto il degrado dei manufatti. Per questo lavoriamo in stretta collaborazione con la Sezione di Biologia Marina dell’Iscr. È grazie al lavoro congiunto delle equipe che oggi gli esperti hanno a disposizione una classificazione di tutti gli organismi marini più pericolosi per la conservazione della pietra, del marmo e del calcare. E proprio dalla varietà degli organismi marini e dalla complessità del processo di degrado è nata l’idea di creare un portale dedicato alla vita dei manufatti subacquei, allo studio e alla diffusione della loro vita ‘sommersa’ e delle cause che hanno portato, in certi casi, al loro deterioramento Ma chi sono allora questi piccoli ospiti (non desiderati) dei marmi che ancora giacciono sui fondali marini? C’è l’alga verde endolitica Acetabularia acetabulum, il cianobatterio perforante Plectonema terebrans e poi la rara spugna calcarea Petrobiona massiliana e anche il ricoprente briozoo incrostante Schizoporella errata.
Lo spiega bene Sandra Ricci, responsabile della sezione di Biologia Marina dell’Iscr: “I reperti archeologici, nel corso della loro vita sommersa, sono sottoposti sia alla crescita di organismi incrostanti, che modificano i volumi delle sculture e degli altri manufatti, sia allo sviluppo di microrganismi e organismi perforanti in grado di causare danni irreversibili. Le spugne endolitiche, per esempio, sono molto diffuse nei nostri mari e portano alla formazione di tante piccole cavità tondeggianti che, nell’insieme, rendono molto friabile il marmo e i materiali calcarei, molto usati in antichità, ma fortemente aggredibili”.
Fonte: www.quotidianoarte.it, 27 apr 2016