L’archeologo del futuro non scaverà più per scoprire i tesori del passato. Grazie alle potenti tecnologie mandate in orbita, scruterà le viscere della Terra direttamente dallo spazio, con i sofisticati occhi dei satelliti per telerivamento.
Allo scavo archeologico ‘virtuale’ è dedicato «From space to place. 2nd International conference on remote sensing in Archaeology », il più importante convegno al mondo di archeologia e telerilevamento che si tiene a Roma, presso il Cnr, da oggi e fino a giovedì prossimo, 7 dicembre, e che vede la partecipazione di oltre 150 delegati da 25 paesi diversi.
All’ordine del giorno del summit le tecnologie più avanzate di rilevamento, documentazione, analisi, diagnosi e comunicazione del paesaggio archeologico. «Se in passato lo scavo rappresentava, anche in senso romantico, il centro ineludibile dell’attività archeologica, il futuro ci riserva un’archeologia in grado di restituire informazioni senza neppure toccare il terreno, grazie a tecniche che consentiranno soprattutto di raccogliere dati di maggiore qualità, risparmiando tempo, risorse umane e danaro» spiega Maurizio Forte, chairman della conferenza e primo ricercatore dell’Istituto di tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Cnr.
«Il telerilevamento in archeologia -spiega- ci permette di vedere l’invisibile, oltre la vegetazione e la profondità dei suoli, grazie a satelliti, laser scanner, radar, lidar, firme iperspettrali ». Il convegno è organizzato dal Virtual Heritage Lab del Consiglio nazionale delle ricerche, laboratorio dove da anni lavorano in sinergia archeologi, architetti, informatici e specialisti di varie discipline, in collaborazione con le maggiori istituzioni mondiali nel settore.
Questa struttura, ricorda il Cnr, è impegnata in progetti di assoluta avanguardia, come quello che, grazie alla partnership di Seat-Pagine Gialle, consentirà di navigare nel modello tridimensionale della Roma imperiale, attraverso l’elaborazione di foto satellitari di elevatissima risoluzione, pari cioè a 20 centimetri. E durante l’incontro si scoprirà, tra l’altro, come la Nasa identifica i siti Maya nella giungla, come documentare la muraglia cinese con i più recenti dispositivi ad alta risoluzione dei satelliti.
Tante le domande alle quali gli esperti internazionali tenteranno di rispondere, da come si identifica un sito a come lo si scopre senza scavarlo, da quali saranno gli scenari futuri della scienza che studia l’antico a come e se riusciremo a ricostruire il passato come un ambiente vivo o come si comunica l’antico.
«Dobbiamo immaginare un archeologo-cibernetico -continua Forte- che prima studia il paesaggio dal proprio laboratorio, poi lo documenta e lo analizza sul campo, quindi di nuovo lo rielabora e lo ricostruisce in laboratorio, e poi lo comunica al pubblico in un museo con una tecnologia di realtà virtuale e in Internet con un sistema Web-Gis».
«Questo -dice ancora Forte- è il più grande convegno al mondo che sia mai stato organizzato sulle applicazioni di telerilevamento e le tecnologie digitali in archeologia. La partecipazione della delegazione Unesco, che patrocina l’iniziativa, ci onora e conferma che le tecnologie nel settore condizioneranno le politiche culturali future».
Fonte: Quotidiano.net 04/12/2006