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ROMA. Risorge il Museo delle Navi a Nemi: riapre la “casa” di Caligola, l’imperatore folle.

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nemi 1Con qualche mese di ritardo rispetto all’anniversario dei duemila anni dalla nascita (12 d.C.), ma il terzo imperatore di Roma, morto assassinato a 29 anni per mano dei suoi stessi pretoriani, può davvero vantare un museo tutto suo. Si è inaugurato, in quel piccolo grande gioiello che è il Museo delle Navi romane, che custodisce la storia delle due enormi navi-palazzo che l’imperatore folle e trasgressivo, dispotico e grottesco (almeno a leggere le memorie biografiche dello storico Svetonio) aveva fatto costruire sul lago in connessione alla sua villa presso il Santuario di Diana.
Quasi a prendersi la sua rivincita, l’edificio-arsenale costruito nel 1936 quando fu inaugurato dallo stesso Mussolini, svela il nuovo allestimento permanente dedicato a Caio Cesare Germanico, soprannominato Caligola per via della «caliga» il tipico sandalo che, come racconta Svetonio, amava calzare.
Il percorso, curato dalla direttrice Giuseppina Ghini, propone per la prima volta reperti finora inediti, originari delle navi di Caligola distrutte com’è tristemente noto dall’incendio del 1944, che sono stati restituiti dal Museo delle Terme di Diocleziano di Roma, insieme ad altri manufatti, tra ritratti, sculture, elementi architettonici, provenienti dal Santuario di Diana Aricina a Nemi. Insomma, è l’occasione per conoscere da vicino Caligola, esponente della dinastia giulio-claudia, terzo figlio di Agrippina Maggiore e Germanico, adottato a sua volta da Tiberio, che salì al trono a 25 anni, e secondo le fonti regnò con una «pazzia sanguinaria» nel segno provocatorio del disprezzo verso il Senato tra stravaganze estreme. E che infine, secondo Svetonio, proprio in uno dei criptoportici scavati nelle viscere del Palatino sotto la casa di Augusto, trovò la morte in una congiura il 14 gennaio del 41 d. C.
Star della nuova mostra permanente «Caligola. La trasgressione al potere» è il colosso marmoreo dell’imperatore, la famosa statua-ritratto, tra i rari esempi sopravvissuti alla damnatio, alta oltre due metri, ricomposta nelle sue parti di marmo di Paros dopo un attento e accurato restauro durato sei mesi, eseguito a due anni dal recupero da parte della Guardia di Finanza. La straordinaria opera era stata, infatti, rotta dai tombaroli che l’avevano trafugata nel territorio del lago. Ed è attorno alla statua che ruota tutta la mostra, con reperti mai esposti prima, provenienti dagli scavi nel territorio, in larga parte condotti con l’università di Perugia, tra il santuario di Diana, il tempio, il teatro, la villa di Caligola e la villa di Domiziano a Castel Galdolfo. Ma molti altri reperti erano chiusi nei depositi delle Terme di Diocleziano fin dai tempi della seconda guerra mondiale. In tutto, quasi mille opere. Spicca la statua di Atteone, i pezzi originali delle navi di Caligola, tra piccoli macchinari e il vasellame dei servizi preziosi usati a bordo, tra vasi in bronzo e argento. Ancora, stipi votive, materiali ceramici e decorazioni architettoniche del tempio. Ad arricchire la mostra, i prestiti temporanei di statue-ritratto di personaggi della famiglia, come Tiberio, insieme a monete, gemme e cammei. Tra le curiosità, anche il filmato sul restauro della statua realizzato da Maurizio Marchetti per la Soprintendenza archeologica del Lazio.

Fonte: http://www.ilmessaggero.it , 05 Luglio 2013

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