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ROMA, Pompei quarto capitolo.

Non solo Pompei è il sito archeologico più visitato del mondo, ma, e questa è una novità, è anche un luogo frequentatissimo dalla letteratura contemporanea: dal racconto poliziesco a quello sentimentale. Non è un caso che proprio su questo tema, oggi, al Collegio Ghisleri di Pavia, si apre un convegno dal titolo «Le antichità pompeiane nell’immaginario della modernità». A parlarne antichisti, antropologi, registi, romanzieri, latinisti, critici, perfino autori di opere liriche. Lo inaugura una relazione intitolata «Amore e morte a Pompei». Affascina e turba di Pompei, dicono gli studiosi, tanto che sia stata distrutta all’improvviso da una eruzione di lapilli e cenere uscita da quella che i romani credevano essere una montagna ed era invece un vulcano, quanto che questa tragedia sia occasione per riflettere sull’inutilità della vita, la vacuità della bellezza, la vulnerabilità delle passioni umane che in un soffio possono esssere portate via per sempre.

Proprio in considerazione della pericolosità del Vesuvio, un vulcano che alterna lunghe fasi di quiescenza con eruzioni rovinose, gli scienziati che lo tengono in osservazione, da anni, ormai, fanno compiere agli abitanti della zona, una delle più popolate e più abusate d’Italia, esercitazioni per apprendere come poter fuggire in tempo evitando una catastrofe pari a quella del 79 dopo Cristo.

A riprova dell’intatta suggestione che aleggia su questa città romana, è in arrivo su Raiuno, il 5 e il 6 marzo, una fiction intitolata Pompei, quarto capitolo della serie Imperium della Lux, per la quale i Bernabei e il tunisino Tarak Ben Ammar hanno edificato ad Hammamet, negli «Empire Studios» la più grandiosa ricostruzione di Roma antica mai fatta. In realtà il progetto prevedeva che dopo le fiction dedicate ad Augusto e Nerone ci sarebbe stata la saga dei Flavi, gli imperatori Vespasiano, Tito e Domiziano. Ma com’è successo al serial americano Roma che da noi, contrariamente che all’estero, ha provocato il sarcasmo degli storici e non ha raccolto il consenso del pubblico, il successo dei primi due capitoli non è stato tale da indurrre la produzione a proseguire su questa strada, tant’è vero che il terzo capitolo è stato dedicato a San Pietro. E questo quarto, pur svolgendosi sotto l’imperatore Tito, racconta una storia d’amore ambientata prima e dopo la distruzione di Pompei. La fiction, quindi, è una via di mezza tra un film drammatico, il cui filo conduttore è l’avventura sentimentale di una coppia di giovani, e un film catastrofico, dove a dominare sono gli effetti speciali prodotti dalla americana «Direct to brain».

Ricca di colpi di scena, sorprese, intrighi, corruzione, violenza, la fiction Pompei, come già in passato ha fatto il cinema, cerca di ricreare, senza ambizioni filologiche, un mondo che conosciamo bene ma che facciamo fatica a comprendere fino in fondo. Ha detto Giulio Base, il regista cui è stata affidata l’impresa: «Ho dovuto scavare nelle anime di quei corpi affrescati per sapere come viveva, pensava, lavorava un cittadino di Pompei nel primo secolo. La mia priorità è stata condurre gli attori per mano in una dimensione diversa da quella moderna, dove valori e affetti avevano un altro peso». Cast foltissimo. I protagonisti sono Lorenzo Crespi nel ruolo di Marco e Andrea Osvart in quello di Valeria. Tra i nomi noti Giuliano Genmma che fa l’imperatore Tito, Maria Grazia Cucinotta Lavinia, Maurizio Aiello Tiberio, Sergio Fiorentini Cornelio. Protesteranno anche stavolta, sottolineando errori e sbavature, i docenti di storia romana? Oppure si contenteranno di ignorarla, ammutoliti di fronte allo sfarzo produttivo forte di 3200 figuranti, 1600 costumi, ma soprattutto 4 tonnellate di carbone, 2 di talco, 2 e mezzo di cenere e 2000 pietre finte eruttate dalla bocca del Vesuvio?


Fonte: La Stampa web 02/03/2007
Autore: Simonetta Robiony
Cronologia: Arch. Romana

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