Dal 16 dicembre 2006 sono tornate visitabili le sale che ospitano una delle più belle raccolte museali romane, formata da 380 sculture donate dal barone Giovanni Barracco al Comune di Roma.
Capolavori egizi, assiri, ciprioti, fenici, etruschi, greci e romani, ospitati dal Museo Barracco, ritornano visibili ad un pubblico più vasto dal 16 dicembre 2006. Questo grazie al completamento degli interventi riguardanti la pulitura e il restauro delle facciate, l’adeguamento alle norme di sicurezza e la realizzazione al piano terra di un’idonea area di accoglienza per pubblico con difficoltà motorie.
Sarà così possibile conoscere la Collezione Barracco grazie ad una postazione informatica che consentirà la visita virtuale al Museo ammirando alcune opere della collezione. Si potrà accedere alla Biblioteca Barracco che raccoglie alcuni capisaldi dell’archeologia ottocentesca e rare edizioni di classici del Seicento e del Settecento, e alla Biblioteca Pollak con la sua collezione di circa 2.500 volumi appartenuti a Ludwig Pollak, archeologo, collezionista e mercante d’arte. Inoltre, il pubblico non vedente potrà “visitare” il museo attraverso una planimetria in Braille ed una guida del Museo in Braille disponibile per consultazione in italiano ed in inglese.
I 380 esemplari che compongono la collezione furono devoluti dal barone Giovanni Barracco al Comune di Roma nel 1904. Il ricco nobile calabrese donò la sua prestigiosa raccolta di sculture antiche dopo aver dedicato la propria vita al reperimento di questi capolavori, acquistandoli sul mercato antiquario o recuperandoli dai grandi scavi archeologici effettuati dal 1870 al 1903 per l’edificazione di Roma Capitale. Le sculture offrono un quadro panoramico sufficientemente esaustivo a tutt’oggi dello sviluppo della scultura antica di tutte le popolazioni che vissero e si svilupparono nel bacino del Mediterraneo.
L’attuale allestimento del Museo Barracco è il risultato del grande intervento di recupero a cui il Museo fu sottoposto nel 1991, quando riaprì dopo il complesso lavoro realizzato dall’architetto Enzo Serrani, dalle archeologhe Maresita Nota, responsabile del Museo e dalla dottoressa Gabriella Cimino, ispettrice del Museo.
L’impianto di illuminazione è studiato per una visione naturale delle opere, mentre l’arredo delle vetrine e delle basi espositive si inseriscono perfettamente negli accoglienti ambienti e si armonizzano con gli infissi delle sale, dal classico gusto cinquecentesco.
Le opere sono esposte in sezioni a seconda dell’appartenenza alle varie civiltà; nell’ambito di ogni sezione è stato rispettato il più possibile un percorso cronologico.
Il percorso offerto è lungo ed affascinante: parte dall’arte egizia, rappresentata dalle più antiche dinastie (3.000 a.C.) fino all’epoca romana; dalla Mesopotamia provengono, invece, le preziose lastre assire, ornamento parietale dei palazzi di Assurbanipal a Ninive e Senacherib a Nirmud del VII e VI sec a.C.; una rarità per i musei italiani è la sezione di arte cipriota, presente nella collezione con alcuni oggetti di preziosa fattura, come il carretto votivo policromo e la testa di Eracle (VII-VI sec. a.C.); l’arte greca vanta numerosi originali con lastre votive e funebri, una serie di opere greche compongono un quadro esaustivo del grande artista Policleto (V sec. a.C.) e della sua scuola; per l’arte romana va segnalata la testa di un fanciullo della famiglia Giulia, documento della raffinata ritrattistica privata della prima epoca imperiale (I sec. d.C.); infine, l’arte provinciale è presente con tre lastre provenienti da Palmira, città carovaniera che visse il suo massimo splendore nel II sec. d.C.
L’articolato percorso storico sull’evoluzione della scultura antica, “madre di tutte le arti”, come scrisse Giovanni Barracco, si chiude con il mosaico policromo dell’Ecclesia Romana, proveniente dalla prima Basilica di San Pietro a Roma, datato al XII sec. d.C.
Prima di essere trasferita nell’attuale sede, la preziosa raccolta di sculture fu ospitata dal 1904 al 1938 presso il Museo di Scultura Antica progettato da Gaetano Koch in Corso Vittorio Emanuele, in un’area di fronte S. Giovanni dei Fiorentini. Per consentire una visione ottimale delle opere, l’edificio fu dotato di ampie vetrate e di basi girevoli per le sculture. Lo stesso Barracco seguì il Museo per circa dieci anni e ne arricchì la collezione con la collaborazione di Ludwig Pollak, il direttore del Museo.
L’edificio fu demolito nel 1938 per esigenze del piano regolatore a causa del completamento di Corso Vittorio. La collezione fu, quindi, trasferita temporaneamente presso l’Osteria dell’Orso e poi nei Magazzini dei Musei Capitolini, dove rimase chiusa ed imballata in casse durante la Seconda Guerra Mondiale fino al 1948, anno in cui fu riallestita nella sede di Corso Vittorio Emanuele II.
La progettazione dell’attuale Museo Barracco, palazzina denominata Farnesina ai Baullari, viene tradizionalmente attribuita ad Antonio da Sangallo grazie ad un disegno conservato presso gli Uffizi a Firenze. Era destinata ad abitazione del prelato bretone Thomas Le Roy, ma in realtà Le Roy non dimorò mai nell’edificio che ben presto i suoi eredi vendettero ad altri. Il Comune di Roma lo acquistò nel 1885 dovendo intervenire nella zona per le esigenze del nuovo piano regolatore.
Sede di numerose istituzioni, solo nel 1948 la palazzina venne utilizzata come spazio espositivo museale quando, con mezzi irrisori nel difficile periodo del dopoguerra, Carlo Pietrangeli ed Antonio Maria Colini, Direttore e Ispettore delle Belle Arti del Comune di Roma, riallestirono la collezione archeologica del barone Barracco.
LE SALE DEL MUSEO BARRACCO E ALCUNE OPERE OSPITATE
ARTE EGIZIA
La sezione egizia è il primo nucleo di opere raccolte dal barone Barracco, catalogate in numero progressivo d’entrata. Le opere furono acquistate sul mercato d’aste parigino e in alcuni casi reperite nel corso di scavi archeologici.
La civiltà dell’Antico Egitto lungo la valle dl Nilo si sviluppa in un arco di tempo di oltre trenta secoli, divisibile cronologicamente in base alle dinastie più importanti che regnarono
SALA I-II
Stele di Nofer. Rilievo frammentario in calcare proveniente dalla necropoli di Gizah, donata al principe Girolamo Bonaparte dall’Ismail Pascià. Fu acquistata a Parigi dal barone Barracco. Nofer, scriba e tesoriere del re, è assiso di fronte al tavolo delle offerte. La stele appartiene alla IV Dinastia (Antico Regno) ed è il documento più antico di questa civiltà presente a Roma; i geroglifici sono in rilievo, come in uso nelle epoche più antiche.
Statuetta lignea. Appartiene alla XII Dinastia (Medio Regno). Nelle mani sono incisi dei geroglifici.
La sfinge della regina Hatscepsut. Ha grande rilievo fra la numerosa serie di oggetti della XVIII Dinastia (Nuovo Regno); è in granito nero. Danneggiata alle zampe anteriori e con chiari colpi di martello sul cartiglio del petto, è uno dei rari esempi di sfinge femminile che si conoscano. L’iscrizione ricorda l’offerta di Thutmosis, di cui la sorella Hatscepsut fu reggente. La sfinge fu trovata nel 1856 durante gli scavi dell’Iseo Campense a Roma, nella zona di Campo Marzio, dove sorgeva un tempio dedicato ad Iside e Serapide del I sec. d.C. Fu acquistata dal collezionista col permesso del re.
Ritratto giovanile di Ramsess II (Nuovo Regno). Il ritratto presenta una corona ed elmo con ureo; è in granito nero.
Ritratto di sacerdote barbato in diorite. Barracco ed altri ritenevano fosse un ritratto di Giulio Cesare. È probabile invece che si tratti di un sacerdote come suggerisce l’acconciatura e la fascia sul capo, che reca al centro una stella a otto punte. L’espressione intensa e la cura dei particolari ricordano elementi propri della ritrattistica romana. È da ritenersi opera di artista romano operante in Egitto durante il III sec. d.C.
Maschera funebre su cartone dorato, di epoca tolemaica.
Clessidra di Tolomeo Filadelfo in basalto. Fu rinvenuta in numerosi frammenti nell’area dell’Ilseo Campense a Roma. Presenta sulle pareti esterne iscrizioni di Tolomeo, all’interno delle tacche incise utili alla misurazione del tempo. Si ritiene che questo strumento sia stato inventato dagli egizi durante la XVIII Dinastia. Divenuto vaso d’offerta dopo il suo uso come clessidra, previsto per circa 200 anni.
ARTE SUMERA – ASSIRA
Barracco scriveva nell’appendice al Catalogo del Museo di Scultura Antica Fondazione Barracco (Roma 1910): “le scuole madri della scultura antica … ebbero origine in Egitto e in Mesopotamia …”. Nella fertile terra dell’Asia Anteriore delimitata dai due fiumi Tigri ed Eufrate, la Mesopotamia, si avvicendarono le civiltà dei sumeri, degli assiri, dei babilonesi e in parte quella dei persiani, per un arco di tempo di circa tre millenni
Chiodi di fondazione della dinastia di Ur, in bronzo. Venivano posti nelle fondamenta dei templi secondo un rituale propiziatorio.
Genio alato inginocchiato verso destra, in atteggiamento di offerta di fronte all’albero della vita. Il rilievo proviene dal palazzo Nord-Ovest di Assurbanipal a Nirmud. L’eleganza del tratto, la naturalezza delle espressioni fanno di questo rilievo un’opera di grande valore.
Cinque donne in un palmeto. Il rilievo proviene da Ninive e presenta un gruppo di donne in un palmeto di fronte ad un fanciullo nudo. È da rilevare la divisione degli spazi tra le figure e l’ambiente.
ARTE ETRUSCA
“La potenza degli etruschi si estese per largo spazio in terra e in mare prima dell’impero romano …” (Livio). La civiltà etrusca si sviluppò principalmente nell’Italia centrale, in una fascia compresa fra il mar Tirreno e il mare Adriatico
SALA III
Cippo funerario in pietra fetida. Lungo i lati vi si narra la vestizione, la partenza per un duello, il combattimento, il ritorno a casa di un guerriero vestito con una morbida tunica e un elmo di tipo attico. Databile fra il 500 e il 470 a.C. proviene da Chianciano e fu eseguito su commissione.
Testa femminile (II sec. a.C.). Ornava una tomba rinvenuta vicino a Bolsena. Si ravvisano in quest’opera influenze dell’arte greca di Scopas.
ARTE CIPRIOTA
L’isola di Cipro, sede di una fiorente civiltà fin dall’epoca preistorica, fu un importantissimo nodo commerciale. Le opere qui esposte sono state acquistate da Barracco nelle vendite all’asta di alcune delle più prestigiose collezioni parigine private del tempo (Piot, Bammeville, Grèau)
SALA IV
Statua di Heracles-Melqat. Il dio indossa una pelle di leone sulle spalle e solleva con la mano un leoncino in miniatura, segno della supremazia sugli animali. La statuina fu donata da Pollak a Giovanni Barracco nel 1909.
Carro da parata con due personaggi. Nonostante l’originalità del soggetto abbia fatto formulare varie ipotesi sul significato di tale rappresentazione, si tratta probabilmente di un carro da parata sul quale si trovano una madre col proprio figlio, raffigurati durante una cerimonia sacra.
ARTE FENICIA
La terra dei fenici, tra l’Eufrate, l’India, l’Egitto e il Mediterraneo, fu abitata da varie etnie e subì, nelle arti figurative, le influenze dei popoli limitrofi e principalmente degli egizi
SALA IV
Protome di leone in alabastro, proveniente dalla Sardegna.
Parte superiore di coperchio di sarcofago antropoide della fine del V sec. a.C., proveniente da Sidone.
ARTE GRECA
La posizione di eccezionale rilievo che ebbe, per Giovanni Barracco, la formazione artistica ellenica e l’arte della Grecia classica, è documentata dalla quantità e qualità delle opere che scelse per la sua raccolta. Pregevoli originali lapidei, fittili e ceramici nonché copie di epoca romana delle sculture più famose dei grandi maestri del periodo classico ed ellenistico. Un panorama piuttosto ampio e vario di questo settore della Collezione che abbraccia almeno quattro secoli e si compone, per la maggior parte, di esemplari acquistati sul mercato antiquario romano, che nella seconda metà dell’Ottocento era particolarmente fiorente grazie ai numerosi scavi di vaste aree della città
SALA V
Due teste di Athena, del filone artistico del periodo severo. (V sec. a.C.).
Hermes Kriophoros, della prima metà del V sec. a.C. (loggia II piano). In queste opere, l’ovale del viso, le palpebre ingrossate, le labbra carnose con breve taglio annunciano i nuovi fermenti dell’età che vede in Kalamis e Mirone i suoi interpreti più notevoli.
Testa dell’Apollo tipo Kassel, replica di età flavia (I sec. d.C.) da originale bronzeo. Di proporzioni maggiori del vero, raffigura Apollo Parnopios. La statua fu dedicata, intorno al 460 a.C., dagli ateniesi grati al dio per aver salvato la città da un’invasione di cavallette.
Rilievo funerario con due figure virili, originale attico del V sec. a.C. Vi sono rappresentati due giovani, nudi, come è tipico nelle raffigurazioni di defunti eroicizzati.
Il busto del Sileno Marsia, replica di età antonina (II sec. d.C.) di una delle due statue che componevano il famoso gruppo di Athena e Marzia dedicato, intorno al 450 a.C., sull’acropoli di Atene.
SALA VI
Anfora attica a figure nere degli inizi del V sec. a.C.; attribuita al pittore di Diosphos, con raffigurate gesta di Eracle.
Lekythoi funerarie attiche. La derivazione metallica di questi vasi monumentali, usati nel IV sec a.C. come segnacoli funebri, è testimoniata dal motivo a palmette incrociate visibile. Questi presentano sulla pancia un riquadro raffigurante il commiato tra due coniugi. Le lektthoi intere recano incisi i nomi dei personaggi rappresentati.
Rilievo votivo attico dedicato ad Apollo, come indica l’iscrizione che corre lungo il margine superiore ed inferiore del campo figurato. Qui compaiono, a sinistra, i quattro fanciulli dedicanti accompagnati da un vecchio barbato, a destra le tre divinità del fiche: Leto, Apollo, Diana. Il rilievo è della metà del IV sec. a.C.
Testa di Apollo Liceo di Prassitele. Copia di epoca romana derivata da un originale, maggiore del vero, della metà del IV sec. a.C. che rappresentava il dio nudo in posizione di riposo, con la mano destra poggiata sul capo. La capigliatura risulta particolarmente elaborata e ricca di effetti chiaroscurali.
ARTE ELLENISTICA
L’arte ellenistica fu quella produzione artistica che, a partire dalla fine del IV sec. a.C. fino al I sec. a.C. , fu espressione degli stati creatisi alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.). In tale epoca l’arte, ormai al servizio delle corti dei diadochi, acquistò un carattere celebrativo, individuale ed eminentemente decorativo, frantumandosi in vari generi. Uno dei massimi rappresentanti di questa civiltà fu Lisippo di Sidione che, basandosi sull’esperienza della scuola attica ed elaborando in modo personale il “canone” del grande bronzista Policleto (V sec. a.C.), raggiunse soluzioni nuove e di estrema libertà spaziale, che ne fanno uno dei più grandi artisti del periodo
SALA VII – VIII
Cagna ferita, replica del copista ellenistico Sopatro, da originale bronzeo ancora esistente ai tempi di Plinio nel tempio di Giove Capitolino. Sono ancora visibili sulla base le tre lettere iniziali del nome del copista.
Testa maschile, copia del II sec. d.C. da originale raffigurante, secondo alcuni studiosi, Alessandro Magno, il sovrano macedone del quale Lisippo fu artista ufficiale.
ARTE ITALICA, ROMANA, PROVINCIALE, MEDIOEVALE
In questa sala sono esposte opere di arte italica, romana, provinciale e medioevale. Pur essendo in numero esiguo rispetto agli altri settori della raccolta, sono documenti di grande rilievo sia per la tipologia, sia per le fasi storiche che rappresentano la collezione
SALA IX
Fanciullo della famiglia Giulio-Claudia, da alcuni indicato come Nerone. Opera del I sec. d.C., fu rinvenuta a Roma nella villa di Livia “ad gallinas albas” presso Prima Porta.
Tre steli funerarie del III sec. d.C; vi sono rappresentati due personaggi femminili ed uno maschile. Provengono da Palmira, importante città carovaniera del Medio Oriente, e sono testimonianze dell’arte delle province romane.
Ecclesia Romana, frammento di mosaico a grandi tessere pertinente al mosaico absidale di San Pietro in Vaticano, voluto da Papa Innocenzo III nel XII secolo e asportato per il rifacimento dell’abside della chiesa ristrutturata da Michelangelo.
GIOVANNI BARRACCO – BIOGRAFIA
Giovanni Barracco nacque il 28 aprile 1829 a Isola Capo Rizzuto (Crotone) da nobile famiglia, che vantava discendenze normanne.
Avviato agli studi giuridici per tradizione familiare, ebbe una particolare predilezione per la storia antica. Studiò il greco e il latino privatamente e proseguì la sua formazione a Napoli dove il padre, don Ferdinando, inserito nella corte del re, ricopriva numerose cariche onorifiche. Sensibile ai fermenti rivoluzionari, fece parte con la gioventù napoletana di quel gruppo di culturali che combattevano per la libertà del popolo. Diventò senatore durante la formazione del Regno d’Italia nel primo Parlamento della Nazione.
Barracco, incontrando a Napoli Giuseppe Fiorelli, segretario del Conte Leopoldo e direttore degli scavi di Cuma, ebbe modo di coltivare la sua passione per gli studi archeologici. L’illustre archeologo, era stato nominato Direttore del Museo di Napoli e aveva dato l’avvio ai nuovi scavi di Pompei, dopo la caduta del regno borbonico.
Ebbe una vita politica intensa e quando, nel 1860, la sua famiglia contribuì alle spese dei garibaldini per la liberazione del Regno, iniziò la sua attività pubblica.
Nel 1861, a soli 32 anni, fu eletto deputato al Parlamento Italiano, quale rappresentante dei collegi di Spezzano Calabro e di Crotone. Dopo un breve periodo in cui la Destra Storica era andata al potere, tornerà alla camera dal 1880 al 1886 quando sarà nominato Senatore. In qualità di questore del Senato, fino al 1904, partecipò alla ristrutturazione di Palazzo Madama, progettata e diretta dall’architetto Koch.
Barracco diviene collezionista col suo arrivo a Roma nel 1870. Prende in affitto un appartamento in via del Corso 160, vicino Montecitorio. Nella camera da letto troneggiava un bellissimo dipinto di Piero da Cosimo raffigurante La Maddalena. Quest’opera, come scrisse in una sua pubblicazione, fu donata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Palazzo Barberini. Barracco acquistò opere d’arte sia sul mercato antiquario, sia dai grandi scavi archeologici che coinvolgevano la città. Nel formare la sua collezione, si avvalse di consigli di uomini competenti, come Wolfgang Helbig, direttore del Museo Archeologico Germanico e Ludwig Pollak, celebre esperto d’arte che sarebbe diventato nel 1904 il primo direttore del Museo. Nel 1893 fu pubblicato il primo catalogo della collezione redatto da Giovanni Barracco e Wolfgang Helbig e dedicato alla Regina Margherita.
Non avendo eredi diretti decise di donare la sua collezione al Comune di Roma, che lo insignì della Cittadinanza Onoraria Romana e gli concesse un’area per farne una sede museale, in corso Vittorio Emanuele II di fronte S. Giovanni dei Fiorentini. Il Museo fu progettato da Gaetano Koch, e si presentava come tempio di tipo greco. Fu chiamato Museo di Scultura Antica per volontà del Barracco ed era il primo Museo d’Italia dotato di riscaldamento. Barracco impose a Koch alcune esigenze espositive, pertanto l’edificio era dotato di ampie vetrate per una corretta illuminazione delle opere e le basi erano girevoli per permettere la visione a tutto tondo di alcune sculture. Il Museo, inoltre, ospitava una biblioteca, dono di Barracco.
Barracco seguì il Museo per circa dieci anni, trasferendo la sua abitazione a Corso Vittorio Emanuele II, e arricchì la collezione con la collaborazione di Ludwig Pollak.
Il Comune di Roma, per il completamento di Corso Vittorio, decise di demolire il Museo nel 1938. La collezione fu trasportata prima presso l’Osteria dell’Orso e poi nei magazzini dei Musei Capitolini, dove rimase fino al 1948, quando Antonio Maria Colini e Carlo Pietrangeli, Direttore e Ispettore delle Belle Arti del Comune di Roma la riallestirono nell’attuale sede, la Farnesina ai Baullari.
Il barone Giovanni Barracco morì nel 1914. Nel testamento lasciò indicazioni ai suoi eredi affinché acquistassero alcune pubblicazioni per la biblioteca del Museo, del quale sarebbe rimasto direttore Pollak.
Info:
Museo Barracco – Corso Vittorio Emanuele II, 166 A – Roma
Orari: da martedì a domenica ore 9.00 – 19.00; la biglietteria mezz’ora prima; lunedì chiuso.
Biglietti: € 3.00 intero; € 1.50 ridotto; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente; accesso ai disabili consentito al piano terra;
Audioguida: € 3.50 singola; € 5.00 doppia.
tel. 06 82059127 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.30).
Link: http://www.museobarracco.it