Archivi

ROMA. Lupa Capitolina, comincia il duello.

Bronzo medievale o etrusco?
La Lupa, orgoglio dei Musei Capitolini, status symbol avvolto da un’aura quasi sacra, per anni emblema indiscusso della città che nei suoi momenti d’entusiasmo l’ha voluta attribuire al celebre scultore etrusco Vulca, è ora decisamente nei guai.
Anna Maria Carruba, la restauratrice che l’ha avuta per le mani alla fine dello scorso decennio per risistemarla, non solo giura che il bronzo è medievale ma ora ha messo tutte queste sue convinzioni nero su bianco tramutandole in un documentato libretto appena uscito edito da De Luca Editori d’arte, «La Lupa Capitolina, un bronzo medievale».
Dalla sua la Carruba ha l’ex storico soprintendente archeologico di Roma, Adriano La Regina, che è sceso lancia in resta sposando il suo punto di vista e che oggi presenterà insieme ad altri studiosi il saggio a Palazzo Massimo, quartier generale dell’archeologia di stato.
E contro? C’è certamente l’ altro soprintendente ai monumenti, quello comunale, il professor Eugenio La Rocca il quale non solo non è stato invitato alla kermesse dissacratoria di oggi, ma che si prepara a partecipare alla «giornata di studio» sulla Lupa il 28 al Museo d’arte classica «Odeion»: lì insieme ad archeologi (da Giovanni Colonna a Francesco Roncalli e Andrea Carandini) sono stati invitati anche parecchi storici, da Mario D’Onofrio a Lellia Gracco Ruggini.
Il punto di vista della Carruba è questo: la Lupa è stata realizzata con una fusione ad un solo getto, tecnica elaborata nel Medio Evo, mentre tutte le principali opere in bronzo di età etrusca e romana risultano prodotte con assemblaggio di parti separate. Così, brandendo contro la Lupa i bronzi di Riace come la Chimera di Arezzo o il celebre Arringatore, il Grifo di Perugia come gli evangelisti di Orvieto, Carruba ha sferrato il suo attacco.
La restauratrice ricorda le citazioni classiche di una Lupa in bronzo, descritta in Campidoglio da Cicerone (nel 65 a.C. fu colpita da un fulmine), oppure da Tito Livio che la collocava presso il fico Ruminale, o ancora da Dionigi da Alicarnasso che riferiva di una bronzo munito di gemelli presso il Lupercale.
«Ma dalle informazioni che essi forniscono – spiega la restauratrice – si desume che non si tratta della stessa statua: sono esistite diverse lupe di bronzo e non sembra che quella conservata ai musei capitolini possa essere identificata con alcuna di queste…». Non sembra. Ma vallo a spiegare ai contrari. 
     


Fonte: Corriere della Sera 13/02/2007
Autore: Brogi Paolo
Cronologia: Arch. Romana

Segnala la tua notizia