Disegnata dall’architetto Giuseppe Sacconi (1854-1905) come una sorta di gemello del suo quattrocentesco «dirimpettaio», Palazzo Venezia, la monumentale sede romana delle Assicurazioni Generali è un elemento ormai familiare nel panorama capitolino. Dal 2011, il secondo piano dell’edificio ospita uno dei piú interessanti e innovativi allestimenti museali realizzati negli ultimi anni: Radici del Presente, un museo archeologico didattico voluto dalle stesse Assicurazioni Generali per consentire la fruizione del materiale archeologico recuperato in occasione della costruzione del palazzo. Ma se questa, per il momento, è l’ultima tappa di una storia ormai ultracentenaria, sarà bene cominciare dall’inizio.
Verso la fine dell’Ottocento, fu l’allora direttore delle Assicurazioni Generali, Marco Besso, a volere che la compagnia si dotasse di una sede nella capitale del Regno, e, per realizzare il progetto, nel 1902 colse l’occasione dei lavori di riprogettazione dell’area adiacente piazza Venezia.
La grande trasformazione
Vari piani regolatori di Roma Capitale stilati nella seconda metà del XIX secolo avevano già previsto la risistemazione dell’area nei pressi del Foro di Traiano, con la demolizione degli edifici esistenti. In questo clima di fermento edilizio fu anche varato un grande progetto per l’edificazione del monumento a Vittorio Emanuele II. Per seguirne la realizzazione fu istituita un’apposita Commissione Reale, che affidò la direzione dei lavori al già ricordato Giuseppe Sacconi. Nel 1898 la commissione approvò il suo progetto per il monumento e per la sistemazione delle aree circostanti, che venivano ripensate in funzione di quest’ultimo.
L’area antistante sarebbe stata liberata del Palazzetto Venezia, demolito e ricostruito in linea con la facciata del palazzo Venezia. Gli edifici dirimpetto al palazzo di Venezia, sul lato opposto della piazza, ovvero Palazzo Torlonia, Palazzo Merenghi e alcune proprietà del pio sodalizio dei Fornari, sarebbero state demolite anch’esse, conformemente ai progetti dei precedenti piani regolatori. Nel 1900 la famiglia Torlonia si impegnava quindi con il Ministero dei Lavori Pubblici a demolire le aree di sua proprietà e quelle contigue (che le sarebbero state consegnate dallo Stato a conclusione delle procedure di esproprio) e a costruirvi, entro quattro anni, un palazzo appropriato al prestigio dell’area. La complessità dell’impresa indusse i Torlonia a cedere l’affare a una società immobiliare, e fu quindi stipulato un contratto di vendita con una tra le maggiori nel settore, la Società Generale Immobiliare.
Il progetto finale
In un primo momento il progetto del palazzo fu curato dalla Società Immobiliare, e dovette ricevere l’approvazione della Commissione Reale e di Sacconi stesso. Ma il processo fu tutt’altro che immediato, dato che, dal primo progetto del 1900, il palazzo assunse le sue sembianze definitive solo dopo che ne furono proposte, e rifiutate, altre due differenti versioni. Il quarto progetto fu presentato dopo consultazioni piú dirette tra la Società e lo stesso Sacconi, che permisero di comprendere meglio i pareri di questi in merito e di giungere infine all’approvazione di un progetto finale nel 1902. La nuova versione prevedeva la creazione di una massa architettonica simmetrica, per volume e decorazione, al Palazzo Venezia, in modo da formare due quinte scenografiche per l’antistante monumento a Vittorio Emanuele II.
È questo il momento in cui, alla fine del 1902, le Assicurazioni Generali decidono di entrare nell’affare, e, nel novembre dello stesso anno, stipulano due contratti con la Società Generale Immobiliare, da cui comprano il terreno in fase di costruzione e a cui danno mandato di seguire i lavori, riservandosi la facoltà di intervenire con modifiche ai progetti.
La fase di progettazione continua anche durante i lavori, e determina una fitta corrispondenza tra le parti coinvolte. I dettagli decorativi dei prospetti ad esempio, come il grande portale, il balcone e il maestoso leone che campeggiano al centro della facciata, vengono seguiti direttamente dalle Assicurazioni Generali assieme all’architetto Sacconi (al quale compete la responsabilità artistica dell’opera) e approvati dalla Commissione Reale nel 1905.
Si aprono i cantieri
I lavori nell’area in cui sorge il palazzo iniziarono quindi nel 1902 con la demolizione degli edifici esistenti, a cui seguí l’apertura di un profondo scasso per gettare le nuove fondamenta, che si concluse due anni dopo. In questa fase vennero alla luce i reperti oggi esposti nel museo. Per documentare l’avanzamento dei lavori, soprattutto dal 1903 al 1904, vennero scattate numerose fotografie, anch’esse esposte nel museo, insieme a disegni progettuali e stralci di corrispondenza. Il palazzo venne infine inaugurato nel dicembre del 1906, in occasione del 75° anniversario delle Assicurazioni Generali.
Le operazioni di scasso condotte in un area di cosí grande importanza archeologica non potevano che portare alla luce una grande quantità di materiale antico. Fu quindi eseguita un’indagine archeologica, in occasione della quale l’archeologo Giuseppe Gatti, tra il 1902 e il 1904, si occupò di documentare le strutture riportate alla luce e di catalogare i reperti scavati. Questi diventarono proprietà delle Assicurazioni Generali e andarono a costituire un patrimonio prezioso, che la Compagnia ha sempre percepito e custodito come tale nella propria sede di rappresentanza, e che oggi è al centro del progetto Radici del Presente.
Dalla capitale dell’impero
I reperti recuperati risalivano per la maggior parte al periodo della Roma imperiale (I-III secolo d.C.), con alcuni esemplari del IV-V secolo d.C. Le strutture riportate alla luce si rivelarono riferibili a un’insula del II secolo d.C., un’ipotesi rafforzata proprio dalla natura degli oggetti rinvenuti, che formano un insieme molto eterogeneo: lastre marmoree con iscrizioni, busti, anfore e vasellame, urne, capitelli, colonne, frammenti marmorei con decorazioni, iscrizioni funerarie o celebrative. Questi materiali sono oggi esposti nel museo, nel quale sono confluite anche altre due importanti raccolte di proprietà di Assicurazioni Generali: la collezione Merolli-FATA e la collezione di Palazzo Poli (coerenti per tipologia e datazione dei pezzi), che contribuiscono in modo significativo al fine didattico dell’allestimento, illustrando aspetti importanti della cultura e della civiltà romana. Il museo annovera complessivamente 300 reperti romani, nonché un rilievo greco del IV secolo a.C.
Assicurazioni Generali ha scelto di investire su questo rilevante patrimonio culturale «dormiente», vivificandolo. In questo senso, è significativo che, oltre a provvedere al finanziamento, la Società abbia scelto di mettersi «in gioco» direttamente, collocando il museo nella propria sede di rappresentanza.
Il Museo Radici del Presente allestito nel palazzo di piazza Venezia è peraltro l’elemento centrale dell’omonimo e piú ampio progetto didattico. Un piano che non solo ha previsto la creazione di spazi espositivi adeguati per le collezioni di proprietà della Società, ma, fin dal principio, ha individuato i mezzi piú adatti perché questo lodevole impegno non rimanesse «solo» una meta per gli appassionati e i cultori della materia, ma potesse coinvolgere i piú giovani.
Realizzato con l’Associazione Trivio Quadrivio, il progetto Radici del Presente si avvale della collaborazione di uno staff di archeologi dell’Università di Napoli «Federico II» e dell’Associazione Italiana Dirigenti Scolastici e, nell’anno scolastico 2012-2013, ha visto la partecipazione di oltre 2000 studenti, provenienti da tutta Italia. Le varie fasi hanno compreso attività preparatorie svolte in classe con l’insegnante supportato da un archeologo, poi la visita di un sito archeologico sul territorio nazionale, durante la quale gli studenti hanno scattato fotografie dei particolari che piú li hanno colpiti, e, successivamente, in classe, una fase di discussione e di caricamento delle foto sul sito internet (radicidelpresente.it).
A conclusione del programma è stata proposta la visita didattica del Museo Radici del Presente, come ulteriore occasione per riflettere sull’esperienza del passato come origine dell’oggi. Oltre alle attività legate al progetto didattico e rivolte alle scuole, il museo è comunque aperto a tutti, previa prenotazione della visita. Il progetto prosegue ora nell’anno scolastico in corso, con oltre 2000 studenti.
Il percorso espositivo
Anche il percorso espositivo del museo è stato curato dall’associazione Trivio Quadrivio e uno degli strumenti didattici che piú lo connotano sono i «fogli stanza». All’inizio della visita guidata ciascun partecipante riceve una cartellina vuota, che può utilizzare durante la visita per raccogliere i fogli con le descrizioni delle singole sale e dei reperti collegati, a disposizione sugli espositori.
Il foglio stanza si rivela efficace e particolarmente adatto al pubblico giovane, perché immediato nella consultazione e, allo stesso tempo, consente al visitatore di approfondire autonomamente argomenti specifici, rivelando ulteriori dettagli. Inoltre, al termine della visita, il raccoglitore con le schede viene portato a casa dal visitatore e può essere utilizzato per attività di riepilogo a scuola con i propri insegnanti, e l’esperienza didattica può cosí proseguire anche dopo la conclusione della visita.
Come già detto, il sito internet (radicidelpresente.it) riveste un ruolo chiave in quest’esperienza didattica. Concepito come una vera e propria estensione del museo, propone una mappa interattiva per esplorare le varie sale, per ciascuna delle quali è possibile scaricare il catalogo dei reperti con illustrazioni e descrizioni.
Per una precisa scelta di allestimento le opere non sono corredate da etichette per le didascalie, i reperti sono identificati solo con un piccolo numero a fianco, mentre è lasciata al visitatore la possibilità di incuriosirsi riguardo all’identità di ciascun oggetto, ponendosi domande e cercando risposte attraverso gli apparati didattici a disposizione, come i fogli stanza o i pannelli illustrativi alle pareti.
La volontà è quella di suscitare domande, evitando di fornire interpretazioni «prefabbricate» per gli oggetti in mostra al momento della visita, mentre tutte le descrizioni e le informazioni tecniche si possono ritrovare sulle schede di catalogo reperibili sul sito internet. Per facilitare un rapporto piú diretto con l’osservatore, i reperti sono collocati su piani ribassati e sono assenti barriere di protezione come teche o ringhiere.
Autore: Paolo Leonini
Fonte: http://www.archeo.it, n. 349, marzo 2014