Con la chiusura di via Cernaia, unificati Terme e Planetario.
Le terme di Diocleziano sono state il più grande e magnifico complesso termale dell’Antica Roma, capace di accogliere migliaia di bagnanti. Oggi accedere al Museo, alle Grandi aule, pure recentemente restaurate, è certamente possibile ma difficile meta il più delle volte secondaria per i turisti (come documentano i dati di affluenza) anche per il modo in cui le strutture sono parte integrante del tessuto urbano, intrise di traffico, servizi, altre cose.
È un pezzo di Roma da ripensare, anche per le testimonianze storiche che il sottosuolo ancora conserva e può restituire. Per farne una zona integralmente archeologica con massima evidenza nella città è allo studio un progetto che potrà portare ad un nuovo centro dell’archeologia della Capitale; ci stanno lavorando di concerto l’assessorato all’Urbanistica del Comune e la Soprintendenza archeologica con l’architetto Gianni Bulian.
Una rivoluzione che comincia dall’Aula Ottagona, il vecchio Planetario, restaurata e ottimamente allestita come mostra dei capolavori di statuaria che potrebbe essere raccordata al complesso delle Terme, quelle con ingresso da viale Einaudi e dal fronte della Stazione Termini.
Secondo il progetto il Museo dovrebbe acquistare un’identità più forte con una sorta di facciata verso piazza Esedra, dalla parte dell’ex Planetario e dell’ex Magistero, con l’eliminazione del parcheggio e del benzinaio per una zona sistemata a verde. Secondo il progetto, discusso da Morassut con il soprintendente Bottini nelle scorse settimane, sono da eliminare anche le aree di sosta su via Parigi e la fermata che chiude il portale davanti a Sant’Isidoro, danneggiato da smog e vibrazioni.
Ma l’idea decisiva è di chiudere, magari per gradi, via Cernaia, che assorbe un volume di traffico degno del raccordo anulare, autobus inclusi.
Non un’idea nuova, ma tanto più difficile da realizzare. Basti dire che il primo a pensarci è stato Corrado Ricci, direttore generale delle Belle arti all’inizio del Novecento, tema sempre proposto e sempre accantonato a seguire, negli anni Quaranta e negli anni Cinquanta, fino ad essere discusso nel piano regolatore del 1965 dove la soppressione viene messa nero su bianco ed è recepita di seguito dal ministero per i Lavori pubblici. Se ne parlerà ancora negli anni Ottanta, in concomitanza con importanti lavori che porteranno alla scoperta di ampie zone di mosaico policromo e bianco e nero appartenenti alla palestra delle Terme. Ed è allora, con l’apertura del Planetario, che tutto il progetto si allarga e si estende anche per la scoperta di strutture seicentesche appartenenti ai Granari dell’Annona.
L’idea torna attuale oggi ed è oggetto di incontri e discussioni che hanno portato ad una unione di vedute tra Comune e Soprintendenza, in previsione dell’affidamento di un progetto vero e proprio. Spiega l’assessore Morassut: “Si tratta di un’idea coerente con il piano regolatore, che prevede una valorizzazione di quella zona in funzione delle Terme. Sarebbe l’occasione per riportare alla luce le grandi Olearie, ripercorrendo strutture cinquecentesche e settecentesche ed emergendo nella parte superiore della sala Ottagona per una promenade archeologica sensazionale. Un intervento importante al quale il Campidoglio presta la massima attenzione e che finanzieremo con i fondi per Roma Capitale”.
“Si tratta di uno dei monumenti più affascinanti al mondo per il quale ha senso rilanciare l’idea della chiusura di via Cernaia”, commenta Bulian. Il progetto include la demolizione di tutte le superfetazioni che oscurano l’imponenza delle Terme. Tra queste, anche un corpo di fabbrica addossato all’ex magistero senza il quale si potrebbe vedere la decorazione marmorea ancora esistente, di quelle terme costruite in soli sei anni, duemila anni fa.
Fonte: La Repubblica Roma, 14/09/2006
Autore: Francesca Giuliani
Cronologia: Arch. Romana