E’ il ritrovamento del secolo, un tesoro del passato come in Italia non se ne sono mai visti. Davanti alla maschera d’Apollo e ai reperti in avorio presentati a Roma, gli esperti e il ministro Giuliano Urbani restano senza parole. Per il Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico e’ un altro successo dopo una lunga indagine.
Mentre il caso e’ ancora aperto, il ministro e il comandante Ugo Zottin hanno mostrato alla stampa gli straordinari reperti (ora all’Icr per il restauro) recuperati a febbraio, che hanno come precedenti solo le tre teste d’avorio, rinvenute a Delfi prima della seconda guerra mondiale.
Per fattura, materiale (statue d’avorio erano molto rare in antichita’ e per la loro fragilita’ sono giunte fino a noi solo in pochissimi casi) e tecnica, il ritrovamento e’ di eccezionale valore, ma i reperti, relativi ad almeno due figure, sono ancora avvolti nel mistero. Anche perche’ la vicenda giudiziaria che ha riportato in Italia un centinaio di frammenti di varie dimensioni, tra cui appunto la maschera crisoelefantina, braccia, mani di squisita fattura, e’ ancora in pieno sviluppo. Le prime voci a conferma dell’esistenza di questo tesoro, trafugato da una tomba e finito nei canali del mercato illecito, sono arrivate ai carabinieri del Nucleo di Tutela nel 1998, ha detto il comandante Zottin, anche se il fatto era noto da diversi anni. Mentre le indagini si estendevano su tutto il territorio nazionale, in Germania, Svizzera, Cipro, le confessioni di un tombarolo hanno portato sulle tracce del detentore che i carabinieri del Nucleo per la Tutela hanno individuato in Gran Bretagna.
Intanto scavatori clandestini, ricettatori e trafficanti d’arte sono stati messi sotto inchiesta dalla Procura della Repubblica di Roma, anche se per fare chiarezza sono altresi’ necessarie nuove indagini sui reperti e sul luogo del ritrovamento. Secondo il tombarolo, la meravigliosa Maschera d’Apollo sarebbe venuta alla luce nella zona di Anguillara o nel comune di Roma. Saranno presto lanciate nuove campagne di scavi, ha detto il ministro Urbani, ”al fine di portare alla luce quanto piu’ possibile i tesori che il nostro sottosuolo conserva e sottrarre cosi’ simili reperti all’attivita’ criminale e al mercato illecito”. Ma sara’ fondamentale individuare il punto esatto dove sono stati rinvenuti i reperti in avorio per capire in che contesto erano collocate le statue. In Italia non si e’ mai visto niente del genere, ha detto Antonio Giuliano incaricato da giudice per la perizia, e ci vorranno molti studi e 3 anni di rilevamenti per cominciare a capirci qualcosa. La datazione e’ incerta. Puo’ trattarsi di un originale greco del III secolo a.C., come di una copia romana del IV secolo d.C., solo la diagnostica sul delicatissimo avorio potra’ dire qualcosa. Per forgiare quel volto, gli artisti antichi si sono comunque serviti di avorio non fossile, probabilmente animale, un’unica zanna di elefante di dimensioni eccezionali, lunga 2,5 metri. La statua di Apollo, destinata forse ad una dimora imperiale, doveva essere alta un paio di metri e ricoperta d’oro (come la leggendaria Atena di Fidia), con pietre preziose al posto degli occhi. Le decorazioni auree in nessun caso hanno superato le razzie dei secoli.
Dopo il restauro, ha detto Urbani, i reperti potrebbero essere esposti al pubblico e si stanno valutando i luoghi piu’ idonei.
Fonte: ANSA
Autore: Nicoletta Castagni
Cronologia: Arch. Romana