Stasera, alla pizzeria «Napule» di Tokyo, il vicesindaco di Roma, Mauro Cutrufo, e i due turisti giapponesi che a luglio pagarono 695 euro un pasto al «Passetto», a due minuti da piazza Navona, si faranno una margherita con Coca-Cola alla salute dell’asse Roma-Tokyo.
Non che ci fosse bisogno di fare pace, ma un beau geste è sempre gradito, specie adesso che il senatore Cutrufo sta girando il Giappone col cappello in mano. E tutti i giapponesi, che hanno eletto l’Italia a loro Paese europeo preferito, sono contenti di valutare l’opportunità di entrare, a modo loro, nella storia dell’Impero romano. Proprio in questi giorni il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è in Giappone in coincidenza con l’inizio di una grande iniziativa di promozione del made in Italy, che comprende mostre d’arte e altre manifestazioni culturali che hanno la particolarità di essere sponsorizzate (e finanziate) da quotidiani ed emittenti televisive.
Insomma, tutto questo per dire dell’idea frullata nelle teste del Campidoglio: e se i giapponesi ci aggiustassero il Colosseo?
Il Colosseo, spiega il sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro, «si sta sbriciolando». Ogni tanto ci salgono restauratori, veri rocciatori, e incollano di qui e di là, ma la situazione è pessima. Bisogna metterlo in sicurezza, restaurarlo, ripulirlo, ammodernarlo per l’industria del turismo con monitor, percorsi guidati, realtà virtuale. «Soltanto per il Colosseo ci servono come minimo dieci milioni di euro», dice Giro. Oggi il ministero ne ha a disposizione trentacinque, forse qualcuno meno, ma devono bastare per tutta l’area centrale di Roma, e quindi per il Palatino, i Fori, la Domus Aurea di Nerone. In totale, il preventivo è di sessanta milioni. Dove trovare i rimanenti?
Il precedente della Sistina
«E’ ancora soltanto un progetto, ma non stiamo a “caro amico”, come si dice a Roma: qualche contatto c’è già. Contiamo di definirli la prossima primavera, quando il sindaco Gianni Alemanno verrà a Tokyo», dice Cutrufo. La novità – nonostante in questi giorni sia stato speso il paragone con la Cappella Sistina, per la quale i giapponesi, negli Anni Ottanta, donarono tre milioni di dollari – sarebbe assoluta: soldi per restaurare e nessun cartello pubblicitario sulle impalcature. I giapponesi sarebbero felici di farlo per il gusto di farlo. Per la gloria e l’onore. E ci sarebbe anche l’aspetto economico, visto che circolano i nomi di giornali – l’«Asahi Shimbun», il «Nikkei» – e di tv – la «Nhk» e la «Fuji Tv» – che in cambio di finanziamenti contano di ottenere l’esclusiva sulla diffusione delle immagini dei lavori: in Giappone andrebbero a ruba.
Le competenze
E però qui ci si fa un’altra domanda: per quale ragione Cutrufo si spende per il Colosseo, quando è un monumento di competenza statale?
«Semplice: il Colosseo è famoso. Se si trovano denari per l’anfiteatro si storneranno fondi per interventi altrettanto importanti ma meno attraenti», spiega Giro. A Roma, in effetti, è un grande caos di giurisdizione. Per chi non avesse conseguito una laurea in archeologia: partendo da piazza Venezia diretti al Colosseo lungo la via dei Fori Imperiali, quello che sta a sinistra è pertinente al Comune, quello che sta a destra è pertinente allo Stato. Con tutto un incomprensibile accavallamento di sovrintendenti e soprintendenti, che sono due cose diverse. Ora c’è un commissario straordinario (Roberto Cecchi, dopo il ritiro di Guido Bertolaso, troppo preso dall’Abruzzo) che fa da tramite fra la miriade di responsabili. E qui nasce il progetto.
Il progetto
Il Colosseo è il monumento più visitato d’Italia: quattro milioni di turisti all’anno. Il ministero pensa si possano raddoppiare. Come, lo dice Giro: «Cinteremo una grande area che comprenderà i Fori, il Palatino e il Colosseo. Il biglietto d’ingresso sarà unico, e penso possa costare sui 10-12 euro. In questo modo potremo togliere quegli orrendi tubolari che chiudono gli archi all’altezza del suolo per impedire l’accesso al monumento. Oggi per entrare al Colosseo si devono sopportare code snervanti. Non sarà più così».
Statue e rivestimenti
I proponimenti sono numerosi. Il sovrintendente ai Beni culturali di Roma, Umberto Broccoli, sogna di «utilizzare una sezione del Colosseo, una piccola parte, per rimettere le statue negli archi, i rivestimenti, e mostrare il Colosseo come era». I puristi non ne saranno felici, anche se gli allestimenti saranno rimovibili. Broccoli spera anche di ricomporre uno spicchio della grande base di legno – oggi si vedono i sotterranei con le gabbie per le fiere e le stanze per i gladiatori – su cui si tenevano i combattimenti, mentre Giro conta soprattutto di rendere agibili tutte le parti del Colosseo, che ora è calpestabile solo in minima percentuale.
Poi, per il resto, il daffare non manca. Il Palatino – parole dell’archeologo Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali – si sta «liquefacendo come un budino mal cotto». Gli interventi maggiori riguarderanno la Domus Tiberiana (Palatino che dà sui Fori) e in particolare le terrazze, la Domus di Augusto (Palatino che dà sul Circo Massimo), la Domus Aurea e la Rampa Domiziana, una passerella chiusa e strepitosa – racconta chi l’ha vista – fatta a scaloni e coperta che dai Fori conduce al Palatino. Ma è tutta la zona che non soltanto è insicura ma lurida, piena di scavi abbandonati e colmi d’acqua – dettaglia Giro -, di tubolari arrugginiti, di tettoie in eternit. Un po’ è stato fatto, molto manca. E nonostante il lavoro non banale di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, Roma continua – per numero di visitatori – a restare alle spalle di Londra e Parigi, ora anche di Madrid e Barcellona.
Per il progetto in corso saranno necessari qualche anno di opere e parecchi denari. La speranza sono gli sponsor privati. La speranza più solida sono i giapponesi: che aggiustino il Colosseo, e poi vengano a fotografarselo, prima che ci caschi sulla testa.
Fonte: La Stampa web 19/09/2009
Cronologia: Arch. Romana